Summa Teologica - I-II |
De Malo, q. 7, a. 9
Pare che un angelo, buono o cattivo, possa peccare venialmente.
1. L'uomo nella parte superiore dell'anima, cioè nella sua mente, è alla pari con gli angeli, secondo l'espressione di S. Gregorio [ In Evang. hom. 29 ]: « L'uomo intende con gli angeli ».
Ma l'uomo con la parte superiore dell'anima può peccare venialmente.
Quindi anche gli angeli.
2. Chi è capace del più è capace anche del meno.
Ma l'angelo ha potuto amare il bene creato più di Dio, commettendo un peccato mortale.
Quindi poteva anche amare disordinatamente un bene creato al disotto di Dio, peccando venialmente.
3. Gli angeli cattivi fanno delle cose che nel loro genere sono peccati veniali, provocando gli uomini al riso e ad altre leggerezze del genere.
Ora, come si è detto [ a. prec. ], una circostanza di persona non può far cambiare un peccato da veniale a mortale, a meno che non intervenga una speciale proibizione, che nel caso non esiste.
Quindi un angelo può peccare venialmente.
La perfezione di un angelo è superiore a quella dell'uomo nello stato primitivo.
Ma l'uomo nello stato primitivo non poteva peccare venialmente.
Perciò molto meno l'angelo.
Come si è spiegato nella Prima Parte [ q. 58, a. 3; q. 79, a. 8 ], l'intelletto dell'angelo non è discorsivo, così da passare dai princìpi alle conclusioni conoscendo separatamente prima gli uni e poi le altre, come avviene in noi.
Perciò quando l'angelo considera le conclusioni, le scorge nei princìpi.
Ora, più volte [ cf. q. 8, a. 2; q. 10, a. 1; a. 2, ad 3; q. 72, a. 5 ] si è detto che in campo pratico il fine ha funzione di principio, e i mezzi stanno al posto delle conclusioni.
Perciò la mente angelica non mira mai ai mezzi se non in quanto sono subordinati al fine.
Quindi negli angeli, in forza della loro natura, non ci può essere un disordine relativo ai mezzi senza che ci sia un disordine relativo al fine medesimo, il che avviene con il peccato mortale.
Ora, gli angeli buoni non usano mai dei mezzi se non in ordine al debito fine, che è Dio.
Quindi tutti i loro atti sono atti di carità.
E così in essi non ci può essere un peccato veniale.
Gli angeli cattivi, invece, mettono in ogni cosa il fine del loro peccato di superbia.
Perciò in tutti i loro atti peccano mortalmente, quando agiscono per volontà propria.
- Diverso è invece il caso dell'appetitonaturale del bene che in essi rimane, come si è visto nella Prima Parte [ q. 63, a. 4; q. 64, a. 2, ad 5 ].
1. L'uomo ha in comune con gli angeli la mente, o intelletto, ma differisce da essi nel modo di intendere, come si è notato [ nel corpo ].
2. Un angelo non poteva amare una creatura meno di Dio senza riferirla, come a ultimo fine, o a Dio medesimo o a un fine disordinato, secondo le spiegazioni date [ q. 58, a. 3; q. 79, a. 8 ].
3. Il demonio fomenta tutte quelle cose che sembrano veniali per attrarre gli uomini alla sua familiarità, e indurli così al peccato mortale.
Perciò i demoni peccano mortalmente in esse, per il fine a cui tendono.
Indice |