Summa Teologica - I |
Infra, q. 79, a. 8; q. 85, a. 5; De Verit., q. 8, a. 15; q. 15, a. 1
Pare che l'angelo conosca servendosi del raziocinio.
1. Il raziocinio consiste nella conoscenza di una cosa per mezzo di un'altra.
Ma gli angeli conoscono una cosa mediante l'altra: conoscono infatti la creatura mediante il Verbo.
Quindi l'intelletto dell'angelo conosce servendosi del raziocinio.
2. Tutto ciò che può fare una virtù inferiore lo può anche fare una virtù superiore.
Ma l'intelletto umano può sillogizzare e conoscere le cause dagli effetti, che è poi tutto il processo raziocinativo.
Quindi l'intelletto dell'angelo, che è superiore nell'ordine di natura, potrà fare assai meglio la stessa cosa.
3. S. Isidoro [ Sent. 1,10 ] afferma che i demoni conoscono molte cose per esperienza.
Ma la conoscenza sperimentale è costruita sull'illazione: come infatti osserva Aristotele [ Anal. post. 2,15; Met. 1,1 ], « da molti ricordi [ o dati ] si ha l'esperienza, e da molte esperienze si ricava l'universale ».
Quindi la conoscenza degli angeli è illativa.
Dionigi [ De div. nom. 7 ] insegna che gli angeli « non raccolgono le loro divine conoscenze da un'analisi di elementi, di sensazioni o di ragioni discorsive: essi non si servono che di una percezione cumulativa sotto concetti universali ».
Come si è già detto più volte [ cf. a. 1; q. 50, a. 3; q. 55, a. 2 ], gli angeli occupano nell'ordine delle sostanze intellettuali il posto tenuto dai corpi celesti tra quelle corporee: e infatti sono chiamati da Dionigi [ De div. nom. 1,4; De cael. hier. 2,1 ] menti celesti.
Ora, tra i corpi celesti e quelli terrestri c'è questa differenza, che i corpi terrestri raggiungono la loro ultima perfezione mediante il moto e la trasmutazione, mentre i corpi celesti hanno sùbito per natura la propria perfezione suprema.
Così dunque anche le intelligenze inferiori, ossia quelle umane, raggiungono la perfezione nella conoscenza della verità attraverso un moto e il procedimento raziocinativo dell'operazione intellettuale: poiché procedono dalla conoscenza di una cosa alla conoscenza di un'altra.
Se invece nella conoscenza di un principio già noto scorgessero distintamente tutte le conclusioni che ne conseguono, non si avrebbe più il raziocinio.
Ed è ciò che avviene negli angeli: i quali nelle nozioni che naturalmente hanno fin da principio vedono subito tutto ciò che per mezzo di esse si può conoscere.
Per questo dunque gli angeli sono detti intellettuali; e anche nel campo umano si usa parlare di intellezione a proposito delle prime nozioni che vengono apprese naturalmente e immediatamente: per cui l'abito dei primi princìpi viene denominato intelletto.
- Le anime umane invece sono dette razionali perché acquistano la conoscenza della verità con un procedimento raziocinativo.
E ciò dipende dalla debolezza della loro luce intellettuale.
Se infatti avessero la pienezza della luce intellettuale, come gli angeli, alla prima apprensione dei princìpi ne coglierebbero immediatamente tutta la virtualità, scorgendo tutto ciò che da essi si può dedurre con i sillogismi.
1. Il raziocinio richiama l'idea di moto.
Ora, ogni moto va da un termine antecedente a uno seguente.
Si ha quindi una conoscenza raziocinativa quando da una cosa già conosciuta si passa alla conoscenza di una cosa ancora ignorata.
Se invece nel percepire una cosa si coglie simultaneamente anche l'altra, come chi nel guardare uno specchio vede simultaneamente lo specchio e l'immagine di una data cosa, allora la conoscenza non potrà essere detta discorsiva.
Ora, è in questo modo che gli angeli conoscono le cose nel Verbo.
2. Gli angeli possono sillogizzare nel senso che conoscono il sillogismo e vedono gli effetti nelle cause e le cause negli effetti; non però nel senso che essi acquistino la conoscenza di una verità ignota procedendo con sillogismi dalle cause agli effetti e da questi alle cause.
3. L'esperienza viene attribuita agli angeli secondo una certa analogia, in quanto cioè essi conoscono le realtà sensibili presenti, però senza alcuna illazione.
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