Summa Teologica - I-II

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Articolo 5 - Se negli infedeli i primi moti della sensualità siano peccati mortali

De Malo, q. 7, a. 3, ad 17; a. 8; Quodl., 4, q. 11, a. 2; In Rom., c. 8, lect. 1

Pare che negli infedeli i primi moti della sensualità siano peccati mortali.

Infatti:

1. Dice l'Apostolo [ Rm 8,1 ]: « Non c'è nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù, i quali non camminano secondo la carne »; e che parli della concupiscenza, propria dell'appetito sensitivo, è chiaro dal contesto.

Perciò la causa che esclude dalla dannazione chi non cammina secondo la carne, cioè non acconsente alla concupiscenza, è il suo essere in Cristo Gesù.

Quindi negli infedeli [ la concupiscenza ] è condannabile.

Quindi i primi moti degli infedeli sono peccati mortali.

2. S. Anselmo [ De gratia et lib. arb. 3,7 ] insegna: « Quelli che non sono in Cristo, nel sentire la carne seguono il cammino della dannazione, anche se non camminano secondo la carne ».

Ora, la dannazione è dovuta solo al peccato mortale.

Dal momento quindi che l'uomo sente la carne secondo i primi moti della concupiscenza, sembra che questi moti nei non battezzati siano peccati mortali.

3. Al dire di S. Anselmo [ ib. ], « l'uomo fu creato in modo che dovesse non sentire la concupiscenza ».

Ora, questo dovere decade in forza della grazia battesimale, che gli infedeli non hanno.

Perciò quando l'infedele sente la concupiscenza, anche se non acconsente, pecca mortalmente, poiché agisce contro un dovere.

In contrario:

Sta scritto [ At 10,34 ]: « Dio non fa preferenze di persone ».

Perciò quanto non riprova in uno non lo riprova neppure in un altro.

Ora, i primi moti dei fedeli non sono oggetto di [ eterna ] riprovazione.

Quindi neppure quelli degli infedeli.

Dimostrazione:

Non è ragionevole affermare che i primi moti degli infedeli, privi del consenso, sono peccati mortali.

E lo si dimostra con due argomenti.

Primo, perché la sensualità in se stessa non può essere sede di un peccato mortale, come si è visto in precedenza [ q. 74, a. 4 ].

Ora, la natura di questa facoltà è identica nei fedeli e negli infedeli.

Perciò è impossibile che i soli moti della sensualità siano peccati mortali nei non battezzati.

Secondo, partendo dalla condizione personale del peccatore.

Infatti la superioritàdella persona che pecca non può mai attenuare la colpa, ma piuttosto aggravarla, come risulta evidente da quanto spiegammo in precedenza [ q. 73, a. 10 ].

Per cui il peccato di un credente non solo non è più leggero, ma anzi è assai più grave di quello di un infedele.

Infatti i peccati degli infedeli meritano maggiore indulgenza, a motivo dell'ignoranza, secondo l'espressione di S. Paolo [ 1 Tm 1,13 ]: « Mi è stata usata misericordia perché agivo senza saperlo, lontano dalla fede ».

Inoltre i peccati dei fedeli sono più gravi a motivo dei sacramenti della grazia, secondo le parole dell'Apostolo [ Eb 10,29 ]: « Di quanto maggior castigo allora pensate che sarà ritenuto degno chi avrà calpestato il Figlio di Dio, e ritenuto profano quel sangue dell'alleanza dal quale è stato un giorno santificato? ».

Analisi delle obiezioni:

1. L'Apostolo parla della dannazione dovuta al peccato originale, che viene tolta dalla grazia di Gesù Cristo, sebbene rimanga il fomite della concupiscenza.

Per cui i moti di concupiscenza nei fedeli non stanno più a indicare, come negli infedeli, la dannazione del peccato originale.

2. In questo senso vanno intese anche le parole di S. Anselmo.

Per cui è risolta anche la seconda obiezioni.

3. Il dovere di non sentire la concupiscenza riguardava la giustizia originale.

Perciò il suo contrario non rientra nei peccati attuali, ma nel peccato originale.

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