Summa Teologica - I-II |
Infra, q. 88, a. 3; De Malo, q. 7, a. 10, ad 5; In Hebr., c. 10, lect. 3
Pare che il valore della persona che pecca aggravi il peccato.
1. L'uomo acquista importanza specialmente con la sua adesione a Dio, secondo il detto [ Sir 25,10 ]: « Quanto è grande chi ha trovato la sapienza! Ma nessuno supera chi teme il Signore ».
Ora, quanto più uno aderisce a Dio, tanto meno le cose gli sono imputate a peccato, poiché sta scritto [ 2 Cr 30,18s ]: « Il Signore che è buono perdoni chiunque abbia il cuore disposto a ricercare Dio, cioè il Signore Dio dei suoi padri, anche senza la purificazione necessaria per il santuario ».
Quindi il peccato non viene ad aggravarsi per l'importanza di chi pecca.
2. Come dice S. Paolo [ Rm 2,11 ], « in Dio non c'è parzialità ».
Perciò egli non punisce diversamente due persone per l'identico peccato.
Quindi il peccato non risulta aggravato per l'importanza della persona che lo commette.
3. Uno non deve ricevere un danno dalla propria bontà.
Ma ci sarebbe un danno se le azioni gli venissero imputate maggiormente a colpa.
Quindi la colpa non si aggrava per il valore della persona che pecca.
S. Isidoro [ Sent. 2,18 ] ha scritto: « Tanto maggiore si considera il peccato quanto maggiore è stimato chi pecca ».
Il peccato può essere di due generi.
C'è un peccato che capita di sorpresa, dovuto alla fragilità dell'umana natura: e questo peccato viene imputato di meno a chi è più virtuoso, poiché costui è più zelante nel reprimere gli atti, che però l'umana fragilità non permette di eliminare del tutto.
- Ci sono invece altri peccati che derivano da una deliberazione.
E questi peccati sono imputati a ciascuno in proporzione del proprio valore.
E ciò può venire giustificato per quattro motivi.
Primo, perché chi sta più in alto nella scienza e nella virtù può resistere più facilmente al peccato.
Da cui le parole del Signore [ Lc 12,47 ]: « Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse ».
- Secondo, per l'ingratitudine: poiché ogni bene di cui uno viene dotato è un beneficio di Dio, verso cui l'uomo si dimostra ingrato peccando.
E da questo lato qualsiasi superiorità, anche nei beni temporali, aggrava il peccato, secondo le parole della Scrittura [ Sap 6,8 ]: « Sui potenti sovrasta un'indagine rigorosa ».
Terzo, per la speciale ripugnanza dell'atto peccaminoso alla dignità della persona: ripugna p. es. che il principe, messo a tutela della giustizia, ne violi le norme; e che il sacerdote, il quale fa voto di castità, commetta una fornicazione.
- Quarto, per il cattivo esempio, o scandalo: poiché, come dice S. Gregorio [ Past. 1,2 ], « la colpa si estende vigorosamente quanto all'esempio quando chi pecca è onorato per il decoro del suo grado ».
Inoltre i peccati delle persone importanti vengono conosciuti da un maggior numero di persone; e la gente ne è maggiormente sdegnata.
1. Il testo parla di quelle negligenze che vengono commesse come di sorpresa, per la fragilità umana.
2. Dio non usa parzialità punendo maggiormente le persone superiori: poiché la loro superiorità, come si è spiegato [ nel corpo ], incide sulla gravità del peccato.
3. Una persona eminente non riceve un danno dal bene che possiede, ma dal cattivo uso che ne fa.
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