Summa Teologica - I-II |
In 3 Sent., d. 37, q. 1, a. 2, sol. 2; C. G., III, cc. 120, 128; De Virt., q. 2, a. 7, ad 10; In Rom., c. 13, lect. 2
Pare che i precetti del decalogo non siano ben divisi [ cf. Es 20, Dt 5,6ss ].
1. La virtù di latria è distinta dalla fede, e d'altra parte i precetti hanno per oggetto gli atti delle virtù.
Ora, il precetto iniziale: « Non avrai altri dèi di fronte a me » riguarda la fede, mentre l'aggiunta: « Non ti farai idolo », ecc., riguarda la latria.
Perciò sono due precetti e non uno soltanto, come invece afferma S. Agostino [ Quaest. in Exod. 71 ].
2. La legge distingue i precetti affermativi dai negativi, p. es.: « Onora il padre e la madre » e « Non uccidere ».
Ora, l'espressione: « Io sono il Signore tuo Dio », è affermativa, mentre quella che segue: « Non avrai altri dèi di fronte a me », è negativa.
Si tratta dunque di due precetti, e non di uno solo, come vorrebbe S. Agostino [ l. cit. ].
3. L'Apostolo [ Rm 7,7 ] scrive: « Non avrei conosciuto la concupiscenza se la legge non avesse detto: "Non desiderare" ».
E così sembra che il precetto: « Non desiderare » sia unico.
Quindi non va sdoppiato.
Basta l'autorità di S. Agostino [ l. cit.; cf. Glossa su Es 20,1 ], il quale distingue tre precetti in rapporto a Dio e sette in rapporto al prossimo.
I precetti del decalogo sono diversamente enumerati dai vari autori.
Infatti Esichio, commentando quel passo del Levitico [ Lv 26,26 ]: « Dieci donne faranno cuocere il vostro pane in uno stesso forno », afferma che il precetto della santificazione del sabato non rientra nel decalogo, poiché non era da osservare letteralmente in tutti i tempi.
Tuttavia egli ricava quattro precetti riguardanti i doveri verso Dio:
primo, « Io sono il Signore tuo Dio »;
secondo, « Non avrai altri dèi di fronte a me » ( e questo sdoppiamento lo ammette anche S. Girolamo nel commentare quell'espressione di Osea [ Os 10,10 ]: « Perché sono attaccati alla loro duplice colpa » );
terzo, « Non ti farai idolo alcuno »;
quarto, « Non nominare il nome di Dio invano ».
Quelli invece riguardanti il prossimo sarebbero sei:
Primo, « Onora il padre e la madre »;
secondo, « Non uccidere »;
terzo, « Non fornicare »;
quarto, « Non rubare »;
quinto, « Non dire falsa testimonianza »;
sesto, « Non desiderare ».
Notiamo però per prima cosa che se il precetto della santificazione del sabato in nessun modo appartenesse al decalogo, sarebbe del tutto inspiegabile la sua inserzione in esso.
In secondo luogo, sembrano rientrare nella stessa idea, e cadere sotto il medesimo precetto, le due espressioni: «I o sono il Signore tuo Dio » e « Non avrai altri dèi »; poiché sta scritto nel Vangelo [ Mt 6,24 ]: « Nessuno può servire a due padroni ».
Infatti Origene [ In Ex. hom. 8 ], pur ammettendo quattro precetti in ordine a Dio, considera queste due espressioni come un unico precetto; e mette come secondo: « Non ti farai idolo alcuno »; come terzo: « Non nominare il nome di Dio invano »; come quarto: « Ricordati di santificare il giorno del sabato ».
Per gli altri sei invece concorda con Esichio.
Siccome però farsi degli idoli scolpiti, o delle immagini, era proibito solo perché non li si adorasse come divinità ( infatti fu Dio stesso a comandare che nel tabernacolo si costruissero dei Serafini, come si dice nell'Esodo [ Es 25,18ss ] ), con più ragione S. Agostino fa un unico precetto di queste due frasi: « Non avrai altri dèi », e « Non ti farai idoli ».
Inoltre S. Agostino distingue due precetti a proposito della concupiscenza, uno per la roba e l'altro per la donna d'altri: poiché quest'ultimo desiderio appartiene alla concupiscenza della carne, mentre il desiderio di possedere le altre cose appartiene alla concupiscenza degli occhi.
E così stabilisce tre precetti in ordine a Dio e sette in ordine al prossimo.
E questa divisione è migliore.
1. La latria non è che una certa professione di fede, per cui non è necessario dare dei precetti distinti per l'una e per l'altra.
Tuttavia era più necessario esprimere quelli riguardanti il culto di latria, poiché il precetto relativo alla fede è presupposto al decalogo, come il precetto dell'amore.
Come infatti i primi precetti universali della legge naturale sono di per sé evidenti per chi ha la ragione, e non richiedono promulgazione alcuna, così credere in Dio è un dato primario e di per sé evidente per chi ha la fede, come dice l'Apostolo [ Eb 11,6 ]: « Chi si accosta a Dio deve credere che egli esiste ».
Per cui non c'è bisogno di altra promulgazione oltre all'infusione della fede.
2. I precetti affermativi sono distinti da quelli negativi quando l'uno non è incluso nell'altro: nel precetto, p. es., che prescrive di onorare i genitori, non è incluso quello che proibisce di uccidere un uomo, e viceversa.
Quando però si ha tale inclusione non si danno precetti distinti: oltre al precetto, p. es., di « non rubare », non c'è quello di conservare la roba altrui, o di restituirla.
E per lo stesso motivo non sono distinti i precetti di credere in Dio e di non credere negli altri dèi.
3. Tutte le concupiscenze concordano in un aspetto generico: quindi l'Apostolo parla al singolare del relativo precetto.
Siccome però i moventi specifici del desiderio sono diversi, S. Agostino distingue due precetti in questo « Non desiderare »: infatti le concupiscenze si distinguono specificamente tra loro secondo gli atti e gli oggetti, come nota il Filosofo [ Ethic. 10,5 ].
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