Summa Teologica - I-II |
Pare che i precetti cerimoniali non abbiano una causa o ragion d'essere.
1. Spiegando quel testo di S. Paolo [ Ef 2,15 ]: « Annullando la legge fatta di prescrizioni », la Glossa [ interlin. ] commenta: « cioè annullando la legge antica, quanto alle osservanze materiali, con i decreti, vale a dire con i precetti evangelici, fondati sulla ragione ».
Ora, se le osservanze dell'antica legge fossero state fondate sulla ragione, inutilmente sarebbero state annullate dai decreti della nuova legge.
Quindi le osservanze cerimoniali dell'antica legge non avevano alcuna giustificazione razionale.
2. La legge antica seguì la legge di natura.
Ma in quest'ultima c'erano dei precetti che non avevano altra ragione che quella di mettere alla prova l'obbedienza dell'uomo, come S. Agostino [ De Gen. ad litt. 8, cc. 6,13 ] afferma a proposito della proibizione relativa all'albero della vita.
Perciò nella legge antica, per mettere alla prova l'obbedienza dell'uomo, non dovevano mancare dei precetti i quali non avessero in sé alcuna giustificazione.
3. Le azioni umane si dicono morali in quanto derivano dalla ragione.
Se quindi i precetti cerimoniali avessero una ragione, non si distinguerebbero da quelli morali.
Quindi i precetti cerimoniali non hanno una causa: infatti la ragione di un precetto viene desunta dalla sua causa.
Sta scritto [ Sal 19,9 ]: « I precetti del Signore sono limpidi, danno luce agli occhi ».
Ma i precetti cerimoniali sono da Dio.
Quindi sono limpidi.
Il che non sarebbe se non avessero una causa ragionevole.
Quindi i precetti cerimoniali hanno una causa ragionevole.
Come nota il Filosofo [ Met. 1,2 ], « ordinare è proprio del sapiente »: perciò quanto procede dalla sapienza divina è ordinato, secondo l'affermazione dell'Apostolo [ Rm 13,1 ].
Ora, perché una cosa sia ordinata si richiedono due condizioni.
Primo, che sia ordinata al debito fine, fine che è il principio universale nell'ordine dell'agire: poiché quanto si fa casualmente, senza tendere a un fine, oppure per gioco, è un'azione disordinata.
Secondo, è necessario che i mezzi siano proporzionati al fine.
E da ciò deriva che la giustificazione dei mezzi viene desunta dal fine: p. es. la ragione della struttura di una sega, come fa osservare Aristotele [ Phys. 2,9 ], è desunta dal segare, che è il suo fine.
Ora, è evidente che i precetti cerimoniali, come tutti gli altri precetti della legge, furono emanati dalla sapienza divina: si legge infatti nella Scrittura [ Dt 4,6 ]: « Quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli ».
Perciò si deve concludere che i precetti cerimoniali sono ordinati a un fine, in base al quale si possono determinare le ragioni che li giustificano.
1. Le osservanze dell'antica legge, come quella p. es. di non tessere un vestito con lana e lino, possono essere considerate prive di ragione per il fatto che non avevano una giustificazione in se medesime.
Tuttavia potevano avere una ragione in ordine ad altro: in quanto cioè prefiguravano o escludevano qualche altra cosa.
Invece i precetti della nuova legge, che riguardano principalmente la fede e l'amore di Dio, sono ragionevoli per la natura stessa degli atti rispettivi.
2. La proibizione relativa all'albero della scienza del bene e del male non dipendeva dal fatto che tale pianta fosse cattiva per natura, ma dal fatto che la proibizione era ordinata a uno scopo, in quanto cioè raffigurava qualcosa.
Ed è precisamente in questo senso che anche i precetti cerimoniali dell'antica legge hanno una ragione.
3. I precetti morali, come p. es.: « Non uccidere », « Non rubare », hanno una giustificazione intrinseca.
Invece i precetti cerimoniali hanno delle cause giustificanti in ordine ad altre cose, secondo le spiegazioni date.
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