Summa Teologica - I-II |
In 2 Sent., d. 28, q. 1, a. 1; d. 39, expos.; In 4 Sent., d. 17, q. 1, a. 2, sol. 2, ad 3;De Verit., q. 24, a. 14; In 2 Cor., c. 3, lect. 1
Pare che l'uomo possa volere e compiere il bene senza la grazia.
1. È in potere dell'uomo quanto ricade sotto il suo dominio.
Ma l'uomo ha il dominio dei propri atti, e specialmente del volere, come si è spiegato in precedenza [ q. 1, a. 1; q. 13, a. 6 ].
Quindi l'uomo può volere e compiere il bene da se stesso, senza l'aiuto della grazia.
2. Qualsiasi essere ha più capacità per le cose che sono secondo la sua natura che per quelle a lui innaturali.
Ora, come dimostra il Damasceno [ De fide orth. 2, cc. 4,30 ], il peccato è contro natura, mentre gli atti virtuosi per l'uomo sono secondo natura, stando alle conclusioni precedenti [ q. 71, a. 1 ].
Potendo quindi l'uomo peccare da se stesso, a più forte ragione sarà in grado di volere e di compiere il bene da se stesso.
3. Come nota il Filosofo [ Ethic. 6,2 ], il bene dell'intelletto è la verità.
Ma l'intelletto può conoscere la verità da se stesso, poiché qualsiasi cosa può compiere da se stessa la propria funzione naturale.
Quindi a più forte ragione l'uomo sarà in grado di fare e di volere il bene da se stesso.
L'Apostolo [ Rm 9,16 ] afferma: « Non è di chi vuole » il volere, « né di chi corre » il correre, « ma di Dio che usa misericordia ».
E S. Agostino [ De corr. et gratia 2.3 ] insegna che « senza la grazia gli uomini non fanno assolutamente alcun bene nel pensare, nel volere, nell'amare e nell'agire ».
La natura umana può essere considerata da due punti di vista: primo, nella sua integrità, cioè come era nei progenitori prima del peccato; secondo, in quanto risulta corrotta in noi dopo il primo peccato.
Ora, in tutti e due gli stati suddetti la natura umana ha bisogno, per compiere e volere qualsiasi bene, dell'aiuto offerto da Dio come primo motore, secondo le spiegazioni già date [ a. prec. ].
Ma nello stato di natura integra l'uomo era in grado, per l'efficacia delle sue facoltà operative, di volere e di compiere con le sue forze naturali il bene proporzionato alla sua natura, cioè il bene delle virtù acquisite; non però un bene superiore, qual è quello delle virtù infuse.
Invece nello stato di natura corrotta l'uomo è impari anche a quanto potrebbe compiere secondo la sua natura, per cui non è in grado di realizzare tutto questo bene con le sue forze naturali.
Non essendo tuttavia la natura umana corrotta del tutto a causa del peccato, in modo cioè da essere privata di ogni bene naturale, l'uomo anche in tale condizione può compiere determinati beni particolari, come costruire case, piantare vigne e altre cose del genere; non può invece compiere tutto il bene a lui connaturale senza venir meno in qualcosa.
Come un malato può da se stesso compiere alcuni movimenti, ma non è in grado di compiere perfettamente i moti di un uomo sano se non viene risanato con l'aiuto della medicina.
Perciò nello stato di natura integra l'uomo ha bisogno di un soccorso gratuito aggiunto alla sua virtù naturale per un solo motivo, cioè per compiere e per volere il bene soprannaturale.
Invece nello stato di natura corrotta ne ha bisogno per due motivi: per essere guarito e inoltre per compiere il bene di ordine soprannaturale, che è meritorio.
Inoltre in tutti e due gli stati l'uomo ha bisogno dell'aiuto di Dio che dà la mozione per compiere il bene.
1. L'uomo ha il dominio dei suoi atti, cioè ha la facoltà di volerli e di non volerli, per la deliberazione della ragione, che può volgersi in un senso o nell'altro.
Ma il deliberare o il non deliberare, pur ricadendo sotto tale dominio, dipende da una deliberazione precedente.
Non essendo però possibile procedere in tal modo all'infinito, bisogna giungere ad ammettere che il libero arbitrio dell'uomo sia mosso da un principio esterno, superiore alla mente umana, cioè da Dio; come fa anche Aristotele [ Ethic. Eudem. 7,14,20 ].
Perciò la mente dell'uomo, anche se integra, non ha sul proprio atto un dominio tale da non aver bisogno della mozione divina.
E a maggior ragione ne ha bisogno il libero arbitrio dell'uomo decaduto dopo il peccato, essendo ostacolato nel bene a motivo della corruzione della natura.
2. Peccare non è altro che venire meno nel bene che a uno si addice secondo la sua natura.
Ora ogni cosa creata, come ha l'essere ricevuto da un altro, e in sé considerata è nulla, così ha bisogno di essere conservata da un altro nel bene che si addice alla sua natura.
Può invece da se stessa venire meno nel bene, come anche da se stessa può ricadere nel non essere, se Dio non la conserva.
3. L'uomo ha bisogno dell'aiuto di Dio anche per conoscere la verità, come si è detto [ a. prec. ].
Tuttavia la natura umana è stata corrotta dal peccato più nell'appetito del bene che nella conoscenza del vero.
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