Summa Teologica - I-II |
Pare che un uomo possa meritare la perseveranza.
1. Ciò che un uomo può ottenere con la preghiera può essere meritato da chi è in grazia.
Ma gli uomini possono ottenere da Dio con la preghiera la perseveranza: altrimenti, come nota S. Agostino [ De dono perserv. 2 ], inutilmente essa verrebbe chiesta nelle domande del Padre Nostro.
Quindi la perseveranza può essere meritata da chi è in grazia.
2. È un dono più grande il non poter peccare che il non peccare.
Ma il non poter peccare è oggetto di merito: infatti uno può meritare la vita eterna, in cui è inclusa l'impeccabilità.
Perciò a maggior ragione uno può meritare di non peccare, cioè di perseverare.
3. Fare aumentare la grazia è più che perseverare nella grazia che uno possiede.
Ma un uomo può meritare, come si è visto [ a. prec. ], l'aumento della grazia.
Molto più, dunque, potrà meritare la perseveranza nella grazia che possiede.
Tutto ciò che uno merita lo ottiene da Dio, se non vi mette l'ostacolo del peccato.
Eppure molti, pur avendo opere meritorie, non ottengono la perseveranza.
E non si può dire che ciò avviene per l'ostacolo del peccato, poiché è proprio il cadere nel peccato che distrugge la perseveranza: se quindi uno meritasse la perseveranza, Dio non gli permetterebbe di cadere nel peccato.
Perciò la perseveranza non può essere meritata.
Avendo l'uomo il libero arbitrio pieghevole per natura al bene e al male, uno può ottenere da Dio la perseveranza nel bene in due modi.
Primo, con la determinazione del libero arbitrio mediante la grazia portata al suo ultimo termine: il che avviene nella gloria.
Secondo, mediante una mozione divina che inclina l'uomo al bene sino alla fine.
Ma da quanto si è già detto [ aa. 5,8 ] risulta che è oggetto di merito ciò che costituisce il termine del libero arbitrio guidato dalla mozione divina, non ciò che ne costituisce il principio.
E così la perseveranza della gloria, che è il termine del suddetto moto, è oggetto di merito, ma la perseveranza dei viatori non può essere meritata, poiché dipende unicamente dalla mozione divina, che è il principio di qualsiasi merito.
Dio invece dona gratuitamente il bene della perseveranza a chiunque lo dona.
1. Con la preghiera possiamo impetrare anche ciò che non meritiamo.
Dio infatti ascolta anche i peccatori che gli chiedono il perdono delle offese, perdono che essi non meritano, come è evidente dalle spiegazioni date da S. Agostino [ In Ioh. ev. tract. 44.13 ] su quel passo di S. Giovanni [ Gv 9,31 ]: « Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori ».
Altrimenti il pubblicano avrebbe detto inutilmente: « O Dio, abbi pietà di me peccatore » [ Lc 18,13 ].
E così uno con la preghiera può impetrare da Dio per se medesimo e per altri il dono della perseveranza, sebbene non possa meritarlo.
2. La perseveranza che avremo nella gloria si rapporta al moto meritorio del libero arbitrio come termine; non così invece la perseveranza della vita presente, per il motivo indicato [ nel corpo ].
3. La stessa cosa si dica per l'aumento della grazia, come risulta da quanto detto in precedenza [ ib. e a. prec. ].
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