Summa Teologica - II-II |
In 3 Sent., d. 23, q. 2, a. 2, sol. 2; De Verit., q. 14, a. 7, ad 7; In Ioan., c. 6, lect. 3; In Rom., c. 4, lect. 1
Pare che non sia giusto distinguere nell'atto di fede il « credere a Dio », il « credere Dio » e il « credere in Dio ».
1. Unico è l'atto di un unico abito.
Ma la fede è un unico abito, essendo un'unica virtù.
Quindi non è giusto distinguere in essa più atti.
2. Ciò che è comune a ogni atto di fede non va considerato come un particolare atto di fede.
Ma credere a Dio è un atto che si riscontra in qualsiasi atto di fede: poiché la fede si basa sulla prima verità.
Perciò non è giusto distinguerlo da certi altri atti di fede.
3. Non si può considerare come un atto di fede ciò che conviene anche agli infedeli.
Ora, anche gli infedeli credono Dio come esistente.
Quindi questo fatto non va considerato come un atto di fede.
4. Portarsi verso il fine spetta alla volontà, che ha per oggetto il bene e il fine.
Ora, credere non è un atto della volontà, ma dell'intelletto.
Quindi non si deve ammettere nella fede una differenza che consista nel credere « in Dio », il che implica un moto verso il fine.
S. Agostino [ Serm. 51,2; In Ioh. ev. tract. 29 ] ammette questa distinzione.
L'atto di qualsiasi abito o di qualsiasi potenza va considerato in base al rapporto dell'abito o della potenza col proprio oggetto.
Ora, tre sono gli aspetti sotto cui possiamo considerare l'oggetto della fede.
Esso infatti può essere considerato sia in rapporto all'intelletto che in rapporto alla volontà, poiché credere, come si è detto sopra [ a. prec., ad 3 ], spetta all'intelletto sotto la mozione della volontà che lo spinge ad assentire.
Se dunque lo si considera in rapporto all'intelletto, allora nell'oggetto della fede possiamo distinguere due cose, secondo le spiegazioni date [ q. 1, a. 1 ].
La prima è l'oggetto materiale della fede.
E da questo lato si considera come atto di fede « credere Dio »: poiché, come sopra [ q. 1, a. 1 ] si è detto, nulla viene proposto alla nostra fede se non in quanto appartiene a Dio.
- La seconda invece è la ragione formale dell'oggetto, la quale costituisce come il motivo per cui si assente a una data verità di fede.
E da questo lato si considera come atto di fede « credere a Dio »: poiché, come sopra [ q. 1, a. 1 ] si è detto, l'oggetto formale della fede è la prima verità, alla quale l'uomo deve aderire per accettare in forza di essa le cose da credere.
- Se infine si considera l'oggetto della fede sotto un terzo aspetto, cioè in quanto dipende dall'intelletto sotto la mozione della volontà, allora si ha come atto di fede il « credere in Dio »: poiché la verità prima, considerata quale fine, si riferisce alla volontà.
1. Con queste tre cose non vengono indicati tre diversi atti di fede, ma un identico atto nei suoi diversi rapporti con l'oggetto della fede.
2. È evidente così la risposta alla seconda obiezioni.
3. Credere Dio non spetta agli infedeli in quanto è un atto di fede.
Essi infatti non credono che Dio esista nelle condizioni determinate dalla fede.
Quindi neppure credono veramente Dio: poiché, come dice il Filosofo [ Met. 9,10 ], le realtà semplici o sono conosciute totalmente, o non sono conosciute affatto.
4. La volontà muove l'intelletto e le altre potenze dell'anima verso il fine, come si è detto sopra [ I, q. 82, a. 4; I-II, q. 9, a. 1 ].
E in questo senso viene enumerato fra gli atti di fede il « credere in Dio ».
Indice |