Summa Teologica - II-II |
I-II, q. 52, a. 1; q. 66, a. 1; In 1 Sent., d. 17, q. 21, a. 1; De Malo, q. 7, a. 2; De Virt., q. 1, a. 11; Quodl., 9, q. 6
Pare che la carità non possa aumentare.
1. Possono aumentare soltanto le cose dotate di grandezza.
Ora, ci sono due tipi di grandezza: quella quantitativa e quella qualitativa, o virtuale.
La prima non si addice alla carità, che è una perfezione spirituale.
D'altra parte la grandezza di ordine qualitativo si stabilisce in rapporto agli oggetti, in base ai quali la carità non può aumentare: poiché la più piccola carità abbraccia tutte le cose che si devono amare con amore di carità.
Quindi la carità non aumenta.
2. Ciò che è già al suo ultimo termine non può ricevere un aumento.
Ma la carità è al suo termine estremo, essendo la più grande delle virtù e il sommo amore del bene più alto.
Perciò la carità non può aumentare.
3. La crescita è un moto.
Quindi ciò che si accresce si muove, e ciò che cresce essenzialmente si muove anche essenzialmente.
Ma non si muove essenzialmente se non ciò che si corrompe o si genera.
Quindi la carità non può aumentare essenzialmente se non con una nuova generazione o corruzione: il che ripugna.
S. Agostino [ Epist. 186 ] afferma che « la carità merita di essere aumentata, e aumentata merita di essere portata a compimento ».
La carità dei viatori può aumentare.
Infatti noi siamo considerati viatori per il fatto che tendiamo verso Dio, che è il fine ultimo della nostra beatitudine.
Ora, in questa nostra via tanto più avanziamo quanto più ci avviciniamo a Dio, al quale ci si avvicina non con i passi del corpo, ma con gli affetti dell'anima.
Ed è la carità a compiere questo avvicinamento: poiché con essa l'anima si unisce a Dio.
Perciò la carità dei viatori è per sua natura capace di aumento: se infatti non potesse aumentare sarebbe già terminato il percorso della via.
Per questo l'Apostolo dà alla carità il nome di via, là dove dice [ 1 Cor 12,31 ]: « Vi mostrerò una via migliore di tutte ».
1. La carità non può avere una grandezza quantitativa, ma solo una grandezza qualitativa.
Questa però non si stabilisce solo in rapporto al numero degli oggetti, cioè solo in base al fatto che se ne amano di più o di meno, ma anche in base all'intensità dell'atto, cioè in base al fatto che una cosa è amata di più o di meno.
Ed è appunto in questo modo che aumenta la grandezza qualitativa, o virtuale, della carità.
2. La carità è al suo termine estremo in rapporto all'oggetto, in quanto cioè questo suo oggetto è il sommo bene: e da ciò deriva che essa è superiore alle altre virtù.
Ma in rapporto all'intensità dell'atto non sempre la carità è al suo termine ultimo.
3. Alcuni sostennero che la carità non aumenterebbe nella sua essenza, ma solo secondo il suo radicamento nel soggetto o il suo fervore.
Ma costoro non comprendono ciò che dicono.
Essendo infatti la carità un accidente, il suo essere consiste nell'essere in un soggetto: quindi aumentare essenzialmente per essa non è altro che inerire maggiormente nel soggetto, ossia radicarsi di più in esso.
La carità è poi una virtù ordinata essenzialmente all'atto: per cui aumentare essenzialmente equivale per essa ad avere l'efficacia di produrre atti di un amore più fervente.
Perciò la carità aumenta in maniera essenziale non già iniziando o cessando la propria esistenza nel soggetto, come sostiene l'obiezione, ma cominciando a esistere maggiormente nel soggetto.
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