Summa Teologica - II-II |
Pare che il male non sia propriamente il movente della misericordia.
1. Come si è visto sopra [ q. 19, a. 1; I, q. 48, a. 6 ], la colpa è un male più grave della pena.
Ma la colpa non provoca alla misericordia, bensì allo sdegno.
Quindi non è il male che provoca alla misericordia.
2. Le cose crudeli od orribili si presentano come un eccesso di male.
Ora, il Filosofo [ Reth. 2,8 ] afferma: « Ciò che è orribile è diverso da ciò che è miserevole, ed elimina la misericordia ».
Perciò il male in quanto male non muove alla misericordia.
3. Le descrizioni dei mali non sono veri mali.
Eppure queste descrizioni provocano alla misericordia, come nota Aristotele [ ib. ].
Quindi il male non è il movente proprio della misericordia.
Il Damasceno [ De fide orth. 2,2 ] insegna che la misericordia è una specie di tristezza.
Ma il movente della tristezza è il male.
Quindi è il male che muove alla misericordia.
Come scrive S. Agostino [ De civ. Dei 9,5 ], « la misericordia è la compassione del nostro cuore per la miseria altrui che, potendolo, siamo spinti a soccorrere »: infatti misericordia deriva dall'avere un cuore misero [ o triste ] sull'altrui miseria.
Ora, la miseria si contrappone alla felicità.
D'altra parte nel concetto di felicità, o di beatitudine, è inclusa l'idea che uno riesca ad avere ciò che vuole: come infatti insegna S. Agostino [ De Trin. 13,5.8 ], « è felice colui che ha tutto ciò che vuole, e non vuole alcun male ».
Ne segue quindi, al contrario, che la miseria implica l'idea che uno soffra ciò che non vuole.
Ma l'uomo può volere una cosa in tre modi.
Primo, per desiderio naturale: come tutti gli uomini, p. es., vogliono esistere e vivere.
Secondo, uno può volere una cosa per libera scelta in seguito a una deliberazione.
Terzo, uno può volere una cosa non in se stessa, ma nelle sue cause: quando uno p. es. vuole mangiare cose nocive, noi diciamo che vuole ammalarsi.
Così dunque tra i moventi della misericordia che appartengono alla miseria troviamo innanzi tutto le cose contrarie all'appetito naturale del prossimo, cioè i mali che corrompono e contristano, e che si contrappongono ai beni desiderati per natura dagli uomini.
Per questo il Filosofo [ l. cit. ] afferma che « la misericordia è una tristezza relativa a un male evidente che corrompe e contrista ».
- Secondo, questi mali provocano maggiormente alla misericordia se sono contrari anche al volere deliberato.
Per cui il Filosofo [ ib. ] scrive ancora che sono degni di misericordia quei mali « che sono causati da una disgrazia », p. es. « quando si produce un male là dove si sperava un bene ».
- Terzo, questi mali spingono ancora di più alla misericordia se contrastano con tutto il volere di un uomo: come quando uno, p. es., dopo aver sempre cercato il bene, viene colpito da un male.
Per questo il Filosofo [ ib. ] afferma che « la misericordia tocca soprattutto i mali di colui che soffre immeritatamente ».
1. La colpa è essenzialmente volontaria.
E sotto questo aspetto non è degna di compassione, ma di punizione.
Siccome però la colpa in qualche modo può essere una punizione, cioè in quanto c'è in essa un aspetto che ripugna al volere di chi pecca, da questo lato può essere degna di compassione.
Ed è per questo che possiamo avere misericordia e compassione per i peccatori: poiché secondo S. Gregorio [ In Evang. hom. 34 ] « la vera giustizia non nutre sdegno » contro i peccatori, « ma compassione ».
E nel Vangelo [ Mt 9,36 ] si legge: « Vedendo le folle ne sentì compassione, poiché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore ».
2. Essendo la misericordia una compassione della miseria altrui, in senso proprio si ha misericordia solo verso gli altri, e non invece verso se stessi se non in senso metaforico, come accade anche con la giustizia, quando si considerano distinte nell'uomo le varie parti, come spiega Aristotele [ Ethic. 5,11 ].
E in questo senso si dice nella Scrittura [ Sir 30,24 Vg ]: « Abbi misericordia dell'anima tua, rendendoti accetto a Dio ».
Come quindi non c'è vera misericordia verso se stessi, ma dolore, quando p. es. soffriamo in noi qualcosa di crudele, così non abbiamo misericordia dei mali altrui, ma dolore come di ferite proprie, qualora si tratti di persone a noi così unite da essere, come i figli e i genitori, qualcosa di noi stessi.
E in questo senso il Filosofo afferma che « la crudeltà esclude la misericordia ».
3. Come dalla speranza e dal ricordo dei beni nasce il piacere, così dal timore e dal ricordo dei mali nasce la tristezza: tuttavia non così forte come quando i mali sono presenti sensibilmente.
Quindi le descrizioni dei mali, in quanto ci rappresentano cose degne di compassione come se fossero presenti, muovono alla misericordia.
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