Summa Teologica - II-II

Indice

Articolo 3 - Se la sapienza sia soltanto speculativa o anche pratica

I, q. 64, a. 1; In 3 Sent., d. 35, q. 2, a. 1, sol. 3

Pare che la sapienza non sia pratica, ma soltanto speculativa.

Infatti:

1. Il dono della sapienza è superiore alla virtù intellettuale della sapienza.

Ma la virtù intellettuale della sapienza è soltanto speculativa.

Quindi a maggior ragione è speculativo e non pratico il dono della sapienza.

2. L'intelletto pratico ha per oggetto le azioni da compiere, che sono contingenti.

La sapienza invece si interessa delle realtà divine, che sono eterne e necessarie.

Perciò la sapienza non può essere pratica.

3. S. Gregorio [ Mor. 6,37 ] insegna che « nella contemplazione si cerca il principio, che è Dio; invece nell'operare si fatica sotto il grave peso della necessità ».

Ma alla sapienza spetta la visione delle realtà divine, che esclude questo grave peso, poiché sta scritto [ Sap 8,16 ]: « La sua compagnia non dà amarezza, né dolore la sua convivenza ».

Quindi la sapienza è soltanto speculativa, non già pratica od operativa.

In contrario:

S. Paolo scrive ai Colossesi [ Col 4,5 ]: « Comportatevi con sapienza con quelli di fuori ».

Ora, ciò rientra nell'operare.

Quindi la sapienza non è soltanto speculativa, ma anche pratica.

Dimostrazione:

Come dice S. Agostino [ De Trin. 12,14.22 ], la parte superiore della ragione è fatta per la sapienza, quella inferiore per la scienza.

Ma la ragione superiore, come egli dice [ c. 7 ], è rivolta « a considerare e a consultare le ragioni superne », cioè « divine »: a considerarle in quanto contempla le cose divine in se stesse, e a consultarle in quanto giudica con esse le cose umane, guidando gli atti umani con criteri divini.

Così dunque il dono della sapienza non è soltanto speculativo, ma anche pratico.

Analisi delle obiezioni:

1. Come afferma il De Causis [ prop. 10 e 17 ], più alta è una virtù, più numerosi sono i suoi effetti.

Quindi per il fatto stesso che il dono è più eccellente della virtù intellettuale della sapienza, in quanto raggiunge Dio più da vicino, cioè mediante una certa unione dell'anima con lui, ha la capacità di dirigere non solo nella contemplazione, ma anche nell'azione.

2. Le realtà divine sono certamente necessarie ed eterne in se stesse, tuttavia sono le norme dei contingenti, di cui si occupano le azioni umane.

3. La considerazione di una cosa in se stessa precede la sua considerazione in rapporto alle altre.

Perciò alla sapienza appartiene prima la contemplazione delle realtà divine, che è la « visione del principio » [ Greg., l. cit. nell'ob. ], e poi la guida degli atti umani secondo le ragioni divine.

E tuttavia grazie alla guida della sapienza non risulta nelle azioni umane amarezza o fatica, ma piuttosto la sapienza trasforma l'amaro in dolce, e la fatica in riposo.

Indice