Summa Teologica - I |
In 2 Sent., d. 7, q. 2, a. 1
Pare che l'intelletto del demonio si sia oscurato al punto di essere privato della conoscenza di qualsiasi verità.
1. Se i demoni conoscessero qualche verità, conoscerebbero soprattutto se stessi, quindi conoscerebbero delle sostanze separate.
Ma ciò è incompatibile con la loro infelicità: poiché conoscere le sostanze separate è fonte di una grande gioia, tanto che alcuni pensarono che la beatitudine dell'uomo consista nel conoscere le sostanze separate.
Quindi i demoni sono privati di ogni conoscenza della verità.
2. Una cosa che per sua stessa natura è evidentissima deve essere evidente al massimo per gli angeli, siano essi buoni o cattivi.
Che infatti quella data cosa non sia così evidente per noi proviene dalla debolezza del nostro intelletto, il quale astrae la verità dai fantasmi: allo stesso modo in cui la civetta per la debolezza del suo occhio non può vedere la luce del sole.
Eppure i demoni non possono conoscere Dio, per quanto sommamente conoscibile, essendo la somma verità: e ciò perché non hanno il cuore puro, che è indispensabile per vedere Dio.
Quindi non possono conoscere neppure le altre cose.
3. Gli angeli, come insegna S. Agostino [ De Gen. ad litt. 4,22; De civ. Dei 11,7 ], hanno una duplice conoscenza: mattutina e vespertina.
Ma i demoni non possono avere la conoscenza mattutina, poiché non vedono le cose nel Verbo; e nemmeno quella vespertina, poiché questa conoscenza rivolge le cose conosciute alla gloria del Creatore ( per cui dopo il vespro viene il mattino, come si legge nella Genesi [ Gen 1 ] ).
Quindi i demoni non possono avere alcuna conoscenza delle cose.
4. Come spiega S. Agostino [ De Gen. ad litt. 5,19 ], gli angeli nell'atto della loro creazione conobbero il mistero del regno di Dio.
Ma i demoni furono subito privati di questa conoscenza: come infatti dice S. Paolo [ 1 Cor 2,8 ], « se l'avessero conosciuto non avrebbero mai crocifisso il Signore della gloria ».
Quindi per lo stesso motivo furono privati di tutte le altre conoscenze della verità.
5. Qualsiasi verità uno conosca, la conosce o naturalmente, a quel modo in cui noi conosciamo i primi princìpi, oppure ricevendola da un altro, come quando noi veniamo a sapere certe cose ascoltandole, oppure per mezzo di una lunga esperienza, come quando apprendiamo le cose che sono frutto delle nostre ricerche.
Ora, i demoni non possono conoscere la verità per mezzo della loro natura: poiché, stando a quanto dice S. Agostino [ De civ. Dei 11, cc. 19, 33 ], da essi furono separati gli angeli buoni come la luce dalle tenebre; e ogni illustrazione, al dire di S. Paolo [ Ef 5,13 ], avviene per mezzo della luce.
Parimenti non possono conoscere neppure per mezzo della rivelazione, né imparando dagli angeli buoni: poiché sta scritto [ 2 Cor 6,14 ] che « non vi è comunanza tra la luce e le tenebre ».
E neppure possono conoscere per mezzo di una lunga esperienza: poiché l'esperienza deriva dai sensi.
Quindi in essi non si trova alcuna conoscenza della verità.
Dionigi [ De div. nom. 4 ] scrive: « Noi affermiamo che i doni angelici concessi ai demoni non sono stati affatto mutati, ma rimangono integri e splendidissimi ».
Ora, tra questi doni naturali c'è la conoscenza della verità.
Quindi in essi c'è una certa conoscenza della verità.
Esistono due conoscenze della verità: l'una proviene dalla natura, l'altra è originata dalla grazia.
Quella poi che deriva dalla grazia è di due specie: la prima, che è soltanto speculativa, consiste nella semplice rivelazione dei segreti divini; l'altra, che è affettiva, genera l'amore di Dio: e questa appartiene propriamente al dono della Sapienza.
Ora, di queste tre conoscenze la prima non è stata né tolta né diminuita nei demoni.
Deriva infatti dalla natura dell'angelo, che è per essenza intelletto o mente; e anche nel caso che si volesse punirlo con la sottrazione di qualche dote naturale, data la semplicità della sua sostanza non si potrebbe strappare qualche parte alla sua natura, come invece si punisce un uomo con il taglio della mano, del piede o di altre membra.
Quindi Dionigi [ ib. ] afferma che i doni naturali nei demoni sono rimasti integri.
La conoscenza naturale non fu quindi diminuita in essi.
- La seconda conoscenza invece, quella che deriva dalla grazia, fermandosi però alla sola speculazione, non fu completamente tolta ai demoni, ma fu diminuita: poiché viene loro rivelato solo ciò che è indispensabile dei segreti divini, o mediante gli angeli, oppure, come dice S. Agostino [ De civ. Dei 9,21 ], « per mezzo di determinati effetti compiuti nel tempo dalla virtù divina »; non però come agli angeli santi, ai quali è rivelato un maggior numero di tali verità, e in modo più chiaro, nella diretta visione del Verbo.
- Furono invece privati totalmente della terza conoscenza, come anche della carità.
1. La beatitudine consiste nell'unirsi a qualcosa di superiore.
Ora, le sostanze separate in ordine di natura sono superiori a noi: quindi la conoscenza delle sostanze separate costituisce per l'uomo una certa felicità, sebbene la sua perfetta beatitudine consista nel conoscere la prima sostanza, cioè Dio.
Ma per una sostanza separata la conoscenza delle sostanze separate è cosa connaturale, come per noi è connaturale la conoscenza delle realtà sensibili.
Come quindi la felicità dell'uomo non consiste nella conoscenza delle realtà sensibili, così la beatitudine dell'angelo non consiste nella conoscenza delle sostanze separate.
2. Ciò che per sua natura è massimamente intelligibile è oscuro per noi perché sorpassa la capacità del nostro intelletto, e non soltanto per il fatto che la nostra intelligenza dipende dai fantasmi.
Ora, l'essenza divina non sorpassa solo la capacità dell'intelletto umano, ma anche quella dell'angelo.
Quindi neanche l'angelo può conoscere l'essenza di Dio con le sue forze naturali.
- Tuttavia, data la perfezione del suo intelletto, e gli può avere una conoscenza naturale di Dio più alta di quella dell'uomo.
E tale conoscenza rimane anche nei demoni.
Sebbene infatti essi non abbiano la purezza che proviene dalla grazia, hanno tuttavia la purezza della natura, che è sufficiente per la conoscenza di Dio che loro spetta nell'ordine naturale.
3. La creatura è tenebra se paragonata all'eccellenza della luce divina: per cui la conoscenza di una realtà creata nella sua propria natura è detta vespertina.
La sera infatti è congiunta alle tenebre, tuttavia conserva ancora un po' di luce, mentre quando viene a mancare totalmente la luce c'è la notte.
E lo stesso si dica della conoscenza delle cose nella loro propria natura: se viene indirizzata alla lode del creatore, come avviene negli angeli buoni, tale conoscenza ha un po' della luce divina, e può essere detta vespertina; se invece non è indirizzata alla lode di Dio, come avviene nei demoni, allora non è più detta vespertina, ma notturna.
Per cui si legge nella Genesi [ Gen 1,5 ] che Dio « chiamò notte » le tenebre che aveva diviso dalla luce.
4. Il mistero del regno di Dio, che fu compiuto per mezzo di Cristo, fu conosciuto in qualche modo dagli angeli fin da principio, soprattutto da quando furono beati con la visione del Verbo, visione che però i demoni non ebbero mai.
Tuttavia gli angeli non conobbero tutti perfettamente questo mistero, né [ tutti ] ugualmente.
Molto meno perciò conobbero il mistero dell'Incarnazione i demoni nel tempo in cui Cristo si trovava nel mondo.
Come infatti dice S. Agostino [ De civ. Dei 9,21 ], « Cristo non fu conosciuto da loro come è conosciuto dagli angeli santi, i quali fruiscono dell'eternità del Verbo che ad essi è partecipata; lo conoscono invece soltanto come oggetto di terrore in base a certe sue azioni compiute nel tempo ».
Se al contrario avessero conosciuto perfettamente e con certezza che Cristo era il Figlio di Dio, e quale sarebbe stato l'effetto della sua passione, non avrebbero mai fatto crocifiggere il Signore della gloria.
5. I demoni possono conoscere la verità in tre modi.
Primo, mediante il loro acume naturale: poiché sebbene essi siano ottenebrati in seguito alla privazione della grazia, sono tuttavia illuminati dalla luce della loro natura intellettiva.
Secondo, mediante le comunicazioni degli angeli santi, con i quali hanno in comune non la conformità del volere, bensì la somiglianza nella natura intellettiva, per mezzo della quale possono ricevere ciò che viene manifestato da parte degli altri angeli.
- Terzo, mediante una lunga esperienza, non nel senso che essi derivino la loro conoscenza dai sensi ma perché, come si è detto sopra [ q. 57, a. 3, ad 3 ] trattando della conoscenza angelica, quando nella realtà [ concreta e ] singolare si avvera qualcosa che possiede una somiglianza con la specie intelligibile infusa per natura nei demoni, questi vengono a conoscere, in quanto presenti, certe cose che non avevano conosciuto quando erano ancora future.
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