Summa Teologica - II-II |
Pare che sia lecito avere sollecitudine per le cose temporali.
1. È dovere di chi presiede essere sollecito per le cose a cui presiede, secondo l'esortazione di S. Paolo [ Rm 12,8 ]: "Chi presiede, lo faccia con sollecitudine ".
Ma per divina disposizione l'uomo presiede alle cose temporali, come dice il Salmo [ Sal 8,8 ]: "Tutto hai posto sotto i suoi piedi, tutti i greggi e gli armenti", ecc.
Perciò l'uomo deve avere sollecitudine per le cose temporali.
2. Tutti sono solleciti del fine per cui lavorano.
Ma è lecito all'uomo lavorare per i beni temporali, con cui sostenta la propria vita; anzi, l'Apostolo scrive [ 2 Ts 3,10 ]: "Se uno non vuol lavorare, neppure mangi".
Quindi è lecito avere sollecitudine delle cose temporali.
3. La sollecitudine per le opere di misericordia è cosa lodevole, come si rileva da quelle parole di S. Paolo [ 2 Tm 1,17 ]: "Venuto egli [ Onesiforo ] a Roma, mi ha cercato con sollecitudine".
Ma la sollecitudine per le cose temporali talora riguarda le opere di misericordia: come quando uno è sollecito nel curare gli interessi degli orfani e dei poveri.
Quindi la sollecitudine per le cose temporali non è illecita.
Il Signore ha detto nel Vangelo [ Mt 6,31 ]: "Non vogliate essere solleciti dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?".
E si tratta delle cose più necessarie.
La sollecitudine dice impegno per raggiungere una data cosa.
Ora, è evidente che l'impegno è proporzionato al timore di non riuscire nell'intento: se quindi c'è la sicurezza di raggiungere lo scopo, la sollecitudine è minima.
Così dunque la sollecitudine per le cose temporali può essere illecita per tre motivi.
Primo, per l'oggetto di cui siamo solleciti: se cioè cerchiamo i beni temporali come il nostro fine [ ultimo ].
Per cui anche S. Agostino [ De op. monach. 26 ] ha scritto: "Quando il Signore raccomanda di non essere solleciti di certe cose lo fa perché gli apostoli non abbiano di mira questi beni, e non facciano per essi quanto fu loro comandato di fare nella predicazione del Vangelo".
Secondo, la sollecitudine per le cose temporali può essere illecita per l'impegno eccessivo che viene posto nel procurare queste cose, trascurando così quelle spirituali, a cui l'uomo deve principalmente attendere.
Perciò nel Vangelo [ Mt 13,22 ] si legge che "la sollecitudine del mondo soffoca la parola di Dio".
Terzo, per l'eccessivo timore: cioè quando uno ha paura che, facendo il proprio dovere, gli venga a mancare il necessario.
Sentimento che il Signore [ Mt 6,25ss ] esclude con tre insegnamenti.
Primo, facendo rilevare i benefici più grandi concessi all'uomo da Dio, indipendentemente dalla sua sollecitudine, cioè il dono del corpo e dell'anima.
Secondo, mostrando come Dio provvede agli animali e alle piante, conformemente alla loro natura, senza l'opera dell'uomo.
Terzo, insistendo sulla divina provvidenza, l'ignoranza della quale provoca nei pagani una sollecitudine eccessiva nella ricerca dei beni temporali.
Quindi conclude che la nostra principale sollecitudine deve essere per i beni spirituali, nella speranza che facendo il nostro dovere ci verranno concessi anche i beni temporali.
1. I beni temporali sono soggetti all'uomo perché egli ne usi per le sue necessità, e non perché riponga in essi il proprio fine e si lasci dominare da un'eccessiva sollecitudine.
2. La sollecitudine di chi guadagna il pane col lavoro manuale non è eccessiva, ma moderata.
Per cui S. Girolamo [ In Mt 1, su 6,25 ] insegna che "si deve esercitare il lavoro ed eliminare la sollecitudine", cioè quella eccessiva che turba lo spirito.
3. La sollecitudine delle cose temporali nelle opere di misericordia è ordinata al fine della carità.
Perciò non è illecita, a meno che non sia eccessiva.
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