Summa Teologica - II-II

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Articolo 4 - Se sia lecito prendere del danaro prestato a usura

In 3 Sent., d. 37, q. 1, a. 6, ad 6

Pare che non sia lecito prendere del danaro prestato a usura.

Infatti:

1. L'Apostolo [ Rm 1,32 ] insegna che « è degno di morte non solo chi fa il peccato, ma anche colui che approva chi lo fa ».

Ora, chi si fa prestare del danaro a interesse acconsente con l'usuraio nel suo peccato, e gli offre l'occasione di peccare.

Quindi pecca anche lui.

2. Per nessun vantaggio temporale uno può offrire a un altro l'occasione di peccare: ciò costituisce infatti lo scandalo attivo, il quale è sempre peccato, come sopra [ q. 43, a. 2 ] si è spiegato.

Ma chi chiede prestiti a un usuraio gli offre l'occasione di peccare.

Quindi per nessun vantaggio temporale uno può essere scusato.

3. In certi casi la necessità di depositare il proprio danaro presso un usuraio non è minore di quella di riceverne da lui.

Ora, depositare il danaro presso un usuraio pare assolutamente illecito: come sarebbe illecito consegnare una spada a un pazzo, affidare una vergine a un lussurioso o del cibo a un goloso.

Quindi neppure è lecito ricevere prestiti da un usuraio.

In contrario:

Secondo il Filosofo [ Ethic. 5,2 ], chi soffre un'ingiustizia non pecca: per cui la giustizia, come egli spiega [ ib., c. 5 ], non consiste in un giusto mezzo tra due eccessi.

Ma l'usuraio pecca in quanto con l'interesse fa un'ingiustizia contro chi riceve il mutuo.

Quindi chi riceve il mutuo a usura non pecca.

Dimostrazione:

Se in nessun modo può essere lecito indurre un uomo a peccare, è lecito tuttavia servirsi del peccato altrui per il bene: poiché Dio stesso si serve di tutti i peccati per un fine buono; infatti, come insegna S. Agostino [ Enchir. 11.36 ], da qualsiasi male egli sa trarre un bene.

Scrivendo perciò a Publicola [ Epist. 47 ], il quale gli aveva chiesto se fosse lecito servirsi del giuramento di chi giura per i falsi dèi, e che quindi pecca in modo patente prestando loro un culto dovuto solo a Dio, il Santo precisava che « chi si serve del giuramento di coloro che giurano per i falsi dèi servendosene non per il male, ma per il bene, si associa non al loro peccato, consistente nel giurare per i demoni, ma alla loro intenzione buona di rispettare il giuramento ».

Se però uno li spingesse a giurare per i falsi dèi, allora farebbe peccato.

E lo stesso si dica per l'argomento presente, che cioè non può mai essere lecito indurre una persona a prestare a usura; tuttavia ricevere un prestito in questo modo da parte di chi è già disposto a farlo ed esercita l'usura, è lecito per un qualche bene, cioè per far fronte alla necessità propria o altrui.

Come è anche lecito a colui che incappa nei briganti, per evitare la morte, mostrare i beni in suo possesso, sull'esempio di quei dieci uomini che dissero a Ismaele [ Ger 41,8 ]: « Non ucciderci, perché abbiamo nascosto provviste nei campi ».

Analisi delle obiezioni:

1. Chi chiede un prestito a usura non acconsente al peccato dell'usuraio, ma si serve di esso.

E non si compiace della riscossione degli interessi, ma del mutuo, che è una cosa buona.

2. Chi prende danaro a usura non offre all'usuraio l'occasione di riscuotere l'usura, ma di fare un prestito; invece l'usuraio, per la malizia del suo cuore, ne prende l'occasione per peccare.

Perciò vi è da parte sua uno scandalo passivo, ma non c'è uno scandalo attivo dalla parte del mutuatario.

E per tale scandalo passivo uno non è tenuto a desistere dalla richiesta, se ha bisogno del mutuo: poiché tale scandalo passivo non deriva da fragilità o ignoranza, ma da malizia.

3. Se uno affidasse il proprio danaro a un usuraio il quale non ne avesse altro per esercitare l'usura, oppure glielo affidasse con l'intenzione di farlo guadagnare con l'usura, allora gli offrirebbe la materia del peccato, per cui sarebbe egli stesso complice della colpa.

Se invece uno, per maggior sicurezza, affida il proprio danaro a un usuraio che ha altri mezzi per esercitare l'usura, allora non pecca, ma si serve di un peccatore per un fine buono.

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