Manuale sulla fede, speranza e carità

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11.36 - La natura umana di Cristo manifesta la sovrabbondanza della grazia divina

Qui è la grazia di Dio che viene raccomandata in modo assolutamente sublime ed esplicito.

Quali meriti aveva infatti la natura umana in Cristo uomo, da essere assunta individualmente nell'unità della persona dell'unico Figlio di Dio?

Quale buona volontà, quale ricercata buona intenzione, quali buone opere hanno assicurato a quest'uomo un merito anteriore, per diventare una persona sola con Dio?

È forse stato un uomo anteriormente e gli è stato accordato questo singolare beneficio, per una benemerenza singolare presso Dio?

Naturalmente da quando cominciò ad essere uomo, non cominciò ad essere nient'altro che Figlio di Dio, e Figlio unico; e ciò a causa di Dio Verbo, che, dopo aver assunto l'umanità, è diventato carne, comunque sempre Dio; come qualsiasi uomo è una sola persona, cioè anima razionale e carne, così è una sola persona anche Cristo, Verbo e uomo.

Donde mai proviene alla natura umana tutta questa gloria, indubbiamente gratuita non essendoci stati meriti precedenti, se non per il fatto che qui si manifesta con evidenza, a chi consideri la cosa lucidamente, la grande e unica grazia di Dio?

Così gli uomini potranno comprendere che sono giustificati dai peccati in virtù della medesima grazia, alla quale si deve l'impossibilità per l'uomo Cristo di avere alcun peccato.

È così che l'angelo, preannunziando la futura nascita, salutò sua madre: Ave, disse, o piena di grazia.

E un po' più avanti: Hai trovato grazia presso Dio. ( Lc 1,28.30 )

Si dice infatti che è piena di grazia e che ha trovato grazia presso Dio perché potesse essere madre del suo Signore, anzi del Signore di tutti.

Del medesimo Cristo l'evangelista Giovanni, dopo aver detto: E il Verbo si fece carne ed abitò in mezzo a noi, aggiunge: E noi vedemmo la sua gloria, come di unigenito del Padre, pieno di grazia e di verità. ( Gv 1,14 )

Dire: il Verbo si fece carne, equivale a dire: pieno di grazia; dire poi: la gloria dell'unigenito del Padre, equivale a dire: pieno di verità.

Infatti la Verità in persona, unigenito Figlio di Dio non per grazia, ma per natura, assunse per grazia la natura umana in una tale unità personale, da poter essere Egli stesso anche figlio dell'uomo.

11.37 - La nascita dallo Spirito Santo, ulteriore testimonianza della grazia

Il medesimo Gesù Cristo, Figlio di Dio unigenito, cioè unico, Signore nostro, è nato dallo Spirito Santo e da Maria vergine.

Ebbene lo Spirito Santo è sicuramente dono di Dio, senza dubbio in sé uguale a chi lo dona: perciò anche lo Spirito Santo è Dio, non inferiore al Padre e al Figlio.

Il fatto dunque che la nascita umana di Cristo procede dallo Spirito Santo non è forse una manifestazione della stessa grazia?

Quando la vergine domandò all'angelo come potesse accadere quanto le annunziava, dal momento che lei non conosceva uomo, l'angelo le rispose: Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo stenderà su di te la sua ombra; colui che nascerà da te sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. ( Lc 1,35 )

E quando Giuseppe voleva ripudiarla, sospettando un adulterio, sapendo che la sua gravidanza non dipendeva da lui, ricevette dall'angelo questo responso: Non temere di prendere Maria come tua sposa, perché quel che è stato generato in lei viene dallo Spirito Santo; ( Mt 1,20 ) in altri termini, ciò che tu sospetti dipenda da un altro uomo, dipende dallo Spirito Santo.

12.38 - In che senso Cristo è figlio dello Spirito Santo e della Vergine Maria

Potremo tuttavia affermare, per questo, che il padre dell'uomo Cristo sia lo Spirito Santo, in modo che Dio Padre abbia generato il Verbo e lo Spirito Santo l'uomo, derivando dall'una e dall'altra sostanza un solo Cristo, figlio di Dio Padre in quanto Verbo e dello Spirito Santo in quanto uomo, per il fatto che lo Spirito lo avrebbe generato dalla madre vergine come se fosse suo padre?

Chi oserà affermarlo? Non c'è bisogno di mostrare, continuando la discussione, le altre conseguenze assurde, dal momento che questa stessa tesi è già così assurda, che non ci sono credenti in grado di stare ad ascoltarla.

Perciò il Signore nostro Gesù Cristo ( tale è la nostra confessione ), che è Dio da Dio, ma è nato come uomo dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria, nell'una e nell'altra sostanza, vale a dire in quella divina e in quella umana, è l'unico Figlio di Dio Padre onnipotente, dal quale procede lo Spirito Santo.

Allora come diciamo che Cristo è nato dallo Spirito Santo, se lo Spirito Santo non lo ha generato?

Forse perché lo fece? Infatti del Signore nostro Gesù Cristo, in quanto è Dio, diciamo che tutto è stato fatto per mezzo di Lui; ( Gv 1,3 ) ma in quanto è uomo, anch'egli è stato fatto, come dice l'Apostolo: È stato fatto dalla stirpe di Davide secondo la carne. ( Rm 1,3 )

Perché mai allora, dal momento che quella creatura, concepita e partorita dalla Vergine, benché appartenente alla sola persona del Figlio, è la Trinità intera che l'ha fatta – e le opere della Trinità sono indisgiungibili –, in tale opera è stato nominato solo lo Spirito Santo?

Quando viene nominata una sola delle tre persone, si deve intendere tutta quanta la Trinità?

È proprio così e lo si può illustrare con alcuni esempi, ma non è il caso di indugiare ulteriormente su questo punto.

Ciò che colpisce è come si sia potuto dire: Nato dallo Spirito Santo, ( Mt 1,20 ) dal momento che non è assolutamente figlio dello Spirito Santo.

Né d'altra parte, solo perché Dio fece questo mondo, è lecito dire che esso è figlio o che è nato da Dio; piuttosto possiamo dire correttamente che è stato fatto, o creato, o costituito da lui, o qualcosa del genere.

Quando dunque qui noi confessiamo che Egli è nato dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria, è difficile spiegare come non sia Figlio dello Spirito Santo, ma della Vergine Maria, pur essendo nato dall'uno e dall'altra; indubbiamente non è nato da quello come da un padre, mentre è nato da lei come da una madre.

12.39 - Nascere ed essere figlio non sempre si equivalgono

Non si deve concedere, dunque, che tutto quel che nasce da qualcosa, immediatamente debba esserne proclamato figlio.

Prescinderei dal fatto che un figlio nasce da un uomo in modo diverso da un capello, un pidocchio, un lombrico, non avendo niente di tutto questo un figlio; a prescindere da ciò, poiché è oltraggioso il confronto con una realtà tanto grande, sicuramente quanti nascono dall'acqua e dallo Spirito ( Gv 3,5 ) nessuno li chiamerà ordinariamente figli dell'acqua, mentre tranquillamente sono chiamati figli di Dio Padre e della madre Chiesa.

Così insomma dallo Spirito Santo è nato il figlio di Dio Padre, non dello Spirito Santo.

In tal senso, quanto abbiamo detto a proposito del capello e di altre cose vale soltanto per mettere in guardia sul fatto che non tutto ciò che nasce da qualcosa può anche dirsi figlio di ciò da cui nasce.

Così non per tutti coloro che si dicono figli di qualcuno si può dire coerentemente che sono anche nati da lui, come quanti vengono adottati.

Si dicono ancora figli della Geenna ( Mt 23,15 ) non quelli che sono nati da essa, ma quelli che ad essa sono stati predisposti, così come i figli del regno ( Mt 8,12 ) sono stati predisposti per il regno.

12.40 - Il modo in cui è nato Gesù Cristo testimonia che la sua umanità s'è congiunta al Verbo di Dio solo in virtù della grazia

Perciò, dal momento che qualcosa può nascere da qualcos'altro anche senza esserne figlio e che, d'altro canto, non chiunque viene detto figlio è nato da quello di cui viene detto figlio, certamente il modo in cui è nato Cristo dallo Spirito Santo, non come figlio, e da Maria Vergine, come figlio, ci introduce nella grazia di Dio, in virtù della quale tale uomo, senza alcun merito antecedente, nell'atto stesso in cui la sua natura ha cominciato ad esistere, s'è congiunto al Verbo di Dio in una tale unità personale, in modo che la medesima persona che era figlio dell'uomo fosse figlio di Dio e viceversa, e così, nell'assunzione della natura umana, risultasse in un certo senso naturale per quell'uomo la stessa grazia che non può indurre ad alcun peccato.

Tale grazia doveva essere designata attraverso lo Spirito Santo, poiché Egli è propriamente Dio, tanto che lo si può anche dire dono di Dio. ( Gv 4,10; At 8,20 )

Comunque, per parlare a sufficienza di questo ( ammesso che sia possibile ), c'è bisogno di una dissertazione assai estesa.

13.41 - Con la sua morte e risurrezione Cristo s'è fatto peccato per noi senza contrarre alcun peccato

Egli fu quindi generato e concepito senza il benché minimo piacere di concupiscenza carnale e perciò senza contrarre alcun peccato originale, ancora per grazia di Dio integrato e incorporato, in modo mirabile e ineffabile, nell'unità della persona al Verbo unigenito del Padre, Figlio non per grazia, ma per natura; per questo Egli non può commettere alcun peccato, anche se, per affinità con la carne di peccato nella quale era venuto, ( Rm 8,3 ) è stato chiamato peccato anche Lui, che doveva sacrificarsi per lavare i peccati.

Ora nella legge antica si chiamavano peccati i sacrifici per i peccati; ( Lv 6,23; Nm 8,8; Os 4,8 ) essi però adombravano quel che Egli è diventato realmente.

Per questo l'Apostolo, dopo aver detto: Vi supplichiamo in nome di Cristo, lasciatevi riconciliare con Dio, ( 2 Cor 5,20 ) ha aggiunto subito dopo le seguenti parole: Colui che non aveva conosciuto peccato, lo fece peccato per noi, perché noi fossimo in Lui giustizia di Dio. ( 2 Cor 5,21 )

Non dice, come si legge in alcuni codici ingannevoli: " Egli, che non ha conosciuto peccato, fece il peccato per noi ", come se Cristo stesso avesse peccato per noi; dice piuttosto: Colui che non aveva conosciuto peccato, cioè Cristo, lo fece peccato per noi Dio, con il quale dobbiamo essere riconciliati, cioè sacrificio per i peccati, grazie al quale poter essere riconciliati.

Egli quindi è stato peccato, perché noi fossimo giustizia, e non giustizia nostra ma di Dio, non in noi ma in Lui; come di fatto Egli ha manifestato non il suo peccato, ma il nostro, costituito non in Lui, ma in noi, per affinità con la carne di peccato, ( Rm 8,3 ) nella quale Egli fu crocifisso; in tal modo, dal momento che in Lui non v'era peccato, morendo alla carne, nella quale vi era affinità con il peccato, Egli sarebbe morto in un certo senso al peccato e, non essendo mai vissuto secondo l'antica logica del peccato, avrebbe significato con la sua risurrezione il nostro rigenerarci a vita nuova, a partire dall'antica morte del peccato che ci era toccata. ( Rm 6,3-4; Rm 8,3 )

13.42 - La morte e la risurrezione di Cristo segni del sacramento del battesimo

Proprio questo celebra in noi il grande sacramento del battesimo: quanti sono toccati da questa grazia muoiono al peccato, proprio come Cristo si dice morto al peccato, poiché è morto alla carne, cioè all'affinità con il peccato, e vivono rinascendo dal lavacro, come Cristo risorgendo dal sepolcro, indipendentemente dalla loro età.

13.43 - Il battesimo di Cristo è necessario in ogni età

Dal più piccolo appena nato fino al vecchio decrepito infatti, come non si deve negare a nessuno il battesimo, così non c'è nessuno che non muoia al peccato nel battesimo; mentre però i piccoli muoiono soltanto al peccato originale, i più grandi muoiono a tutti questi peccati, che hanno aggiunto con una cattiva condotta a quello contratto con la nascita.

13.44 - Differenza fra i peccati dei più grandi e il peccato dei più piccoli

Eppure anche di questi ultimi si dice generalmente che muoiono al peccato, mentre non c'è dubbio che essi muoiono non ad un solo peccato, bensì a molti, a tutti quelli che essi hanno già commesso personalmente in pensieri, parole ed opere; si è soliti infatti designare il singolare anche per il plurale, come disse il poeta: ne riempiono il ventre con il soldato in armi,11 pur avendolo fatto con numerosi soldati.

E nella nostra Scrittura si legge: Prega dunque il Signore, perché allontani da noi il serpente; ( Nm 21, 7 ) per dir questo non parla di serpenti, che pure affliggevano il popolo; e così via.

Se poi anche quell'unico peccato originale è designato al plurale, quando diciamo che i più piccoli sono battezzati per la remissione dei peccati, si ricorre alla figura contraria, per cui si designa il singolare attraverso il plurale.

Così nel Vangelo si dice, dopo la morte di Erode: Sono morti coloro che insidiavano l'anima del bambino, ( Mt 2,20 ) anziché: è morto.

E nell'Esodo: Si sono fabbricati degli dèi d'oro, ( Es 32,31 ) per essersi fabbricato un solo vitello, di cui dissero: Questi sono i tuoi dèi, Israele, che ti fecero uscire dalla terra d'Egitto, ( Es 32,4 ) usando anche qui il plurale per il singolare.

13.45 - Sono tanti i peccati inclusi nell'unico peccato entrato nel mondo attraverso un unico uomo

Del resto anche in quell'unico peccato, che a causa di un solo uomo è entrato nel mondo, raggiungendo tutti gli uomini, ( Rm 5,12 ) e per il quale anche i più piccoli sono battezzati, si possono intendere numerosi peccati, suddividendolo in un certo senso in tutte le sue singole parti.

Vi è infatti anche la superbia, perché l'uomo ha preferito il proprio potere a quello di Dio; il sacrilegio, perché non ha creduto a Dio; l'omicidio, perché s'è precipitato nella morte; l'impurità spirituale, perché l'integrità della mente umana è stata violata dalla seduzione del serpente; il furto, perché è stato rubato il cibo proibito; l'avarizia, perché ha desiderato più di quanto doveva bastargli; e quant'altro si può ancora scoprire, con un attento esame, in quest'unico misfatto.

13.46 - I peccati dei progenitori che gravano sui figli e il soccorso della grazia e della misericordia divina

Si dice, non senza buone ragioni, che sui più piccoli grava anche l'ipoteca dei peccati dei progenitori, non solo dei primi uomini, ma anche di coloro dai quali essi sono nati.

L'affermazione divina: Farò ricadere sui figli i peccati dei padri ( Es 20,5; Dt 5,9 ) indubbiamente li vincola prima che, attraverso la rigenerazione, comincino ad appartenere al Nuovo Testamento, quel Testamento che è oggetto della profezia di Ezechiele, quando dice che i figli non porteranno i peccati dei propri padri e in Israele non avrà più ragion d'essere l'espressione: I padri mangiarono l'uva acerba e i denti dei figli furono allegati. ( Ez 18,2 )

Ognuno quindi rinasce, in modo che sia sciolta in lui ogni traccia di peccato con cui nasce.

Quanto ai peccati che vengono commessi in seguito per la cattiva condotta, possono anch'essi essere riparati pure con la penitenza, come costatiamo anche dopo il battesimo.

È stata istituita la rigenerazione, perciò, solo perché era corrotta la generazione, tanto che persino chi è nato da un matrimonio legittimo può dire: Nelle iniquità sono stato generato e nei peccati mi ha concepito mia madre. ( Sal 51,7 )

Non ha detto: " Nell'iniquità o nel peccato ", pur potendolo dire correttamente, ma ha preferito parlare di iniquità e di peccati, poiché anche in quell'unica colpa, che ha raggiunto tutti gli uomini e che è talmente grave da determinare la trasformazione della natura umana, piegandola alla necessità della morte, si riscontrano, come sopra ho esposto, numerosi peccati; anche quelli dei genitori, fra l'altro, che non possono trasformare a tal punto la natura, vincolano pur sempre i figli con l'ipoteca della colpa, se non interviene la gratuità della grazia e la divina misericordia.

13.47 - Come intendere la trasmissione dei peccati fino alla terza e alla quarta generazione

Quanto poi ai peccati degli altri progenitori, che costituiscono per ciascuno la linea di successione da Adamo fino al proprio padre, non è infondato porsi delle domande: colui che nasce risulta coinvolto nelle cattive azioni di tutti e nelle colpe originali che si sono moltiplicate, al punto che peggiora sempre la condizione di chi nasce più tardi?

Oppure Dio minaccia di far gravare sui discendenti i peccati dei progenitori fino alla terza e alla quarta generazione, ( Dt 5,9 ) non estendendo ulteriormente la sua collera alle colpe degli ascendenti secondo la misura della sua compassione?

Questo per evitare che coloro, ai quali non è rimessa la grazia della rigenerazione, fossero schiacciati da un carico eccessivo nella dannazione eterna, se costretti a contrarre i peccati originali di tutti i progenitori che li hanno preceduti sin dagli inizi del genere umano e ad espiarne le pene dovute.

O ancora, ad un esame e ad uno studio più attenti delle Sacre Scritture, è possibile o impossibile giungere a conclusioni diverse su una materia del genere?

Non oso affermarlo a cuor leggero.

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11 Virgilio, Aen.2, 20