Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se la religione si limiti a ordinare i rapporti dell'uomo con Dio

In 3 Sent., d. 33, q. 3, a. 4, sol. 1, ad 2; C. impugn., c. 1; In De Trin., q. 3, a. 2

Pare che la religione non si limiti a ordinare i rapporti dell'uomo con Dio.

Infatti:

1. S. Giacomo [ Gc 1,27 ] ha scritto: « La religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo ».

Ma il soccorrere gli orfani e le vedove è un atto che dice ordine al prossimo, e il « conservarsi puri da questo mondo » si riferisce all'ordine che l'uomo deve avere in se stesso.

Quindi la religione non si limita a ordinare i rapporti con Dio.

2. S. Agostino [ De civ. Dei 10,1 ] insegna: « Secondo l'uso volgare latino, non solo tra gli ignoranti, ma anche tra le persone fini e istruite, si parla di religioso ossequio verso i consanguinei, gli affini e i vicini.

Perciò con questo termine non si può evitare l'ambiguità quando si tratta del culto divino, in modo da poter dire che la religione non è altro che il culto di Dio ».

Così la religione non va intesa solo in ordine a Dio, ma anche in ordine al prossimo.

3. La religione include la latria.

Ora, secondo S. Agostino [ De civ. Dei 10,1 ], « latria significa servitù ».

D'altra parte dobbiamo essere servi non soltanto di Dio, ma anche del prossimo, secondo le parole di S. Paolo [ Gal 5,13 ]: « Mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri ».

Dunque la religione implica un ordine anche verso il prossimo.

4. Alla religione appartiene il culto.

Ora, non si rende culto soltanto a Dio, ma anche al prossimo, secondo l'espressione di Catone [ Breves sent. ]: « Abbi culto dei genitori ».

Perciò la religione non ordina soltanto a Dio, ma anche al prossimo.

5. Tutti coloro che sono sulla via della salvezza vivono sottomessi a Dio.

Ora, non tutti coloro che sono sulla via della salvezza vengono denominati religiosi, ma solo quelle persone che si sono obbligate a certi voti e a certe osservanze, sottomettendosi a determinati uomini.

Quindi la religione non implica una sottomissione dell'uomo a Dio.

In contrario:

Cicerone [ De invent. 2,53 ] insegna che la religione è la virtù che offre a una natura di ordine superiore, che chiamiamo divina, i doveri di culto ».

Dimostrazione:

Come scrive S. Isidoro [ Etym. 10 ], « secondo Cicerone, religioso, da religione, è colui che torna spesso a trattare e come a rileggere le cose relative al culto di Dio ».

Cosicché religione pare derivare da relegere, cioè dal rileggere le cose attinenti al culto: poiché esse vanno considerate di frequente, secondo le parole della Scrittura [ Pr 3,6 ]: « In tutti i tuoi passi pensa a lui ».

- Tuttavia il termine può anche essere fatto derivare, come dice S. Agostino [ De civ. Dei 10,3 ], dal fatto che « siamo tenuti a rieleggere Dio, che con la negligenza avevamo abbandonato ».

- Oppure lo si può far derivare da religare, cioè da legare strettamente: scrive infatti S. Agostino [ De vera relig. 55.107 ]: « La religione ci leghi all'unico onnipotente Dio ».

Ora, sia che « religione » derivi dalla frequente considerazione, oppure da una rinnovata elezione, o ancora da un rinnovato legame, questa virtù propriamente dice ordine a Dio.

Egli infatti è colui al quale principalmente dobbiamo legarci come a un principio indefettibile e verso cui dobbiamo dirigere di continuo la nostra scelta, quale ultimo fine, e ancora è colui che perdiamo con la negligenza del peccato, e che dobbiamo ricuperare credendo e prestando la nostra fede.

Analisi delle obiezioni:

1. La religione ha due serie di atti.

Alcuni propri e immediati, che emette direttamente, e che ordinano l'uomo a Dio soltanto: come il sacrificio, l'adorazione e altre cose del genere.

Altri invece che produce mediante le virtù a cui essa comanda, ordinandoli all'onore di Dio: poiché la virtù che ha per oggetto il fine comanda alle virtù che hanno per oggetto i mezzi ad esso ordinati.

Quindi « soccorrere gli orfani e le vedove », che è un atto di misericordia, è considerato come un atto di religione; parimenti « conservarsi puri da questo mondo » appartiene alla religione come atto imperato, mentre come atto elicito appartiene alla temperanza o ad altre virtù di questo genere.

2. Si parla di religione per i doveri relativi ai consanguinei per estensione del termine, non in senso proprio.

Infatti S. Agostino poco prima delle parole citate aveva scritto: « In senso stretto la religione non indica un culto qualsiasi, ma il culto di Dio ».

3. Il concetto di servo è correlativo a quello di padrone: dove quindi c'è una speciale forma di dominio, là ci deve essere anche una speciale forma di servitù.

Ora, è evidente che a Dio il dominio è dovuto sotto un aspetto del tutto singolare, cioè per il fatto che egli è il creatore di tutte le cose, e ha una preminenza assoluta su tutti gli esseri.

Quindi a lui è dovuta una forma speciale di servitù, che i greci chiamano latria.

Questa perciò appartiene propriamente alla religione.

4. Parliamo di culto nei riguardi di quegli uomini a cui prestiamo con assiduità l'onore, o il ricordo, o la presenza.

Anzi, diciamo di coltivare persino le cose che ci sono soggette: come i contadini coltivano i campi, e gli abitanti [ incolae ] coltivano i luoghi in cui hanno la loro dimora.

Siccome però a Dio, che è il primo principio di tutti gli esseri, è dovuto un onore specialissimo, a lui va anche tributato un culto particolare, che i greci, come ricorda S. Agostino [ De civ. Dei 10,1 ], chiamano eusebia o teosebia.

5. Sebbene possano chiamarsi religiosi tutti quelli che onorano Dio, sono detti religiosi in modo speciale coloro che dedicano tutta la loro vita al culto di Dio, astenendosi dalle occupazioni del mondo, al modo stesso in cui sono chiamati contemplativi non quelli che contemplano, ma coloro che dedicano tutta la vita alla contemplazione.

Del resto i religiosi non si sottomettono a un uomo in quanto tale, ma in ordine a Dio, secondo le parole dell'Apostolo [ Gal 4,14 ]: « Mi avete accolto come un angelo di Dio, come Cristo Gesù ».

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