Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se la superstizione sia un vizio contrario alla religione

Infra, q. 122, a. 3; In 3 Sent., d. 9, q. 1, a. 1, sol. 3, ad 3

Pare che la superstizione non sia un vizio contrario alla religione.

Infatti:

1. Di due contrari l'uno non entra nella definizione dell'altro.

Ora, la religione è posta nella definizione della superstizione: essa infatti è « la religione osservata in modo eccessivo », come dice la Glossa [ interlin. e P. Lomb. ] a proposito di quel testo di S. Paolo [ Col 2,23 ]: « Sono cose che hanno una parvenza di sapienza, ma sotto forma di superstizione ».

Quindi la superstizione non è un vizio contrario alla religione.

2. S. Isidoro [ Etym. 10 ] dà questa etimologia: « Superstiziosi furono chiamati coloro i quali, stando a Cicerone, tutti i giorni facevano preghiere e sacrifici perché i loro figli fossero ad essi superstiti ».

Ma ciò è conciliabile anche con la pratica della vera religione.

Quindi la superstizione non è un vizio opposto alla religione.

3. Il termine superstizione implica l'idea di eccesso.

Ma nella religione non ci può essere un eccesso: poiché, come si è detto sopra [ q. 81, a. 5, ad 3 ], con essa non è possibile rendere a Dio nella misura dovuta ciò che gli dobbiamo.

Quindi la superstizione non è un vizio contrario alla religione.

In contrario:

S. Agostino ha scritto [ Serm. 9,9 ]: « Tu tocchi la prima corda, con la quale si adora l'unico Dio, e cade la bestia della superstizione ».

Ma il culto dell'unico Dio appartiene alla religione.

Quindi la superstizione è l'opposto della religione.

Dimostrazione:

La religione, come sopra [ q. 81, a. 5, ad 3 ] si è visto, è una virtù morale.

Ora, una virtù morale consiste nel giusto mezzo, secondo le spiegazioni date [ I-II, q. 64, a. 1 ].

Perciò a una virtù si contrappongono due serie di vizi: l'una per eccesso e l'altra per difetto.

D'altra parte si può superare il giusto mezzo della virtù non solo nella quantità, ma anche relativamente ad altre circostanze.

Infatti in certe virtù, come la magnanimità e la magnificenza, il vizio eccede il giusto mezzo non perché tenda a un oggetto più grande di quello della virtù, dato che forse tende a un oggetto minore: eccede però il giusto mezzo della virtù perché favorisce chi non deve, o quando non deve, e così via per altre circostanze consimili, come nota il Filosofo [ Ethic. 4, cc. 1,2,3 ].

Così dunque la superstizione è un vizio che è contrario alla religione per eccesso: non perché nel culto divino offra più di quanto non faccia la vera religione, ma perché offre tale culto o a chi non deve, o come non deve.

Analisi delle obiezioni:

1. Come in senso traslato usiamo il termine buono parlando di cattivi, come nell'espressione un buon ladro, così talora impieghiamo abusivamente il nome di qualche virtù per descrivere un vizio: la prudenza, p. es. , talora viene posta in luogo dell'astuzia, come in quel detto evangelico [ Lc 16,8 ]: « I figli di questo secolo sono più prudenti dei figli della luce ».

Ed è in questo senso che la superstizione viene detta religione.

2. Una cosa è l'etimologia e un'altra il significato di un termine.

L'etimologia dipende da ciò che ha dato origine alla parola, mentre il suo significato dipende da quanto con essa vogliamo esprimere.

E spesso le due cose non coincidono: infatti il termine latino lapis ( pietra ) deriva da ledere il piede, ma non è questo il suo significato; altrimenti il ferro quando lede il piede sarebbe una pietra.

Parimenti anche il termine superstizione non è detto che debba significare ciò da cui deriva.

3. Nella religione non ci può essere un eccesso rispetto alla quantità assolutamente considerata, però ci può essere un eccesso secondo una quantità di proporzione, inquantoché nel culto divino si possono compiere delle pratiche indebite.

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