Summa Teologica - II-II |
In 3 Sent., d. 9, q. 1, a. 1, sol. 3; De Virt., q. 1, a. 12, ad 11; In De Trin., q. 3, a. 2
Pare che la religione sia una virtù teologale.
1. S. Agostino [ Enchir. 3 ] insegna che « Dio viene onorato con la fede, la speranza e la carità », che sono virtù teologali.
Ma « onorare Dio » appartiene alla religione.
Quindi la religione è una virtù teologale.
2. Si dice teologale quella virtù che ha Dio per oggetto.
Ora, la religione ha Dio per oggetto: poiché, come si è visto [ a. 1 ], si limita a ordinare l'uomo a Dio.
Quindi la religione è una virtù teologale.
3. Qualsiasi virtù, stando alle cose già dette [ I-II, q. 57, a. 3; q. 62, a. 2 ], è o teologale, o intellettuale, o morale.
Ma è evidente che la religione non è una virtù intellettuale: poiché la sua perfezione non consiste nella considerazione della verità.
Così pure non è una delle virtù morali, a cui spetta di tenere il giusto mezzo tra il meno e il superfluo, non essendo possibile che uno ecceda nel culto verso Dio, stando alle parole della Scrittura [ Sir 43,30 ]: « Nel glorificare il Signore esaltatelo quanto potete: perché ancora più alto sarà ».
Quindi rimane che è una virtù teologale.
La religione viene enumerata tra le parti della giustizia, che è una virtù morale.
La religione, come si è detto [ aa. 2,4 ], è la virtù che offre a Dio il culto che gli è dovuto.
Perciò nella religione si devono tenere presenti due cose.
Primo, ciò che viene offerto, ossia il culto: e questo costituisce la materia, o l'oggetto, della religione.
Secondo, colui al quale esso viene offerto, cioè Dio.
Ora, gli atti di culto non hanno Dio per oggetto come quando credendo in Dio raggiungiamo Dio stesso ( e per questo sopra [ q. 2, a. 2 ] abbiamo detto che Dio è oggetto della fede non solo perché crediamo Dio, ma anche perché crediamo a Dio ): si presta invece il debito culto a Dio in quanto certi atti con i quali Dio viene onorato, i sacrifici p. es., vengono fatti in ossequio a Dio.
Perciò è evidente che della virtù di religione Dio non è l'oggetto, ma il fine.
Quindi la religione non è una virtù teologale, avente per oggetto il fine ultimo, ma una virtù morale, avente per oggetto i mezzi ordinati al fine.
1. Le facoltà o le virtù che si applicano al fine comandano sempre le potenze o le virtù che si applicano ai mezzi relativi a tale fine.
Ora le virtù teologali, cioè la fede, la speranza e la carità, nei loro atti si applicano a Dio come al proprio oggetto.
Quindi causano col loro comando gli atti della virtù di religione, la quale compie certe cose in ordine a Dio.
Per questo S. Agostino dice che « Dio è onorato con la fede, la speranza e la carità ».
2. La religione ordina l'uomo a Dio considerandolo però non come oggetto, ma come fine.
3. La religione è una virtù non teologale, né intellettuale, ma morale, essendo una parte della giustizia.
E in essa il giusto mezzo non viene stabilito tra opposte passioni, ma secondo una certa uguaglianza tra le operazioni indirizzate a Dio.
Non si tratta però di un'uguaglianza assoluta, poiché a Dio non si può offrire quanto gli è dovuto, ma rapportata alle capacità dell'uomo e all'accettazione di Dio.
Ora, nelle cose attinenti al culto divino ci può essere un eccesso non per la quantità, ma per altre circostanze: ad es. perché il culto divino viene prestato a colui al quale non va prestato, o quando non si deve, o secondo altre circostanze indebite.
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