Summa Teologica - II-II |
In 4 Sent., d. 25, q. 3, a. 2, sol. 1
Pare che non sia sempre illecito dare del danaro per i sacramenti.
1. Come vedremo nella Terza Parte [ q. 63, a. 6; q. 68, a. 6; q. 73, a. 3 ], il battesimo è « la porta dei sacramenti ».
Ma in qualche caso pare che sia lecito dare del danaro per il battesimo: p. es. quando il sacerdote non volesse battezzare gratuitamente un bambino moribondo.
Quindi non è sempre illecito comprare o vendere i sacramenti.
2. Il più grande dei sacramenti è l'Eucaristia, che viene consacrata nella messa.
Ma per celebrare le messe alcuni sacerdoti riscuotono prebende o accettano danaro.
A maggior ragione, quindi, è lecito comprare o vendere gli altri sacramenti.
3. Il sacramento della penitenza è strettamente obbligatorio, e consiste soprattutto nell'assoluzione.
Ma nell'assolvere da certe scomuniche si esige del danaro.
Quindi non è sempre illecito comprare o vendere i sacramenti.
4. La consuetudine fa sì che non siano peccati cose che altrimenti sarebbero peccaminose: per cui S. Agostino [ Contra Faustum 22,47 ] può dire che avere più mogli « non era un peccato quando era una consuetudine ».
Ma in certi luoghi è consuetudine che nelle consacrazioni dei vescovi, nelle benedizioni degli abati e nelle ordinazioni dei chierici si dia qualcosa per il crisma, per l'olio santo e per altre cose del genere.
Per cui ciò non può essere illecito.
5. Può capitare che uno in maniera peccaminosa impedisca a un altro l'assunzione all'episcopato o a qualche altra dignità.
Ora, a tutti è lecito riscattarsi dall'ingiustizia.
Quindi in tal caso è lecito dare del danaro per l'episcopato, o per altre dignità ecclesiastiche.
6. Il matrimonio è un sacramento.
Eppure c'è chi versa danaro per il matrimonio.
Quindi è lecito far pagare i sacramenti.
Nei Canoni [ Decr. di Graz. 2,1,1,9 ] si legge: « Chi dietro versamento di danaro avrà consacrato qualcuno, sia deposto dall'ufficio sacerdotale ».
I sacramenti della nuova legge sono sommamente spirituali, essendo essi la causa della grazia spirituale, che non può essere valutata a prezzo di danaro e che per definizione non può non essere data gratuitamente.
I sacramenti però sono amministrati dai ministri della Chiesa, che il popolo ha il dovere di mantenere, secondo le parole dell'Apostolo [ 1 Cor 9,13 ]: « Non sapete che coloro che celebrano il culto traggono il vitto dal culto, e coloro che attendono all'altare hanno parte dell'altare? ».
Così dunque dobbiamo concludere che ricevere il danaro per la grazia spirituale dei sacramenti è un peccato di simonia, che non può essere giustificato da alcuna consuetudine: poiché « la consuetudine non può mai pregiudicare la legge naturale, o quella divina » [ Decretales 1,4,11 ].
Per danaro poi si deve intendere « tutto ciò che può essere valutato a prezzo di danaro », come precisa il Filosofo [ Ethic. 4,1 ].
- Invece non è simonia e non è peccato ricevere qualcosa per il sostentamento di coloro che amministrano i sacramenti, seguendo le norme della Chiesa e le consuetudini legittime: infatti queste offerte non vengono ricevute come una paga, ma come un contributo imposto dalla necessità.
Per cui, commentando quel passo di S. Paolo [ 1 Tm 5,17 ]: « I presbiteri che esercitano bene la presidenza », ecc., S. Agostino [ Glossa ord. ] afferma: « Ricevano il necessario sostentamento dal popolo, e dal Signore la ricompensa del loro ministero ».
1. In caso di necessità chiunque può battezzare.
E poiché non si deve peccare per nessun motivo, nel caso in cui il sacerdote non volesse battezzare gratuitamente si deve agire come se egli non ci fosse.
Per cui in questo caso potrebbe battezzare il bambino o il suo tutore, o un'altra persona qualunque.
- Uno potrebbe però lecitamente pagare al sacerdote l'acqua battesimale, che è un puro elemento corporeo.
Se invece a chiedere il battesimo fosse un adulto, e ci fosse un imminente pericolo di morte, e il sacerdote si rifiutasse di battezzarlo senza danaro, egli dovrebbe possibilmente farsi battezzare da un'altra persona.
E se non potesse ricorrere ad altri, in nessun modo dovrebbe pagare per il battesimo, ma piuttosto morire senza battesimo: poiché la mancanza del sacramento sarebbe supplita dal battesimo di desiderio.
2. Il sacerdote non accetta il danaro come paga per la consacrazione dell'Eucaristia o per la celebrazione della messa, il che sarebbe simonia, ma come contributo per il suo sostentamento, secondo le spiegazioni date [ nel corpo ].
3. Dagli scomunicati che vengono assolti si esige del danaro non come paga dell'assoluzione, il che sarebbe simoniaco, ma come pena della colpa precedente per cui essi furono scomunicati.
4. Come si è visto sopra [ Contra Faustum 22,47 ], « la consuetudine non può mai pregiudicare la legge naturale o quella divina », che proibisce la simonia.
Se quindi per consuetudine si esigesse qualcosa come compenso di un bene spirituale, con l'intenzione di comprare o di vendere, si commetterebbe simonia: specialmente poi se lo si esigesse contro la volontà del contribuente.
Se invece si riceve qualcosa come tributo imposto da una consuetudine legittima, non c'è simonia: però quando manca l'intenzione di comprare o di vendere, e si intende soltanto rispettare la consuetudine; il che vale soprattutto quando uno dà spontaneamente.
Ma in tutti questi casi bisogna evitare con cura tutto ciò che abbia l'aspetto di simonia o di cupidigia, secondo l'ammonizione dell'Apostolo [ 1 Ts 5,22 ]: « Astenetevi da ogni cosa che abbia parvenza di male ».
5. Sarebbe simonia ricorrere al danaro prima che uno abbia acquistato il diritto all'episcopato, o a qualsiasi altra dignità o prebenda, mediante l'elezione o la nomina, per rimuovere gli ostacoli degli oppositori: infatti così uno verrebbe a prepararsi col danaro la via per ottenere qualcosa di spirituale.
Ma dopo che uno ha acquistato tale diritto è lecito rimuovere col danaro gli ostacoli ingiustificati.
6. Alcuni affermano che nel caso del matrimonio sarebbe lecito dare del danaro, poiché in esso non verrebbe conferita la grazia.
- Ma ciò non è affatto vero, come vedremo nella Terza Parte [ cf. Suppl. q. 42, a. 3 ].
Perciò dobbiamo rispondere diversamente, e cioè che il matrimonio non è soltanto un sacramento della Chiesa, ma anche un compito naturale.
Quindi è lecito dare del danaro per il matrimonio in quanto è un compito naturale, mentre è illecito darlo in quanto è un sacramento della Chiesa.
Ed è per questo che i Canoni [ Decretales 5,3,9 ] proibiscono di esigere qualcosa per la benedizione delle nozze.
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