Summa Teologica - II-II |
Pare che l'avarizia sia il più grave dei peccati.
1. Nell'Ecclesiastico [ Sir 10,9 Vg ] si legge: « Non c'è nulla che sia più scellerato dell'avaro.
Non c'è nulla di più iniquo che amare il danaro: chi fa questo infatti vende anche l'anima sua ».
E Cicerone [ De off. 1,20 ] afferma: « Non c'è nulla di più meschino e di più vile che amare il danaro ».
Ma ciò è proprio dell'avarizia.
Quindi l'avarizia è il più grave dei peccati.
2. Un peccato è tanto più grave quanto più contrasta con la carità.
Ma l'avarizia contrasta con la carità nel modo più assoluto: infatti S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 36 ] afferma che « la cupidigia è il veleno della carità ».
Perciò l'avarizia è il più grave dei peccati.
3. Il fatto di essere incurabile aumenta la gravità del peccato: per cui i peccati contro lo Spirito Santo, che sono i più gravi, non possono essere rimessi.
Ma l'avarizia è un peccato incurabile, poiché secondo il Filosofo [ Ethic. 4,1 ] « la vecchiaia e qualsiasi indigenza rendono illiberali ».
Quindi l'avarizia è il più grave dei peccati.
4. L'Apostolo [ Ef 5,5 ] scrive che l'avarizia « è roba da idolatri ».
Ma l'idolatria va posta tra i peccati più gravi.
Quindi anche l'avarizia.
L'adulterio, come si legge nei Proverbi [ Pr 6,30ss ], è un peccato più grave del furto.
Ma il furto rientra nell'avarizia.
Quindi l'avarizia non è il più grave dei peccati.
Ogni peccato in quanto male consiste nella corruzione o nella privazione di un bene, mentre in quanto atto volontario consiste nel desiderio di un bene.
Perciò la gravità del peccato può essere considerata da due punti di vista.
Primo, in rapporto al bene che il peccato disprezza o distrugge: cosicché più grande è tale bene e più grave è il peccato.
E sotto questo aspetto i peccati più gravi sono quelli contro Dio; seguono i peccati contro la persona del prossimo, e finalmente vengono i peccati contro le cose esterne destinate all'uso dell'uomo, tra i quali rientra l'avarizia.
- Secondo, la gravità dei peccati può essere considerata in rapporto al bene a cui l'appetito dell'uomo si sottomette: più questo bene è inferiore, più il peccato è deforme; infatti è più vergognoso sottomettersi a un bene inferiore che a un bene superiore.
Ora, i beni esterni sono i beni infimi dell'uomo: essi infatti sono al disotto dei beni del corpo, i quali sono inferiori ai beni dell'anima, che a loro volta sono superati dal bene divino.
E sotto questo aspetto il peccato di avarizia, per il quale gli affetti umani sono dominati dai beni esterni, ha in qualche modo una deformità più grande.
Ma la gravità del peccato va giudicata più dal bene che viene distrutto che non dal bene a cui l'appetito si sottomette, poiché la distruzione o privazione di un bene è l'elemento formale del peccato, mentre la brama di un bene transitorio ne è l'elemento materiale.
Per cui si deve concludere che l'avarizia non è in senso assoluto il più grave dei peccati.
1. Quei testi insistono sulla gravità dell'avarizia quale sottomissione dell'appetito a dei beni inferiori.
Infatti l'Ecclesiastico porta questo motivo: perché l'avaro « vende la propria anima », in quanto per il danaro espone la sua anima, ossia la sua vita, a dei pericoli; e aggiunge: « perché già da vivo egli ha gettato via le sue viscere », cioè per guadagnare danaro.
E anche Cicerone riconosce che il sottomettersi al danaro « è una meschinità ».
2. In quel testo S. Agostino prende la cupidigia in senso più generico, come attaccamento a qualsiasi bene temporale, e non come avarizia.
Infatti la cupidigia di qualsiasi bene temporale è un veleno per la carità: poiché con l'aderire a tali beni l'uomo disprezza il bene divino.
3. Il peccato contro lo Spirito Santo e l'avarizia non sono incurabili alla stessa maniera.
Infatti il peccato contro lo Spirito Santo è incurabile per il disprezzo che implica: cioè per il fatto che uno disprezza la misericordia o la giustizia di Dio, o altri rimedi fatti per guarire l'uomo dal peccato.
Perciò questa incurabilità determina una maggiore gravità del peccato.
- Invece l'avarizia è incurabile per la defettibilità dell'uomo, cioè per le miserie a cui va incontro di continuo la natura umana: infatti più uno è menomato e più ha bisogno del sussidio dei beni esterni, per cui più facilmente cade nell'avarizia.
Perciò questa incurabilità non dimostra che il peccato è più grave, ma che in un certo senso è più pericoloso.
4. L'avarizia viene paragonata all'idolatria per una certa somiglianza che ha con essa: poiché, l'avaro, come anche l'idolatra, si sottomette alle creature esterne.
Però non allo stesso modo: l'idolatra infatti si sottomette a tali creature per offrire loro degli onori divini, mentre l'avaro si sottomette ad esse desiderandole in modo disordinato non per il culto, ma per farne uso.
Per cui non è detto che l'avarizia debba avere la stessa gravità dell'idolatria.
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