Summa Teologica - II-II |
In 4 Ethic., lectt. 3, 4
Pare che la prodigalità non sia un peccato.
1. L'Apostolo [ 1 Tm 6,10 ] afferma: « La cupidigia è la radice di tutti i mali ».
Ma non può essere la radice della prodigalità, che è il suo contrario.
Quindi la prodigalità non è un peccato.
2. L'Apostolo aggiunge ancora [ 1 Tm 6,17s ]: « Ai ricchi di questo mondo raccomanda di essere pronti a dare, di essere generosi ».
Ma i prodighi fanno proprio questo in maniera eccellente.
Perciò la prodigalità non è un peccato.
3. È proprio della prodigalità esagerare nel dare e difettare nella sollecitudine delle ricchezze.
Ma ciò conviene pienamente ai perfetti che adempiono le parole del Signore [ Mt 6,34; Mt 19,21 ]: « Non vi affannate per il domani »; « Vendi quello che possiedi e dallo ai poveri ».
Quindi la prodigalità non è un peccato.
Il Vangelo [ Lc 15,11ss ] biasima il figliol prodigo per la sua prodigalità.
Come si è già detto [ a. 1 ], la prodigalità si contrappone all'avarizia secondo l'eccesso e il difetto.
Ora, il giusto mezzo della virtù viene distrutto sia dall'eccesso che dal difetto, e d'altra parte una cosa è peccato perché distrugge il bene della virtù.
Quindi la prodigalità è un peccato.
1. Alcuni ritengono che l'Apostolo non parli della cupidigia in atto, ma di una certa cupidigia allo stato di abito, ossia della concupiscenza del fomite, da cui derivano tutti i peccati.
- Altri invece pensano che egli parli della cupidigia in genere in ordine a qualsiasi bene.
E allora risulta evidente che anche la prodigalità nasce dalla cupidigia: infatti il prodigo brama di conseguire disordinatamente un bene temporale, come il prestigio presso gli altri, oppure la soddisfazione di spendere a piacimento.
Ma a ben riflettere dobbiamo dire che l'Apostolo letteralmente qui parla della cupidigia delle ricchezze, poiché nel versetto precedente aveva detto: « Coloro che vogliono arricchire », ecc.
Egli quindi afferma che l'avarizia è la radice di tutti i mali: non perché tutti i mali nascano sempre dall'avarizia, ma perché non ce n'è uno che talora non nasca da essa.
Per cui anche la prodigalità talora nasce dall'avarizia: come quando uno sperpera prodigalmente dei beni con l'intenzione di ottenere il favore di persone da cui spera grandi ricchezze.
2. L'Apostolo esorta i ricchi a dare e a comunicare i loro beni, ma nel modo dovuto.
Non è così invece che agiscono i prodighi: poiché, come dice il Filosofo [ Ethic. 4,1 ], « le loro elargizioni non sono buone e non mirano al bene, né sono fatte nel modo dovuto, ma talora arricchiscono quelli che dovrebbero restare poveri, cioè gli istrioni e gli adulatori, mentre ai buoni non danno nulla ».
3. L'esagerazione della prodigalità risulta principalmente non dalla quantità di ciò che viene dato, ma dal fatto che non viene dato come si deve.
Per cui talvolta l'uomo liberale dà più del prodigo, se è necessario.
Così dunque coloro che danno tutti i loro beni per seguire Cristo, e tolgono dal loro animo ogni preoccupazione delle cose temporali, non sono dei prodighi, ma esercitano la liberalità nella maniera più perfetta.
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