Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se la prodigalità sia il contrario dell'avarizia

Supra, q. 113, a. 2, ad 2; In 4 Ethic., lect. 3

Pare che la prodigalità non sia il contrario dell'avarizia.

Infatti:

1. I contrari non possono trovarsi simultaneamente nel medesimo soggetto.

Ma alcuni sono insieme prodighi e illiberali.

Quindi la prodigalità non è il contrario dell'avarizia.

2. I contrari riguardano sempre una medesima cosa.

Ora l'avarizia, in quanto si contrappone alla liberalità, riguarda le passioni umane relative al danaro.

Invece la prodigalità non pare che riguardi queste passioni: essa infatti non si collega al danaro o ad altre cose del genere.

Quindi la prodigalità non si contrappone all'avarizia.

3. Come sopra [ I-II, q. 72, a. 3 ] si è visto, i peccati ricevono la loro specie principalmente dal fine.

Ora, la prodigalità è sempre ordinata a un fine illecito, per il quale sperpera gli averi, e specialmente è ordinata ai piaceri: infatti nel Vangelo [ Lc 15,13 ] si legge che il figliol prodigo « sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto ».

Perciò pare che la prodigalità si contrapponga più alla temperanza e all'insensibilità che all'avarizia e alla liberalità.

In contrario:

Il Filosofo [ Ethic. 2, 7; 4, 1 ] insegna che la prodigalità si contrappone alla liberalità e all'illiberalità, che noi chiamiamo avarizia.

Dimostrazione:

In morale l'opposizione dei vizi tra loro e con le virtù correlative è impostata sull'eccesso e il difetto.

Ora, l'avarizia e la prodigalità si contrappongono come l'eccesso e il difetto, ma in vari modi.

L'avaro infatti eccede nell'attaccamento alle ricchezze amandole più del dovuto, mentre il prodigo manca perché ne è meno sollecito di quanto si deve.

Al contrario invece rispetto agli atti esterni il prodigo eccede nel dare e difetta nel trattenere e nell'acquistare, mentre l'avaro difetta nel dare ed eccede nel prendere e nel trattenere.

Perciò è evidente che la prodigalità si contrappone all'avarizia.

Analisi delle obiezioni:

1. Nulla impedisce che nel medesimo soggetto si trovino qualità contrarie sotto aspetti diversi, pur essendo tale soggetto denominato dalla qualità che in esso prevale.

Ora, come nella liberalità, che costituisce il giusto mezzo tra questi due vizi, l'atto principale è il dare, a cui il prendere e il ritenere sono subordinati, così anche l'avarizia e la prodigalità vanno considerate principalmente in rapporto al dare.

Quindi chi eccede nel dare viene detto prodigo, mentre chi in ciò scarseggia viene detto avaro.

Ora, può capitare che uno non dia abbastanza, senza però prendere più del dovuto, come nota il Filosofo [ Ethic. 4,1 ].

Parimenti può darsi che uno esageri nel dare, e quindi sia prodigo, e insieme esageri nel prendere.

O per necessità: poiché esagerando nel dare vengono a mancare le risorse, e quindi si è costretti a illeciti acquisti, cadendo nell'avarizia.

Oppure per il disordine spirituale: poiché coloro che danno, ma non per il bene, disprezzando la virtù non si peritano di prendere in qualsiasi modo [ ib. ].

E così essi sono prodighi e avari, ma non sotto il medesimo aspetto.

2. La prodigalità riguarda anch'essa la passione del danaro, però non pecca per eccesso, ma per difetto.

3. Il prodigo esagera nel dare, non sempre però per i piaceri, che sono oggetto dell'intemperanza, ma talora perché è del tutto trascurato verso le ricchezze, oppure per altri motivi.

Ordinariamente però i prodighi si orientano verso l'intemperanza: sia perché spendendo a profusione per altre cose non hanno ritegno a spendere anche per i piaceri, ai quali soprattutto inclina la concupiscenza della carne, sia anche perché non gustando il bene della virtù cercano un compenso nei piaceri corporali.

Per cui il Filosofo [ ib. ] afferma che « molti prodighi diventano intemperanti ».

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