Summa Teologica - II-II |
De Malo, q. 13, a. 2, ad 10; In 4 Ethic., lect. 4
Pare che la prodigalità sia un peccato più grave dell'avarizia.
1. Con l'avarizia uno danneggia il prossimo, al quale non comunica i propri beni, ma con la prodigalità uno danneggia se stesso: infatti il Filosofo [ Ethic. 4,1 ] afferma che « la distruzione delle ricchezze, mediante le quali l'uomo vive, è una specie di suicidio ».
Ora, chi fa del male a se stesso pecca più gravemente, come si rileva dalle parole [ Sir 14,5 ]: « Chi è cattivo con se stesso, con chi si mostrerà buono? ».
Quindi la prodigalità è un peccato più grave dell'avarizia.
2. Il disordine che è accompagnato da una circostanza lodevole è meno peccaminoso.
Ma il disordine dell'avarizia è più volte accompagnato da una circostanza lodevole: come è evidente nel caso di coloro che non vogliono né dispensare i loro beni, né prendere la roba altrui.
Invece la prodigalità è accompagnata da una circostanza aggravante: poiché secondo il Filosofo [ l. cit. ] « la prodigalità noi l'attribuiamo a chi è intemperante ».
Quindi la prodigalità è un peccato più grave dell'avarizia.
3. La prudenza è la prima tra le virtù morali, come si è visto sopra [ q. 56, a. 1, ad 1; I-II, q. 61, a. 2, ad 1 ].
Ora, la prodigalità è in contrasto con la prudenza più dell'avarizia, poiché nei Proverbi [ Pr 21,20 ] si legge: « Tesori preziosi e profumi sono nella dimora del saggio, ma l'imprudente dilapida tutto »; e il Filosofo [ l. cit. ] insegna che « è proprio dello stolto dare a profusione senza nulla ricevere ».
Quindi la prodigalità è un peccato più grave dell'avarizia.
Il Filosofo [ ib. ] afferma che il prodigo « Pare essere assai migliore dell'avaro ».
Considerata in se stessa la prodigalità è un peccato meno grave dell'avarizia.
E ciò per tre motivi.
Primo, perché l'avarizia si allontana maggiormente dalla virtù contraria.
Infatti alla liberalità è più consono il dare, in cui esagera il prodigo, che non il prendere e il trattenere, in cui esagera l'avaro.
Secondo, perché, come dice Aristotele [ ib. ], « il prodigo è utile a molti » cioè alle persone a cui dà, « mentre l'avaro non è utile ad alcuno e neppure a se stesso ».
Terzo, perché la prodigalità è più curabile.
Sia perché si va verso la vecchiaia, che è contraria alla prodigalità.
Sia perché sperperando inutilmente grandi somme si giunge presto all'indigenza, per cui il prodigo caduto nella miseria non può più eccedere nel dare.
Sia infine perché il prodigo può essere più facilmente ricondotto alla virtù, data l'affinità che ha con essa.
- Invece l'avaro non è facilmente curabile, per le ragioni già indicate [ q. 118, a. 5, ad 3 ].
1. La differenza tra il prodigo e l'avaro non dipende dal fatto che l'uno pecca contro se stesso e l'altro contro il prossimo.
Infatti il prodigo pecca contro se stesso sciupando le proprie sostanze, con le quali deve vivere, ma pecca anche contro il prossimo, sciupando i beni con i quali dovrebbe provvedere ai bisogni altrui.
E ciò è particolarmente evidente nel caso dei chierici, che essendo i dispensatori dei beni della Chiesa, che appartengono ai poveri, defraudano questi ultimi con le loro prodigalità.
Parimenti anche l'avaro pecca contro il prossimo rifiutando di dare, ma pecca pure contro se stesso rifiutando di spendere a sufficienza, per cui è scritto [ Qo 6,2 ]: « A uno Dio ha concesso delle ricchezze, ma non gli concede di poterne godere ».
Tuttavia il prodigo ha questo vantaggio, che pur facendo del male a se stesso e ad altri, almeno giova a qualcuno.
Invece l'avaro non giova né agli altri né a se stesso: inquantoché non osa adoperare i propri beni neppure a suo vantaggio.
2. Quando parliamo dei vizi in astratto dobbiamo giudicarli in base al loro elemento costitutivo: così consideriamo la prodigalità quale sperpero eccessivo delle ricchezze, e l'avarizia quale attaccamento eccessivo ad esse.
Ora, il fatto che uno sperperi il danaro per intemperanza già richiama una pluralità di peccati: per cui tali prodighi sono peggiori, come nota Aristotele [ l. cit. ].
Il fatto poi che un avaro si astenga dal prendere la roba altrui, sebbene sia lodevole in se stesso, è tuttavia riprovevole per il motivo che lo determina, poiché costui non vuole ricevere alcunché da nessuno per non essere costretto a dare agli altri.
3. Tutti i vizi sono contro la prudenza, dal momento che tutte le virtù sono governate da essa.
E così un vizio che si contrappone soltanto alla prudenza è da considerarsi meno grave.
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