Summa Teologica - II-II |
In 3 Sent., d. 33, q. 3, a. 3, sol. 1
Pare che la fiducia non rientri nella magnanimità.
1. Uno può avere fiducia non solo in se stesso, ma anche negli altri, secondo le parole di S. Paolo [ 2 Cor 3,4s ]: « Questa è la fiducia che abbiamo per mezzo di Cristo, davanti a Dio.
Non però che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi ».
Ma ciò pare essere contro la natura della magnanimità.
Quindi la fiducia non rientra in quest'ultima.
2. La fiducia è il contrario del timore, come risulta da quel passo di Isaia [ Is 12,2 ]: « Agirò con fiducia e non avrò timore ».
Ma essere senza timore appartiene piuttosto alla fortezza.
Quindi anche la fiducia rientra più nella fortezza che nella magnanimità.
3. Il premio è dovuto solo alla virtù.
Ora, alla fiducia è dovuto il premio: poiché secondo S. Paolo [ Eb 3,6 ] « noi siamo abitazione di Cristo se conserviamo salda sino alla fine la fiducia e la speranza ».
Quindi la fiducia è una virtù distinta dalla magnanimità.
- Il che risulta anche dal fatto che Macrobio [ Sup. somn. Scip. 1,8 ] la enumera come distinta.
Cicerone [ De invent. 2,54 ] mette la fiducia al posto della magnanimità, come sopra [ q. 128, ad 6 ] si è notato.
Il termine fiducia deriva da fede.
Ma è proprio della fede credere qualcosa e credere a qualcuno.
D'altra parte la fiducia appartiene alla speranza, secondo le parole della Scrittura [ Gb 11,18 ]: « Ti sentirai fiducioso per la speranza che hai dinanzi ».
Perciò il primo significato del termine fiducia pare indicare il fatto che uno concepisce una speranza in quanto crede alle parole di chi gli promette di aiutarlo.
- Ma poiché si denomina fede anche un'opinione tenace, e quest'ultima è determinata non solo dalle parole di un altro, ma anche dalla stima delle sue qualità, si può di conseguenza chiamare fiducia anche il fatto che uno concepisce la speranza di una cosa in base alla considerazione di un aspetto della realtà.
Aspetto che talora uno riscontra in se stesso, come quando ad es. vedendosi sano uno spera di vivere a lungo, e talora in altri, come quando uno ad es., considerando che un potente è suo amico, concepisce la fiducia di essere da lui aiutato.
- Ora, sopra [ a. 1, ad 2 ] abbiamo detto che la magnanimità propriamente ha di mira la speranza di cose ardue.
Poiché dunque la fiducia implica una certa saldezza della speranza, derivante da considerazioni che determinano una tenace opinione di poter conseguire un bene, è chiaro che la fiducia rientra nella magnanimità.
1. Come spiega il Filosofo [ Ethic. 4,3 ], è proprio del magnanimo « non aver bisogno di nulla », poiché l'indigenza è propria dei miseri.
Ciò però va inteso secondo il modo umano: infatti egli aggiunge: « o quasi ».
Poiché non aver bisogno assolutamente di nulla è al di là dell'umano.
Infatti ogni uomo ha bisogno prima di tutto dell'aiuto di Dio, e secondariamente anche dell'aiuto umano, essendo l'uomo per natura un animale socievole che non può bastare a se stesso per vivere.
Perciò il magnanimo, in quanto ha bisogno degli altri, è portato ad avere fiducia in essi: poiché contribuisce all'eccellenza di un uomo anche il fatto di avere a disposizione chi può aiutarlo.
Ma nella misura in cui uno può agire da se stesso, il magnanimo ha fiducia in se stesso.
2. Come già si è detto nel trattato sulle passioni [ I-II, q. 23, a. 2; q. 40, a. 4 ], la speranza si contrappone direttamente alla disperazione, che si riferisce al medesimo oggetto, cioè al bene; si contrappone però anche al timore, che ha per oggetto il male, per la contrarietà dei rispettivi oggetti.
Ora, la fiducia implica un vigore particolare della speranza.
Perciò essa è contraria al timore, come anche la speranza.
Ma dato che la fortezza propriamente irrobustisce l'uomo contro il male, mentre la magnanimità lo irrobustisce nel raggiungimento del bene, è chiaro che propriamente la fiducia rientra più nella magnanimità che nella fortezza.
Siccome tuttavia la speranza causa l'audacia, che appartiene alla fortezza, ne risulta che la fiducia indirettamente è implicita anche nella fortezza.
3. La fiducia, come si è visto [ nel corpo ], implica una modalità della speranza: essa infatti è la speranza rafforzata da una salda convinzione.
Ora, la modalità di un sentimento può contribuire al valore di un atto, così da renderlo meritorio, ma non può porlo nella specie di una data virtù, che dipende invece dalla sua materia.
Perciò a rigore di termini la fiducia non può indicare una data virtù, ma una sua modalità.
E così essa viene enumerata tra le parti della fortezza non come una virtù annessa ( a meno di non prenderla con Cicerone [ l. cit. nel s. c. ] come l'equivalente della magnanimità ), ma come una delle sue parti integranti, secondo quanto si è detto [ q. 128 ].
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