Summa Teologica - II-II |
Infra, q. 152, a. 3; In 4 Sent., d. 17, q. 3, a. 2, sol. 3
Pare che la magnificenza non sia una virtù speciale.
1. E proprio della magnificenza fare qualcosa di grande.
Ma ciò può dirsi di qualsiasi virtù allo stato perfetto: come chi possiede una grande temperanza fa grandi atti di temperanza.
Quindi la magnificenza non è una virtù speciale, ma indica lo stato perfetto di qualsiasi virtù.
2. Fare una cosa e tendere ad essa spetta al medesimo principio.
Ora, tendere alle cose grandi spetta alla magnanimità, come sopra [ q. 129, a. 1 ] si è visto.
Spetta quindi alla magnanimità anche fare cose grandi.
Quindi la magnificenza non è una virtù distinta dalla magnanimità.
3. La magnificenza pare che rientri nella santità: infatti nell'Esodo [ Es 15,11 ] si legge: « Magnifico nella santità »; e nei Salmi [ Sal 96,6 ]: « Santità e magnificenza nel suo santuario ».
Ma la santità si identifica con la religione, come sopra [ q. 81, a. 8 ] si è visto.
Quindi anche la magnificenza si identifica con la religione.
E così non è una virtù specificamente distinta dalle altre.
Il Filosofo [ Ethic. 2,7; 4,2 ] la enumera fra le altre virtù specifiche.
È proprio della magnificenza il fare qualcosa di grande [ magnum ], come dice il nome stesso.
Però il termine fare può essere preso in due sensi: in senso proprio e in senso generico.
Ora, fare in senso proprio significa compiere qualcosa nella materia esterna: p. es. costruire una casa.
Invece in senso generico fare sta per qualsiasi azione: sia essa transitiva, come bruciare e segare, sia essa intransitiva e immanente in chi la compie, come intendere e volere.
Se quindi la magnificenza sta a indicare il compimento di cose grandi nel significato proprio del termine fare, allora la magnificenza è una virtù speciale.
Infatti ciò che è fattibile è prodotto dall'arte; e nell'esercizio di questa è possibile riscontrare una bontà particolare nel fatto che i suoi prodotti hanno una certa grandezza, o di proporzioni, o di valore, o di dignità: il che è l'oggetto della magnificenza.
Ora, presa in questo senso la magnificenza è una virtù speciale.
Se invece per magnificenza si intende il fare cose grandi prendendo il termine fare in senso generico, allora la magnificenza non è una virtù speciale.
1. È proprio di ogni virtù perfetta fare qualcosa di grande nel suo genere se si prende il termine fare in senso generico, non già in senso proprio: poiché ciò appartiene alla magnificenza.
2. Alla magnanimità, come nota il Filosofo [ Ethic. 4,3 ], non spetta solamente il tendere a cose grandi, ma anche « il compiere ciò che è grande in ogni virtù », facendo o agendo in qualsiasi modo: limitandosi però al solo aspetto specifico della grandezza.
Invece le altre virtù, se sono allo stato perfetto, non hanno come oggetto principale ciò che è grande, ma il loro oggetto proprio: per cui l'eventuale grandezza deriva dalla perfezione di tali virtù.
Alla magnificenza poi, da parte sua, spetta non solo il fare cose grandi nel senso proprio del termine fare, ma anche il tendere a fare cose grandi.
Per cui Cicerone [ De invent. 2,54 ] ha scritto che « la magnificenza è il disegno e l'esecuzione di cose grandi e sublimi con ampiezza e splendidezza di propositi », indicando nel « disegno » l'intenzione interiore, e nell'« esecuzione » l'opera esterna.
Come quindi la magnanimità ha di mira ciò che è grande in ogni materia, così la magnificenza lo ha di mira nelle cose fattibili.
3. La magnificenza mira a compiere opere grandi.
Ma le opere umane sono ordinate a un fine, e d'altra parte nessun fine è così grande come l'onore di Dio.
Ne risulta quindi che la magnificenza compie le opere grandi specialmente a onore di Dio.
Scrive infatti il Filosofo [ Ethic. 4,2 ] che « le spese onorifiche sono soprattutto quelle che riguardano i sacrifici agli dèi; e il magnifico si esercita specialmente in esse ».
Ed è per questo che la magnificenza è affine alla santità: poiché il suo effetto è ordinato principalmente alla religione, o santità.
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