Summa Teologica - II-II |
I-II, q. 70, a. 3; In Rom., c. 8, lect. 5; In Heb., c. 10, lect. 4
Pare che la pazienza si identifichi con la longanimità.
1. S. Agostino [ De pat. 1 ] afferma che si attribuisce a Dio la pazienza non perché sopporta qualche male, ma perché « aspetta che i cattivi si convertano », secondo le parole della Scrittura [ Sir 5,4 ]: « Il Signore è longanime nel retribuire ».
Perciò la pazienza si identifica con la longanimità.
2. Un'unica cosa non può avere due contrari.
Ora, l'impazienza è contraria alla longanimità, che consiste nell'aspettare: infatti si dice che uno è « impaziente di indugi », oppure di altri mali.
Quindi la pazienza si identifica con la longanimità.
3. Il tempo è una circostanza dei mali da sopportare esattamente come il luogo.
Ma per il luogo non viene indicata una virtù distinta dalla pazienza.
Perciò neppure la longanimità, che si desume da una circostanza di tempo, cioè dall'aspettare a lungo, è distinta dalla pazienza.
Nel commentare quel testo di S. Paolo [ Rm 2,4 ]: « O tu ti prendi gioco della ricchezza della sua bontà, della sua pazienza e della sua longanimità? », la Glossa [ P. Lomb. ] afferma: « Pare che la longanimità differisca dalla pazienza, poiché si dice che sono sopportati con longanimità quelli che peccano più per fragilità che per malizia, mentre sono sopportati con pazienza quelli che ostinatamente si compiacciono nei loro peccati ».
Come la magnanimità indica la propensione dell'animo verso cose grandi, così la longanimità indica il tendere dell'animo verso cose distanti.
Come quindi la magnanimità, così anche la longanimità riguarda più la speranza, che ha per oggetto il bene, che non l'audacia, il timore o la tristezza, che hanno per oggetto il male.
Quindi la longanimità è più affine alla magnanimità che alla pazienza.
Tuttavia essa può rientrare nella pazienza per due motivi.
Primo, perché la pazienza, come anche la fortezza, sopporta il male in vista di un bene; il che però è più facile a sopportarsi se il bene è prossimo, mentre è più difficile se il bene viene lungamente differito, e al presente bisogna invece sopportare il male.
Secondo, perché la stessa dilazione del bene sperato è fatta per ingenerare tristezza, secondo la sentenza dei Proverbi [ Pr 13,12 ]: « Un'attesa troppo prolungata fa male al cuore ».
Per cui anche nel sopportare questa afflizione ci può essere la pazienza, come nel sopportare qualsiasi altro dolore.
Così dunque tanto la longanimità quanto la costanza rientrano nella pazienza: poiché la dilazione del bene sperato, oggetto della longanimità, e la fatica che viene affrontata nel compiere un'opera buona, oggetto della costanza, presentano l'aspetto di mali rattristanti.
Per cui anche Cicerone [ De invent. 2,54 ] dice nella sua definizione che « la pazienza è la sopportazione volontaria e prolungata di cose ardue e difficili per un fine utile e onesto ».
E qui l'arduità riguarda la costanza nel bene, la obiezioni indica la gravità del male, che è l'oggetto proprio della speranza, e la durata si riferisce alla longanimità in quanto coincide con la pazienza.
1. 2. Sono così risolte la prima e la seconda obiezioni.
3. Ciò che è lontano secondo il luogo, sebbene sia distante da noi, non è tuttavia lontano dalla realtà come ciò che è lontano nel tempo.
Perciò il paragone non regge.
- Inoltre ciò che è lontano localmente non presenta obiezioni se non per il tempo, poiché più è lontano e più tarda ad arrivare a noi.
4. [ S. c. ] L'argomento in contrario lo accettiamo.
Tuttavia bisogna precisare il motivo della distinzione assegnata dalla Glossa.
Poiché in coloro che peccano per fragilità è intollerabile solo il fatto che perseverino lungamente nel male: e così si dice che sono sopportati con longanimità.
Invece che uno pecchi per superbia è una cosa intollerabile per se stessa: per cui quanti peccano per superbia si dice che sono sopportati con pazienza.
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