Summa Teologica - II-II

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Articolo 4 - Se la pazienza sia una parte [ potenziale ] della fortezza

Supra, q. 123; In 3 Sent., d. 33, q. 3, a. 3, sol. 1, ad 3

Pare che la pazienza non sia una parte [ potenziale ] della fortezza.

Infatti:

1. Una cosa non può essere parte di se medesima.

Ora, la pazienza si identifica con la fortezza: poiché l'atto proprio della fortezza, come si è visto [ q. 123, a. 6 ], è il sopportare; e questo è anche il compito della pazienza.

Infatti nelle Sentenze di S. Prospero [ cf. Greg. M., In Evang. hom. 35, 4 ] si legge che la pazienza consiste « nel sopportare i mali che riceviamo da altri ».

Quindi la pazienza non è tra le parti della fortezza.

2. La fortezza ha per oggetto il timore e l'audacia, come si è visto [ q. 123, a. 3 ]: per cui risiede nell'irascibile.

Ma la pazienza ha per oggetto le sofferenze, e quindi risiede nel concupiscibile.

Dunque la pazienza non è tra le parti della fortezza, ma piuttosto della temperanza.

3. Il tutto non può stare senza le sue parti.

Se quindi la pazienza fosse una parte della fortezza, questa non potrebbe mai trovarsi senza la pazienza; invece i forti talvolta non sopportano il male con pazienza, ma piuttosto aggrediscono chi fa il male.

Quindi la pazienza non è tra le parti della fortezza.

In contrario:

Cicerone [ De invent. 2,54 ] la enumera tra le parti della fortezza.

Dimostrazione:

La pazienza è una parte potenziale della fortezza, poiché si affianca ad essa come una virtù secondaria.

Infatti è proprio della pazienza « il sopportare con animo sereno i mali che ci vengono dagli altri », come dice S. Gregorio [ In Evang. hom. 35,4 ].

Ora, tra i mali che ci sono inflitti dagli altri vengono per primi, e sono più difficili a sopportarsi, quelli che implicano un pericolo di morte: e questi sono oggetto della fortezza.

È quindi evidente che in questa materia la fortezza occupa il primo posto, avendo essa di mira l'oggetto principale in questo campo.

Quindi la pazienza è ad essa subordinata come una virtù secondaria alla principale.

Analisi delle obiezioni:

1. La fortezza ha il compito di sopportare non qualsiasi male, ma quelli che sono sommamente difficili a sopportarsi, cioè i pericoli di morte.

La pazienza invece ha il compito di sopportare qualsiasi male.

2. L'atto della fortezza non consiste solo nel resistere al timore dei pericoli futuri, ma anche nel non cedere alle tristezze e ai dolori presenti: e da questo lato la fortezza si confonde con la pazienza.

Tuttavia la fortezza ha di mira principalmente il timore, che per sua natura spinge alla fuga e che la fortezza supera.

La pazienza invece ha per oggetto principalmente i dolori: infatti si dice che uno è paziente non perché non fugge, ma perché sopporta lodevolmente quanto lo affligge, senza addolorarsi eccessivamente.

Quindi la fortezza risiede propriamente nell'irascibile, mentre la pazienza risiede nel concupiscibile.

Il che però non impedisce che la pazienza sia tra le parti della fortezza: poiché la subordinazione di una virtù a un'altra non dipende dalla sua sede, ma dall'oggetto, o dalla forma.

La pazienza non è invece tra le parti della temperanza, sebbene ambedue risiedano nel concupiscibile.

Poiché la temperanza ha per oggetto solo le privazioni, o le tristezze, che si oppongono ai piaceri del tatto, p. es. a quelle relative alla privazione del cibo o dei piaceri venerei, mentre la pazienza ha per oggetto le sofferenze o le tristezze che provengono dagli altri.

E ancora la temperanza ha il compito di frenare queste tristezze, come pure i piaceri contrari, mentre la pazienza fa sì che un uomo non abbandoni il vero bene della virtù per quanto grandi siano le tristezze o i dolori suddetti.

3. La pazienza può essere considerata una parte integrante della fortezza sotto un certo aspetto, su cui fa forza l'argomento: cioè in quanto uno sopporta pazientemente i pericoli di morte.

Il fatto poi che uno aggredisca chi compie il male non è incompatibile con la pazienza quando ciò è richiesto: poiché, come dice il Crisostomo [ Op. imp. in Mt hom. 5, su 4,10 ], « è una cosa lodevole essere pazienti nelle ingiurie fatte a noi, ma sopportare con troppa pazienza le ingiurie fatte a Dio è una cosa empia ».

E S. Agostino [ Epist. 138,2 ] insegna che il precetto della pazienza non si oppone al bene dello stato, per difendere il quale si devono combattere i nemici.

- In quanto invece ha per oggetto tutti gli altri mali la pazienza è annessa alla fortezza come una virtù secondaria alla principale.

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