Summa Teologica - II-II |
De Malo, q. 8, a. 1; q. 13, a. 3; q. 14, a. 4
Pare che la gola non sia un vizio capitale.
1. Si dicono capitali quei vizi da cui, come da cause finali, ne nascono altri.
Ora il cibo, che è oggetto della golosità, non ha l'aspetto di fine: poiché non è cercato per se stesso, ma per il nutrimento.
Quindi la gola non è un vizio capitale.
2. Un vizio capitale ha una certa priorità come peccato.
Ma ciò non si addice alla gola, che per il suo genere è il più piccolo dei peccati, avvicinandosi più di ogni altro a ciò che è secondo natura.
Quindi la gola non è un vizio capitale.
3. Il peccato è provocato dal fatto che uno abbandona il bene onesto per un bene utile o dilettevole.
Ora, per i beni utili non c'è che un vizio capitale, cioè l'avarizia.
Quindi anche per i piaceri ci deve essere un solo vizio capitale.
Ma c'è già la lussuria, che è un vizio più grave della gola e ha per oggetto piaceri più grandi.
Quindi la gola non è un vizio capitale.
S. Gregorio [ Mor. 31,45 ] enumera la gola tra i vizi capitali.
Come si è già spiegato [ I-II, q. 84, aa. 3,4 ], si dice capitale quel vizio da cui nascono, come da causa finale, altri vizi: in quanto cioè esso ha un fine molto appetibile, per cui dal desiderio di esso gli uomini sono sollecitati a peccare in più modi.
Ora, un fine è reso molto appetibile dal fatto che attua una delle condizioni della felicità, che è desiderabile per sua natura.
Ma il piacere rientra nell'essenza della felicità, come nota Aristotele [ Ethic. 1,8; 10,7 ].
Perciò il vizio della gola, che ha per oggetto i piaceri del tatto, che sono i più intensi, è posto giustamente tra i vizi capitali.
1. Il cibo certamente è ordinato a un fine: ma poiché questo fine, che è la conservazione della vita, è sommamente desiderabile, e d'altra parte non può essere ottenuto senza il cibo, ne viene che il cibo stesso è sommamente appetibile: per cui quasi tutte le fatiche della vita umana sono ordinate ad esso, come dice la Scrittura [ Qo 6,7 ]: « Tutta la fatica dell'uomo è per la bocca ».
- E tuttavia la gola pare avere per oggetto più i piaceri del cibo che il cibo stesso.
Per cui, come dice S. Agostino [ De vera relig. 53.102 ], « coloro che disprezzano la propria salute preferiscono mangiare », per il piacere che vi trovano, « piuttosto che sentirsi sazi: poiché il non sentire la fame e la sete è la fine di questi piaceri ».
2. Nei peccati il fine viene desunto da ciò che è cercato, la gravità invece dal bene da cui ci si allontana.
Perciò non è detto che un vizio capitale che ha un fine sommamente appetibile debba essere particolarmente grave.
3. Il piacere è appetibile per se stesso.
Quindi secondo le due specie che in esso si riscontrano si hanno due vizi capitali, cioè la gola e la lussuria.
- Invece il bene utile non è appetibile per se stesso, ma per le cose a cui è ordinato.
Perciò in tutte le cose utili si riscontra un'unica ragione di appetibilità.
E così non si ha in questo caso che un solo vizio capitale.
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