Summa Teologica - II-II |
I-II, q. 46, a. 6; De Malo, q. 12, a. 4
Pare che l'ira sia il più grave dei peccati.
1. Il Crisostomo [ In Ioh. hom. 48 ] afferma che « nulla è più orribile di un uomo adirato, nulla è più deforme del suo viso rabbioso, e più ancora della sua anima ».
Quindi l'ira è il più grave dei peccati.
2. Un peccato è tanto più grave quanto più è nocivo: poiché secondo S. Agostino [ Enchir. 12.38 ] « si dice cattivo ciò che nuoce ».
Ma la cosa che più nuoce è appunto l'ira, dato che toglie all'uomo la ragione, mediante la quale egli è padrone di se stesso: infatti il Crisostomo [ l. cit. ] afferma che « tra l'ira e la follia non c'è differenza, ma l'ira è come un demonio passeggero, più indomabile di quello di un ossesso ».
Quindi l'ira è il più grave dei peccati.
3. I sentimenti interni vengono giudicati in base ai loro effetti esterni.
Ora, uno degli effetti dell'ira è l'omicidio, che è un peccato gravissimo.
Perciò anche l'ira è un peccato gravissimo.
L'ira sta all'odio come una pagliuzza a una trave, secondo S. Agostino [ Epist. 211 ]: « Che l'ira non diventi odio, e non faccia di una pagliuzza una trave ».
Quindi l'ira non è il più grave dei peccati.
Il disordine dell'ira può dipendere, come si è visto [ aa. 2,3 ], da due cose, cioè da ciò che con essa si desidera e dal modo in cui ci si adira.
Quanto dunque all'oggetto che l'adirato desidera, l'ira è tra i peccati minori.
L'ira infatti desidera il male fisico di una persona sotto l'aspetto di un bene, cioè della vendetta.
Perciò da questo lato l'ira fa parte di quei peccati che desiderano il male del prossimo, come l'invidia e l'odio: mentre però chi odia desidera il male di una persona direttamente in quanto male, e l'invidioso lo desidera per il desiderio della propria gloria, l'adirato vuole il male altrui sotto l'aspetto della giusta vendetta.
Dal che risulta evidente che l'odio è più grave dell'invidia, e l'invidia è più grave dell'ira: poiché desiderare il male sotto l'aspetto di male è peggio che desiderarlo sotto l'aspetto di bene; e desiderare il male sotto l'aspetto di un bene esterno, come l'onore o la gloria, è peggio che desiderarlo sotto l'aspetto della rettitudine della giustizia.
Dalla parte invece del bene sotto il cui aspetto l'adirato desidera il male, l'ira si affianca ai peccati di concupiscenza, che hanno di mira un bene.
E anche da questo lato, assolutamente parlando, il peccato di ira è meno grave dei peccati di concupiscenza: cioè nella misura in cui il bene della giustizia, che è bramato da chi si adira, è superiore al bene dilettevole o utile, bramato dalla concupiscenza.
Per cui il Filosofo [ Ethic. 7,6 ] afferma che « è più vergognosa l'incontinenza nella concupiscenza che l'incontinenza nell'ira ».
Rispetto infine al disordine dovuto al modo in cui ci si adira, l'ira ha un certo primato per la violenza e l'immediatezza dei suoi moti, come accenna la Scrittura [ Pr 27,4 ]: « L'ira non ha misericordia, né il furore impetuoso; e chi potrà reggere all'impeto di un uomo concitato? ».
Da cui le parole di S. Gregorio [ Mor. 5,45 ]: « Acceso dall'impeto dell'ira il cuore palpita, il corpo trema, la lingua si inceppa, la faccia si infiamma, gli occhi si stravolgono e non si riconoscono più le persone; con la bocca uno forma delle grida, ma non capisce più il senso di ciò che dice ».
1. Il Crisostomo parla della deformità relativa agli atteggiamenti esterni provocati dall'ira.
2. La obiezioni tratta del disordine provocato dalla violenza dei moti dell'ira, di cui abbiamo parlato [ nel corpo ].
3. L'omicidio, oltre che dall'ira, deriva pure dall'odio e dall'invidia.
L'ira però è meno grave, avendo di mira un motivo di giustizia, come si è notato [ ib. ].
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