Summa Teologica - II-II |
Infra, a. 6, ad 1; In Philipp., c. 2, lect. 1
Pare che per umiltà l'uomo non debba mettersi al disotto di tutti.
1. L'umiltà, come si è detto [ a. 2, ad 3 ], consiste specialmente nella sottomissione dell'uomo a Dio.
Ma ciò che è dovuto a Dio non va prestato all'uomo: come è evidente per gli atti di latria.
Quindi l'uomo non si deve sottomettere per umiltà ad altri uomini.
2. S. Agostino [ De nat. et gratia 34.38 ] afferma: « L'umiltà deve rientrare nella verità e non nella falsità ».
Ora, alcuni sono nel grado più alto, per cui se si sottomettessero ai loro inferiori non potrebbero farlo senza falsità.
Quindi l'umiltà non obbliga a mettersi al disotto di tutti.
3. Nessuno deve fare ciò che mette in pericolo l'altrui salvezza.
Ma sottomettendosi agli altri per umiltà talora uno provoca un danno alla persona a cui si sottomette, la quale potrebbe cadere nella superbia o nel disprezzo, secondo l'osservazione di S. Agostino [ Epist. 211 ]: « Volendo troppo osservare l'umiltà, si compromette la forza dell'autorità ».
Perciò l'uomo per umiltà non è tenuto a mettersi al di sotto di tutti.
S. Paolo [ Fil 2,3 ] ammonisce: « Ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso ».
In ogni individuo si possono considerare due cose: ciò che appartiene a Dio e ciò che appartiene all'uomo.
All'uomo appartiene ogni difetto, a Dio invece tutto ciò che vale per la salvezza e la perfezione, secondo le parole della Scrittura [ Os 13,9 Vg ]: « Tu sei la tua rovina, o Israele; solo in me sta il tuo aiuto ».
Ora l'umiltà, come si è detto [ a. 1, ad 5; a. 2, ad 3 ], riguarda propriamente la riverenza con la quale l'uomo si sottomette a Dio.
Quindi ciascun uomo, secondo ciò che gli appartiene, deve mettersi al disotto di qualsiasi altra persona rispetto ai doni di Dio che sono in essa.
L'umiltà però non richiede che uno metta i doni che egli stesso ha ricevuto al disotto dei doni di Dio che scorge in [ qualsiasi ] altro.
Infatti chi è partecipe dei doni di Dio ha la coscienza di averli, come si rileva dalle parole di S. Paolo [ 1 Cor 2,12 ]: « Per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato ».
Quindi, senza pregiudizio per l'umiltà, si possono preferire i doni ricevuti da noi a quelli che ci risultano conferiti ad altri; come fa l'Apostolo scrivendo agli Efesini [ Ef 3,5 ]: « Questo mistero non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come al presente è stato rivelato ai suoi santi Apostoli ».
Parimenti l'umiltà non esige che uno metta se stesso, quanto a ciò che è suo, al disotto di ciò che è umano nel prossimo.
Altrimenti bisognerebbe che ognuno si considerasse più peccatore di ogni altra persona, mentre l'Apostolo [ Gal 2,15 ], senza mancare di umiltà, affermava: « Noi per nascita siamo Giudei, e non pagani peccatori ».
Tuttavia uno può pensare che nel prossimo c'è del bene che egli non ha, oppure che in se stesso c'è del male che non si trova negli altri: e così può sempre mettersi al disotto del prossimo.
1. Dobbiamo riverire Dio non solo in se stesso, ma anche in quanto c'è di divino in ogni creatura: però non allo stesso modo.
Quindi con l'umiltà dobbiamo sottostare per il Signore a tutti i nostri prossimi, secondo l'ammonimento di S. Pietro [ 1 Pt 2,13 ]: « Siate soggetti a ogni umana creatura per amore del Signore »; tuttavia il culto di latria dobbiamo prestarlo solo a Dio.
2. Se preferiamo ciò che c'è di divino nel prossimo a ciò che è umano in noi non possiamo incorrere nella falsità.
Per questo nel commentare le parole di S. Paolo [ Fil 2,3 ]: « Considerate gli altri superiori a voi stessi », la Glossa [ ord. di Agost. ] afferma: « Una simile stima non deve essere una menzogna, ma si deve pensare sinceramente che ci può essere negli altri del bene nascosto per cui sono superiori a noi, malgrado il bene evidente che è in noi, e che pare metterci al disopra di essi ».
3. L'umiltà, come anche tutte le altre virtù, si attua principalmente nell'anima.
Perciò uno può sempre mettersi interiormente al di sotto degli altri, senza dare occasione ad alcuno di compromettere la propria salvezza.
È questo il senso delle parole di S. Agostino [ Epist. 211 ]: « Dinanzi a Dio il prelato stia con timore sotto i piedi di tutti voi ».
Negli atti esterni di umiltà, come anche in quelli delle altre virtù, ci vuole invece la debita moderazione, per non nuocere ad altri.
Se però uno fa quello che deve fare e gli altri ne prendono occasione di peccato, ciò non va imputato a chi si comporta con umiltà: poiché questi non scandalizza, sebbene gli altri restino scandalizzati.
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