Summa Teologica - II-II |
De Verit., q. 12, a. 1, ad 16; In Ioan., c. 11, lect. 7; In Heb., c. 11, lect. 7
Pare che i profeti siano sempre a conoscenza di ciò che profetizzano.
1. Secondo S. Agostino [ De Gen. ad litt. 12,9.20 ], « in quelli che avevano nello spirito dei segni mediante qualche immagine di realtà sensibili, se non interveniva la mente per capirne il significato, ancora non c'era la profezia ».
Ma le cose che vengono capite non possono rimanere sconosciute.
Quindi il profeta non ignora mai ciò che profetizza.
2. Il lume profetico è superiore al lume della ragione naturale.
Ma chi ha la scienza mediante il lume naturale non ignora mai ciò che sa.
Perciò chiunque enunzia una cosa mediante il lume profetico non può non ignorarla.
3. La profezia è ordinata a illuminare gli uomini, per cui S. Pietro [ 2 Pt 1,19 ] ha scritto: « Avete la parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere l'attenzione, come a lampada che brilla in un luogo oscuro ».
Ora, nessuna cosa può illuminare gli altri se non è illuminata in se stessa.
Quindi è evidente che il profeta viene sempre prima illuminato per conoscere ciò che dice agli altri.
Nel Vangelo [ Gv 11,51 ] si legge: « Caifa disse questo non da se stesso, ma essendo sommo sacerdote profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione », ecc.
Ora, Caifa questo non lo comprese.
Quindi non tutti quelli che profetizzano conoscono ciò che profetizzano.
Nella rivelazione profetica la mente del profeta è mossa dallo Spirito Santo come uno strumento inadeguato è mosso dall'agente principale.
Ora, la mente del profeta viene mossa non solo a conoscere, ma anche a parlare e ad agire: e talora a tutti e tre insieme questi atti, talora a due, talora a uno soltanto.
E ciascuno di essi può avvenire con qualche difetto di conoscenza.
Quando infatti la mente del profeta viene mossa a giudicare o a comprendere, talora è portata a conoscere soltanto una data cosa, altre volte invece arriva anche a conoscere che quella cosa gli viene rivelata da Dio.
- Parimenti talora la mente del profeta è mossa a parlare in modo da capire ciò che lo Spirito Santo vuole esprimere con quelle parole, come Davide, il quale poteva dire [ 2 Sam 23,2 ]: « Lo spirito del Signore parla in me », talora invece colui che è mosso a dire delle parole non capisce ciò che lo Spirito Santo vuole intendere con esse, come è evidente nel caso di Caifa [ Gv 11,51 ].
Così pure quando lo Spirito Santo muove la mente di qualcuno a fare qualcosa, qualche volta l'interessato comprende ciò che la sua opera vuole significare, come nel caso di Geremia [ Ger 13,5.9ss ] quando nascose la sua cintura nell'Eufrate; altre volte invece non lo comprende: come i soldati che divisero le vesti di Cristo [ Mt 27,35 ] non ne compresero il significato.
Perciò quando uno conosce di essere mosso dallo Spirito Santo a giudicare o a esprimere qualcosa con le parole o con le azioni, ciò appartiene propriamente alla profezia.
Quando invece c'è la mozione dello Spirito senza che uno ne abbia coscienza, allora non si ha una vera profezia, ma un certo impulso profetico.
Si noti però che anche i veri profeti non conoscono tutto ciò che lo Spirito Santo voleva intendere nelle loro visioni, parole o anche azioni, poiché la mente del profeta è uno strumento inadeguato.
Sono così risolte anche le obiezioni. Infatti esse parlano dei veri profeti, la cui mente è illuminata da Dio in maniera perfetta.
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