Summa Teologica - II-II |
Supra, q. 169, a. 1, ad 2; C. impugn., c. 8
Pare che ai religiosi non sia lecito usare vesti più vili degli altri.
1. Come ammonisce S. Paolo, dobbiamo « astenerci da ogni parvenza di male ».
Ora, la volgarità delle vesti ha parvenza di male.
Infatti il Signore [ Mt 7,15 ] ha detto: « Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in vesti di pecore ».
E a commento di quel passo dell'Apocalisse [ Ap 6,8 ]: « Ecco, mi apparve un cavallo verdastro », ecc., la Glossa [ ord. ] afferma: « Vedendo il diavolo che non riesce a prevalere né con aperte tribolazioni, né con aperte eresie, suscita falsi fratelli, che sotto le vesti della religione si trasformano in cavalli neri e rossi, pervertendo la fede ».
Quindi i religiosi non devono usare vesti vili.
2. Scrive S. Girolamo [ Epist. 52 ]: « Evita le vesti scure », ossia nere, « come quelle candide. Sono ugualmente da fuggire la ricercatezza e la trasandatezza: poiché la prima sa di mollezza, la seconda di vanagloria ».
Essendo quindi la vanagloria un peccato più grave della mollezza, è chiaro che i religiosi, chiamati alla perfezione, devono evitare più le vesti vili che quelle preziose.
3. I religiosi devono attendere soprattutto alle opere di penitenza.
Ma nelle opere di penitenza, come dice il Signore [ Mt 6,16s ], non si devono usare segni esterni di tristezza, bensì di letizia: « Quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti ».
E aggiunge « Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto ».
Parole che S. Agostino [ De serm. Dom. in monte 2,12.40 ] così spiega: « A questo proposito si deve notare che può insinuarsi la superbia non solo nello splendore e nella pompa delle cose materiali, ma anche nelle vesti di penitenza: e questa è più pericolosa, inquantoché inganna sotto il pretesto della religione ».
Quindi è chiaro che i religiosi non devono vestirsi di abiti vili.
L'Apostolo [ Eb 11,37 ] afferma: « Andarono in giro coperti di pelli di pecora e di capra », « come Elia ed altri », aggiunge la Glossa [ interlin. ].
E nel Decreto [ di Graz. 2,21,4,1 ] si legge: « Siano castigati coloro che deridono quelli che vestono abiti vili e religiosi.
Infatti nei tempi antichi tutte le persone consacrate a Dio usavano vesti povere e vili ».
Come dice S. Agostino [ De doctr. christ. 3,12.18 ], in tutte le cose esterne « non è peccato l'uso, ma l'intenzione di chi ne usa ».
Ora, per distinguere la natura di tale intenzione si deve notare che l'abito vile e dimesso può essere considerato sotto due aspetti.
Primo, in quanto è il segno di una disposizione o di uno stato: poiché, come dice la Scrittura [ Sir 19,27 ], « il vestito di un uomo rivela quello che egli è ».
E sotto tale aspetto la povertà dell'abito talora manifesta la tristezza.
Infatti le persone che sono nel dolore sogliono vestire dimessamente; come al contrario nei momenti di solennità e di gioia usano vesti più ricercate.
Per questo i penitenti usano vesti grossolane, come fece il re [ di Ninive ], che « si vestì di sacco » [ Gn 3,6 ]; e Acab, che « si coprì il corpo col cilicio » [ 1 Re 21,27 ].
- Talora invece è un segno di disprezzo per le ricchezze e per il fasto.
Infatti S. Girolamo [ Epist. 125 ] scrive: « La sporcizia delle vesti è segno della purezza dell'anima: la tonaca vile dimostra il disprezzo del mondo.
Purché l'animo non si insuperbisca, e la bocca non contraddica l'abito ».
- E sotto entrambi gli aspetti ai religiosi si addice la grossolanità delle vesti: poiché la vita religiosa è uno stato di penitenza e di disprezzo della gloria mondana.
A manifestare poi questi sentimenti agli altri si può essere spinti da tre motivi.
Primo, per procurare la propria umiliazione: come infatti dallo splendore delle vesti l'animo si inorgoglisce, così dalla loro umiltà viene portato a umiliarsi.
Per cui parlando del re Acab, che « aveva coperto il suo corpo col cilizio », il Signore [ 1 Re 21,29 ] disse a Elia: « Hai visto come Acab si è umiliato davanti a me? ».
- Secondo, per dare l'esempio agli altri.
Per cui a commento di quel testo evangelico [ Mt 3,4 ]: « Portava un vestito di peli di cammello », ecc., la Glossa [ ord. ] afferma: « Colui che predicava la penitenza, vestiva un abito di penitenza ».
- Terzo, per vanagloria: poiché secondo S. Agostino [ cf. ob. 3 ] « anche nelle vesti di penitenza si può nascondere la superbia ».
- Perciò usare vesti vili per i due primi motivi è lodevole, mentre farlo per il terzo è peccaminoso.
Inoltre si può considerare l'abito vile e trascurato come dovuto all'avarizia e alla negligenza.
E anche in questo caso si tratta di una cosa riprovevole.
1. La grossolanità delle vesti non ha in se stessa l'apparenza di male, ma piuttosto di bene, in quanto indica disprezzo della gloria mondana.
Ed è per questo che i cattivi nascondono la loro malvagità sotto l'umiltà del vestito.
Scrive però S. Agostino [ De serm. Dom. in monte 2,24.78 ] che « le pecore non devono odiare le loro vesti per il fatto che spesso i lupi si nascondono in esse ».
2. S. Girolamo parla in quel testo delle vesti misere che sono portate per vanagloria.
3. Secondo l'insegnamento del Signore [ Mt 6,1 ], gli uomini nel compiere le opere buone non devono fare nulla per apparire.
Il che avviene specialmente quando si fa qualcosa di nuovo, o di originale.
Da cui le parole del Crisostomo [ Op. imp. in Mt hom. 13 ]: « Chi prega non faccia nulla di originale che attiri l'attenzione della gente, o gridando, o battendosi il petto, o alzando le mani »; poiché la novità attira l'attenzione.
Però non ogni novità del genere è riprensibile, potendo essere compiuta o bene o male.
Per cui S. Agostino [ De serm. Dom. in monte 2,12.40 ] scrive che « quando uno volontariamente e non per necessità professa il cristianesimo in modo da attirare l'attenzione della gente con un inusitato squallore e grossolanità delle vesti, si può conoscere dalle altre sue opere se lo fa per disprezzare il lusso superfluo o per ambizione ».
Ora, è evidente al massimo che non lo fanno per ambizione i religiosi, i quali portano un abito vile come segno della loro professione, che consiste nel disprezzo del mondo.
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