Summa Teologica - II-II

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Articolo 2 - Se uno si possa obbligare con voto a entrare in religione

Supra, q. 88, a. 9; Quodl., 3, q. 5, a. 1; 4, q. 12, a. 1; Contra Retr., cc. 11, 12, 13

Pare che nessuno debba obbligarsi con voto a entrare in religione.

Infatti:

1. Alla religione ci si lega mediante i voti fatti nella professione.

Ora, prima della professione si concede un anno di prova, sia stando alla Regola [ 58 ] di S. Benedetto, sia stando al decreto di Innocenzo IV, il quale anzi proibisce di legarsi a un ordine religioso con la professione prima che sia finito l'anno di prova.

Meno che mai quindi devono obbligarsi alla vita religiosa quelli che ancora sono nel secolo.

2. S. Gregorio [ Decr. di Graz. 1,45,5 ] afferma che gli ebrei « non con la forza, bensì in tutta libertà devono essere persuasi a convertirsi ».

Ma adempiere ciò che si è promesso con voto è una necessità.

Quindi nessuno deve essere obbligato a entrare in religione.

3. Nessuno deve offrire ad altri occasione di rovina: infatti nell'Esodo [ Es 21,33s ] si legge: « Quando un uomo lascia una cisterna aperta, se vi cade un bue o un asino, il proprietario della cisterna deve dare l'indennizzo ».

Ora, capita spesso che qualcuno, per essersi obbligato con voto alla vita religiosa, cada nella disperazione e in vari peccati.

Quindi nessuno deve obbligarsi con voto a entrare nella vita religiosa.

In contrario:

Nei Salmi [ Sal 76,12 ] si legge: « Fate voti al Signore vostro Dio e adempiteli »; e la Glossa spiega che « ci sono dei voti individuali, come la castità, la verginità e simili: ora, la Scrittura invita a fare questi voti ».

Ma la Sacra Scrittura non invita se non a cose migliori.

Quindi è meglio che uno si obblighi con voto a entrare in religione.

Dimostrazione:

Come si è già detto parlando del voto [ q. 88, a. 6 ], una stessa opera, se è fatta per adempiere un voto, ha più valore che se è fatta senza di esso.

Sia perché il voto è un atto della virtù di religione, che tra le virtù ha una certa eccellenza, sia perché il voto rafforza la volontà umana nel compimento del bene: e come un peccato è più grave se deriva da una volontà ostinata nel male, così un'opera buona ha più valore se deriva da una volontà confermata nel bene mediante un voto.

Perciò obbligarsi con voto a entrare in religione è di per sé una cosa lodevole.

Analisi delle obiezioni:

1. Ci sono due tipi di voti riguardanti la vita religiosa.

Il primo è il voto solenne che costituisce monaci o frati di un dato ordine, il quale prende il nome di professione.

E tale voto deve essere preceduto dall'anno di prova, come dimostra l'obiezione.

- Il secondo è invece un voto semplice, con il quale non si diventa monaci o religiosi, ma ci si obbliga soltanto a entrare nella vita religiosa.

E prima di questo voto non è necessario un anno di prova.

2. Quel testo di S. Gregorio si riferisce alla violenza vera e propria.

Invece la necessità che nasce dall'obbligo del voto non è una necessità assoluta, ma una necessità condizionata, cioè rispetto al fine: nel senso cioè che dopo il voto uno non può raggiungere il fine della salvezza senza adempiere il voto.

Ora, questa necessità non va evitata: anzi, stando a S. Agostino [ Epist. 127 ], « è beata questa necessità che ci solleva a cose migliori ».

3. Fare voto di entrare in religione è fortificare la volontà nel bene.

Quindi di per sé ciò non dà all'uomo occasione di rovina, ma è piuttosto una salvaguardia.

Il fatto poi che uno trasgredendo il voto pecchi più gravemente non infirma la bontà del voto: come non infirma la bontà del battesimo il fatto che dopo il battesimo uno pecchi più gravemente.

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