Summa Teologica - III

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Articolo 11 - Se l'unione dell'incarnazione sia stata meritata

I-II, q. 98, a. 4; In 3 Sent., d. 4, q. 3, a. 1; In Hebr., c. 1, lect. 4

Pare che l'unione dell'incarnazione sia stata meritata.

Infatti:

1. Le parole del Salmo [ Sal 33,22 ]: « Signore, sia su di noi la tua grazia, perché in te speriamo », vengono commentate così dalla Glossa [ interlin. ]: « Qui traspare nel Profeta il desiderio dell'incarnazione, e il merito per ottenerne il compimento ».

Quindi l'incarnazione è oggetto di merito.

2. Chi merita una retribuzione, merita ciò che è indispensabile per essa.

Ma gli antichi Padri meritavano la vita eterna, alla quale però non potevano giungere se non in virtù dell'incarnazione; dice infatti S. Gregorio [ Mor. 13,43 ]: « Quelli che vennero in questo mondo prima della nascita di Cristo, per quanta santità avessero non potevano essere accolti nella patria celeste appena usciti dal corpo, poiché non era ancora giunto colui che doveva collocare le anime dei giusti nella sede eterna ».

Quindi pare che abbiano meritato l'incarnazione.

3. Della Beata Vergine si canta che « meritò di portare il Signore di tutti »: e ciò avvenne con l'incarnazione.

Quindi l'incarnazione è oggetto di merito.

In contrario:

S. Agostino [ De praedest. sanct. 15.30 ] dice: « Chi trovasse nel nostro Capo dei meriti precedenti alla sua singolare generazione, cerchi pure in noi sue membra dei meriti precedenti alla nostra comune rigenerazione ».

Ma nessun merito precede la nostra rigenerazione, come dice S. Paolo [ Tt 3,5 ]: « Ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia, mediante un lavacro di rigenerazione ».

Quindi neppure la generazione di Cristo fu preceduta da qualche merito.

Dimostrazione:

Quanto allo stesso Cristo è chiaro, stando alle cose già dette [ aa. 2,3,6 ], che da parte sua nessun merito poté precedere l'unione.

Noi non diciamo infatti con Fotino che egli prima fu soltanto un uomo, e che in seguito meritò con una buona condotta di diventare Figlio di Dio, ma affermiamo che quell'uomo fu veramente Figlio di Dio sin dall'inizio della sua concezione, non avendo altra ipostasi che quella del Figlio di Dio, secondo le parole del Vangelo [ Lc 1,35 ]: « Il santo che nascerà da te sarà chiamato Figlio di Dio ».

Perciò ogni attività di quell'uomo fu posteriore all'unione.

Quindi nessuna sua operazione la poté meritare.

Ma neppure le opere di qualunque altro uomo poterono meritare in senso rigoroso questa unione.

Primo, poiché le opere meritorie dell'uomo hanno propriamente come scopo la beatitudine, che è « il premio della virtù », e consiste nel pieno godimento di Dio.

Ora l'incarnazione, riguardando l'essere personale, trascende l'unione con Dio che lo spirito beato realizza nell'atto della sua beatitudine.

E così non può dipendere dal merito.

- Secondo, poiché la grazia non può essere effetto del merito, essendone la causa.

Tanto meno perciò è effetto del merito l'incarnazione, che è la causa della grazia, come afferma S. Giovanni [ Gv 1,17 ]: « La grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo ».

- Terzo, poiché l'incarnazione è rinnovatrice di tutta l'umanità.

Per cui non può essere meritata da nessun uomo singolo, non potendo la bontà di un semplice uomo causare il bene di tutta la natura umana.

Tuttavia i santi Padri meritarono a titolo di convenienza l'incarnazione con i loro desideri e le loro preghiere.

Era infatti conveniente che Dio esaudisse coloro che gli obbedivano.

Analisi delle obiezioni:

1. Con ciò abbiamo anche risposto alla prima obiezioni.

2. È falso che il merito si estenda a tutto ciò che è indispensabile al premio.

Ci sono infatti delle cose che non solo condizionano il premio, ma che insieme sono presupposte al merito: come la bontà di Dio, la sua grazia e la natura stessa dell'uomo.

E similmente il mistero dell'incarnazione è il presupposto del merito, poiché « dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto », come dice S. Giovanni [ Gv 1,16 ].

3. Si dice che la Beata Vergine meritò di portare il Signore nostro Gesù Cristo non perché meritò l'incarnazione di Dio, ma perché con la grazia che le era stata concessa meritò un tale grado di purezza e di santità da poter essere degnamente madre di Dio.

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