Summa Teologica - III |
In 3 Sent., d. 1, q. 2, a. 5
Pare che un'unica persona divina non possa assumere due nature umane.
1. La natura umana nel mistero dell'incarnazione non ha altro supposito che quello della persona divina, come risulta dalle cose già dette [ q. 2, aa. 3,6 ].
Se dunque un'unica persona divina assumesse due nature umane, si avrebbe un medesimo supposito in due nature della stessa specie.
Ma ciò pare contraddittorio, poiché una natura non si moltiplica nella stessa specie se non per la distinzione dei suppositi.
2. In questa ipotesi la persona divina incarnata non potrebbe dirsi un solo uomo, poiché non avrebbe una sola natura umana.
Ma non sarebbe neppure più uomini, dato che più uomini hanno suppositi distinti, mentre nel caso ci sarebbe un solo supposito.
Quindi la predetta ipotesi è assolutamente impossibile.
3. Nel mistero dell'incarnazione tutta la natura divina si è unita a tutta la natura assunta, ossia a ciascuna parte di essa: Cristo infatti è « perfetto Dio e perfetto uomo, interamente Dio e interamente uomo », come dice il Damasceno [ De fide orth. 3,7 ].
Ma due nature umane non potrebbero unirsi fra loro totalmente, poiché in tal caso l'anima dell'una dovrebbe essere unita al corpo dell'altra, e i due corpi dovrebbero compenetrarsi: il che porterebbe anche a confondere le nature.
È dunque impossibile che una sola persona divina assuma due nature umane.
Quanto può il Padre lo può anche il Figlio.
Ma il Padre dopo l'incarnazione del Figlio può assumere un'altra natura umana numericamente distinta da quella assunta dal Figlio, non essendo in alcun modo diminuita per l'incarnazione del Figlio la potenza del Padre o del Figlio.
Pare quindi che il Figlio dopo la sua incarnazione potrebbe assumere una seconda natura umana.
Chi non può fare che una sola cosa, ha un potere limitato a quella.
Ora, il potere della persona divina è infinito, e non può limitarsi a un particolare oggetto creato.
Non si può quindi ritenere che una persona divina abbia assunto una sola natura umana in modo tale da non poterne assumere un'altra.
Ne seguirebbe infatti che la personalità divina sarebbe tanto assorbita da una sola natura umana da non poterne assumere alcun'altra.
Ma ciò è assurdo, poiché l'increato non può essere esaurito dal creato.
Di conseguenza, sia considerando la persona divina nella sua potenza, cioè quale principio dell'unione [ ipostatica ], sia considerandola nella sua personalità, che è il termine dell'unione, bisogna evidentemente affermare che, oltre alla natura umana assunta, essa ne potrebbe assumere un'altra numericamente distinta.
1. La natura creata raggiunge la sua perfezione specifica grazie alla forma, che si moltiplica con la divisione della materia.
Quando perciò la composizione tra la forma e la materia costituisce un nuovo supposito, ne segue che la natura si moltiplica secondo la moltiplicazione dei suppositi.
Ma nel mistero dell'incarnazione l'unione tra la forma e la materia, cioè fra l'anima e il corpo, non costituisce un nuovo supposito, come si è detto sopra [ a. prec. ].
Ci potrebbe quindi essere una moltiplicazione numerica delle nature a causa della divisione della materia senza distinzione di suppositi.
2. La predetta ipotesi potrebbe far pensare a due uomini, data la presenza di due nature umane, pur non essendoci due suppositi, come viceversa le tre persone, secondo le spiegazioni date [ a. prec., ad 1 ], sarebbero un solo uomo se avessero assunto un'unica natura umana.
Ma ciò sarebbe falso.
Infatti i nomi vanno usati secondo il loro modo di significare, che si trova determinato dall'uso comune.
Di conseguenza per quanto riguarda il modo di significare e di consignificare bisogna rifarsi a tale uso.
Ora, riferendoci ad esso, noi non usiamo mai al plurale il nome che significa una determinata forma se non c'è una pluralità di suppositi: non diciamo infatti che un uomo vestito di due abiti è due vestiti, ma che è uno solo vestito con due abiti; e chi ha due qualità viene detto qualificato, al singolare, mediante due qualità.
Ora, la natura assunta è in certo qual modo un indumento, sebbene il paragone non sia perfetto, come si è detto sopra [ q. 2, a. 6, ad 1 ].
Se dunque una persona divina assumesse due nature umane sarebbe, per l'unità del supposito, « un solo uomo avente due nature umane ».
- Il fatto poi che più uomini vengano detti un solo popolo, dipende dal loro comunicare in un tutto, non dall'unità del supposito.
E similmente, se due persone divine assumessero un'unica natura umana, sarebbero detti un solo uomo, come si è notato sopra [ a. prec., ad 1 ], non per l'unità del supposito, ma per la natura che avrebbero in comune.
3. Le due nature, la divina e l'umana, non hanno con l'unica loro persona divina un rapporto di parità: infatti la natura divina ha con essa un rapporto originario, dato che forma con essa dall'eternità una sola cosa, mentre la natura umana ha con la persona divina un rapporto derivato, essendo stata assunta nel tempo dalla persona divina non certamente perché venisse a identificarsi con la persona, ma perché la persona potesse sussistere nella natura: il Figlio di Dio infatti è la sua divinità, ma non è la sua umanità.
Di conseguenza, perché la natura umana sia assunta dalla persona divina bisogna che la natura divina sia unita personalmente a tutta la natura assunta, cioè a tutte le sue parti.
Ma se le nature assunte fossero due avrebbero un rapporto uniforme con la persona divina, né l'una assumerebbe l'altra.
Non ne verrebbe quindi necessariamente l'unione totale dell'una con l'altra, cioè l'unione di tutte le parti dell'una con tutte le parti dell'altra.
Indice |