Summa Teologica - III

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Articolo 1 - Se nell'anima assunta dal Verbo ci fosse la grazia abituale

In 3 Sent., d. 13, q. 1, a. 1; De Verit., q. 20, a. 1; Comp. Theol., cc. 213, 214; In Ioan., c. 3, lect. 6

Pare che nell'anima assunta dal Verbo non ci fosse la grazia abituale.

Infatti:

1. La grazia è nella creatura razionale una partecipazione della divinità, secondo le parole di S. Pietro [ 2 Pt 1,4 ]: « Egli ci ha donato i beni grandissimi e preziosi che erano stati promessi, perché diventaste per loro mezzo partecipi della natura divina ».

Ma Cristo non è Dio per partecipazione, bensì per proprietà di natura.

Quindi in lui non c'era la grazia abituale.

2. La grazia è necessaria all'uomo quale mezzo per compiere il bene, come risulta da S. Paolo [ 1 Cor 15,10 ] che dice: « Ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me »; e anche come mezzo per conseguire la vita eterna, secondo le parole del medesimo Apostolo [ Rm 6,23 ]: « La grazia di Dio è la vita eterna ».

Ma a Cristo l'eredità della vita eterna spettava già per il solo fatto di essere il Figlio naturale di Dio.

Per il fatto poi che era il Verbo, mediante il quale « tutte le cose sono state create » [ Gv 1,3 ], aveva il potere di compiere ogni bene.

Quindi secondo la natura umana non aveva bisogno di altra grazia oltre a quella dell'unione con il Verbo.

3. Ciò che opera come strumento non ha bisogno di abiti per le proprie operazioni: l'abito infatti ha come soggetto l'agente principale.

Ora, la natura umana era in Cristo « lo strumento della divinità », come dice il Damasceno [ De fide orth. 3,15 ].

In Cristo dunque non c'era bisogno di alcuna grazia abituale.

In contrario:

Isaia [ Is 11,2 ] dice che « su di lui si poserà lo Spirito del Signore », il quale si dice presente nell'uomo mediante la grazia abituale, come si è esposto nella Prima Parte [ q. 43, a. 3 ].

Quindi in Cristo c'era la grazia abituale.

Dimostrazione:

Per tre ragioni è necessario ammettere in Cristo la grazia abituale.

Primo, per l'unione esistente tra la sua anima e il Verbo di Dio.

Quanto più infatti un soggetto perfettibile è vicino alla causa influente, tanto più ne risente l'influsso.

Ora, l'influsso della grazia viene da Dio, come dice il Salmo [ Sal 84,12 ]: « Il Signore concede grazia e gloria ».

Perciò era sommamente conveniente che l'anima di Cristo ricevesse l'influsso della grazia divina.

Secondo, per la nobiltà della sua anima, le cui operazioni di conoscenza e di amore dovevano avere il più intimo contatto con Dio.

Il che richiede l'elevazione della natura umana mediante la grazia.

Terzo, per la relazione dello stesso Cristo con il genere umano.

Cristo infatti in quanto uomo è « il mediatore fra Dio e gli uomini », come dichiara S. Paolo [ 1 Tm 2,5 ].

Era quindi necessario che avesse una grazia traboccante anche sugli altri, secondo l'affermazione di S. Giovanni [ Gv 1,16 ]: « Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto, grazia su grazia ».

Analisi delle obiezioni:

1. Cristo è vero Dio secondo la persona e la natura divina.

Rimanendo però con l'unità della persona la distinzione delle nature, come si è già spiegato [ q. 2, aa. 1,2 ], l'anima di Cristo non è divina nella sua essenza.

Deve quindi diventare divina per partecipazione, ossia mediante la grazia.

2. A Cristo in quanto Figlio naturale di Dio spetta l'eredità eterna, cioè la stessa beatitudine increata, consistente nell'atto increato di cognizione e di amore di Dio, quel medesimo atto cioè con cui il Padre conosce e ama se stesso.

Ma di tale atto l'anima non era capace, data la differenza di natura.

Era quindi necessario che questa fosse elevata a Dio mediante un atto beatifico creato.

E ciò non è possibile se non mediante la grazia.

Similmente come Verbo di Dio aveva il potere di bene operare in tutto con l'operazione divina.

Ma poiché, come risulterà in seguito [ q. 19, a. 1 ], oltre all'attività divina occorre ammettere in Cristo un'attività umana, era necessario che in lui ci fosse la grazia abituale per rendere perfetta quest'ultima.

3. L'umanità di Cristo è strumento della divinità non al modo di uno strumento inanimato, che non è per nulla attivo, ma soltanto passivo, bensì al modo di uno strumento animato dall'anima razionale, che è insieme movente e mosso.

Quindi per la congruità del suo agire era necessario che egli avesse la grazia abituale.

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