Summa Teologica - III |
In 3 Sent., d. 13, q. 2, a. 2, sol. 2
Pare che Cristo non sia il capo di tutti gli uomini.
1. Il capo non ha rapporto se non con le membra del suo corpo.
Ma gli infedeli non sono in alcun modo membra della Chiesa, « che è il corpo di Cristo », come dice S. Paolo [ Ef 1,23 ].
Quindi Cristo non è il capo di tutti gli uomini.
2. L'Apostolo [ Ef 5,25.27 ] dice che Cristo « ha dato se stesso per la Chiesa, per farsela comparire davanti tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile ».
Ma ci sono molti, anche tra i fedeli, nei quali si trova la macchia o la ruga del peccato.
Quindi Cristo non è il capo neppure di tutti i fedeli.
3. Secondo S. Paolo [ Col 2,17 ], i sacramenti dell'antica legge stanno a Cristo come l'ombra al corpo.
Ma i Padri dell'Antico Testamento erano legati in quel tempo a quei sacramenti, come leggiamo [ Eb 8,5 ]: « Attendono a un servizio che è una copia e un'ombra delle realtà celesti ».
Quindi non appartenevano al corpo di Cristo.
E così Cristo non è il capo di tutti gli uomini.
S. Paolo [ 1 Tm 4,10 ] afferma: « Egli è il salvatore di tutti gli uomini, ma soprattutto di quelli che credono »; e S. Giovanni [ 1 Gv 2,2 ]: « Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo ».
Ora, salvare gli uomini, o essere vittima di espiazione per i loro peccati, spetta a Cristo in quanto capo.
Quindi Cristo è il capo di tutti gli uomini.
Questa è la differenza tra il corpo fisico dell'uomo e il corpo mistico della Chiesa: che le membra del corpo fisico esistono tutte insieme, mentre le membra del corpo mistico non esistono tutte insieme, né secondo l'essere naturale, essendo il corpo della Chiesa costituito di tutti gli uomini che vanno dal principio del mondo sino alla fine, e neppure secondo l'essere della grazia, poiché anche tra coloro che vivono in uno stesso tempo alcuni sono privi della grazia che poi riceveranno, mentre altri l'hanno già.
Così dunque le membra del corpo mistico vanno considerate non solo in atto, ma anche in potenza.
Ora, alcune sono in una potenza che non arriverà mai a essere in atto, alcune invece ci arriveranno secondo questi tre gradi: della fede, della carità sulla terra e della beatitudine in cielo.
Dobbiamo quindi affermare che, abbracciando tutti i tempi, Cristo è capo di tutti gli uomini, ma secondo gradi diversi.
Innanzitutto e principalmente è capo di coloro che sono uniti a lui nella gloria.
In secondo luogo lo è di coloro che gli sono uniti in atto mediante la carità.
In terzo luogo di coloro che gli sono uniti attualmente nella fede.
In quarto luogo di coloro che gli sono uniti soltanto in una potenza non ancora ridotta all'atto, ma che passerà all'atto secondo la predestinazione divina.
In quinto luogo infine di coloro che gli sono uniti in una potenza che non passerà mai all'atto: come gli uomini viventi in questo mondo e non predestinati.
I quali però cessano totalmente di essere membra di Cristo quando lasciano questo mondo, non essendo più in potenza all'unione con lui.
1. Gli infedeli, sebbene non appartengano in atto alla Chiesa, le appartengono però in potenza.
E questa potenza ha due fondamenti: il primo e principale è la virtù di Cristo, che è sufficiente alla salvezza di tutto il genere umano; il secondo è il libero arbitrio.
2. Costituire una Chiesa « gloriosa, senza macchia né ruga », è il fine ultimo a cui giungiamo mediante la passione di Cristo.
Per cui ciò avverrà nella patria beata, non già nello stato di via; nel quale « se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi », come avverte S. Giovanni [ 1 Gv 1,8 ].
Ci sono però dei peccati, cioè i mortali, da cui sono immuni coloro che sono membra di Cristo per l'unione attuale della carità.
Coloro invece che commettono tali peccati non sono membra di Cristo in atto, ma in potenza; se non forse imperfettamente mediante la fede informe, che unisce a Cristo sotto un certo aspetto e non puramente e semplicemente, senza cioè far conseguire la vita della grazia, poiché « la fede senza le opere è morta », come dice S. Giacomo [ Gc 2,20 ].
Tuttavia costoro ricevono da Cristo un certo atto vitale, che è il credere: come se uno riuscisse a muovere in qualche modo un membro paralizzato.
3. I santi Patriarchi non praticavano i sacramenti della Legge come realtà assolute, ma come immagini e ombre delle cose future.
Ora, è identico il moto verso l'immagine in quanto tale e verso la realtà [ che essa rappresenta ], come spiega il Filosofo [ De mem. et rem. 1 ].
Perciò gli antichi Patriarchi, praticando i sacramenti della Legge, andavano verso Cristo con quella medesima fede e carità con la quale ci muoviamo anche noi.
E così i Patriarchi appartenevano al medesimo corpo della Chiesa a cui apparteniamo noi.
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