Summa Teologica - III

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Articolo 2 - Se Cristo avesse la scienza dei beati, o contemplanti

Comp. Theol., c. 216

Pare che Cristo non avesse la scienza dei beati, o contemplanti.

Infatti:

1. La scienza dei beati è una partecipazione alla luce di Dio, come dice il Salmista [ Sal 36,10 ]: « Nella tua luce vediamo la luce ».

Ma Cristo non partecipava la luce di Dio, dimorando in lui sostanzialmente la divinità stessa, secondo le parole di S. Paolo [ Col 2,9 ]: « In lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità ».

In lui dunque non c'era la scienza dei beati.

2. È beatifica quella scienza che rende beati, poiché dice il Vangelo [ Gv 17,3 ]: « Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo ».

Ma Cristo uomo era beato per il fatto stesso che era unito ipostaticamente a Dio, secondo l'espressione del Salmo [ Sal 65,5 ]: « Beato chi hai scelto e assunto ».

Quindi non c'è bisogno di porre in lui la scienza dei beati.

3. Si possono trovare nell'uomo due tipi di scienza: una naturale e un'altra soprannaturale.

Ora la scienza dei beati, che consiste nella visione di Dio, non è naturale per l'uomo, bensì soprannaturale.

Ma in Cristo c'era un'altra scienza soprannaturale molto più forte e più alta, cioè la scienza divina.

Non era dunque necessaria a Cristo la scienza dei beati.

In contrario:

La scienza dei beati consiste nella visione o cognizione di Dio.

Ma Cristo anche come uomo conosceva Dio pienamente, stando a quanto egli afferma nel Vangelo [ Gv 8,55 ]: « Io lo conosco e osservo la sua parola ».

Quindi in Cristo c'era la scienza dei beati.

Dimostrazione:

Ciò che è in potenza passa all'atto per mezzo di ciò che è in atto: bisogna infatti che sia caldo ciò mediante cui le altre cose vengono riscaldate.

Ora, l'uomo è in potenza alla scienza dei beati, che consiste nella visione di Dio, ed è destinato ad essa come al suo fine, essendo la creatura razionale capace di quella conoscenza beata, in quanto fatta a immagine di Dio.

Ma gli uomini giungono a questo fine della beatitudine per mezzo dell'umanità di Cristo, secondo quel testo di S. Paolo [ Eb 2,10 ]: « Era ben giusto che colui per il quale e dal quale sono tutte le cose, volendo portare molti figli alla gloria, rendesse perfetto mediante la sofferenza il capo che li ha guidati alla salvezza ».

Perciò era necessario che la conoscenza consistente nella visione di Dio si trovasse in Cristo nella maniera più eccellente, poiché la causa deve sempre superare l'effetto.

Analisi delle obiezioni:

1. La divinità si unì all'umanità di Cristo nella persona, e non nella natura o essenza: per cui con l'unità della persona rimane la distinzione delle nature.

E così l'anima di Cristo, che è una parte della natura umana, fu elevata alla scienza beata, con la quale si vede Dio per essenza, per mezzo di una luce comunicatale dalla natura divina.

2. Per l'unione Cristo uomo è beato della beatitudine increata, come per l'unione è Dio.

Ma oltre alla beatitudine increata era necessaria nella natura umana di Cristo una beatitudine creata, che stabilisse la sua anima nel possesso dell'ultimo fine della natura umana.

3. La visione o scienza beata sotto un certo aspetto è soprannaturale per l'anima razionale, nel senso cioè che essa non la può raggiungere con le proprie forze, ma sotto un altro aspetto è per essa naturale: in quanto cioè l'anima per sua natura ne è capace, essendo stata fatta a immagine di Dio, come si è detto sopra [ nel corpo ].

La scienza increata è invece sotto tutti gli aspetti superiore alla natura dell'anima umana.

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