Summa Teologica - III |
Infra, q. 12, a. 1; In 3 Sent., d. 14, a. 1, sol. 5; De Verit., q. 20, aa. 2, 3; Comp. Theol., c. 216
Pare che Cristo non avesse alcun'altra scienza infusa oltre a quella beatifica.
1. Ogni altra scienza creata sta alla scienza beatifica come l'imperfetto al perfetto.
Ma di fronte a una conoscenza perfetta scompare una conoscenza imperfetta, come la visione diretta esclude la visione enigmatica della fede, di cui parla S. Paolo [ 1 Cor 13,10.12 ].
Avendo dunque Cristo la scienza beatifica, come si è detto [ a. 2 ], non ci poteva essere in lui un'altra scienza infusa.
2. Un modo imperfetto di conoscenza dispone a un modo più perfetto: come l'opinione che si ha attraverso un sillogismo dialettico dispone alla scienza che si ha attraverso un sillogismo dimostrativo.
Ma una volta raggiunta la perfezione non è più necessaria la disposizione, come una volta toccato il termine non è più necessario il moto.
Ora, poiché qualunque altra conoscenza creata sta alla conoscenza beatifica come l'imperfetto al perfetto e come la disposizione al termine, è evidente che Cristo, avendo ricevuto la scienza beatifica, non aveva bisogno di un'altra scienza.
3. Come la materia corporea è in potenza alle sue forme, così l'intelletto possibile è in potenza alle forme intelligibili.
Ma la materia corporea non può ricevere insieme due forme, una più perfetta e l'altra meno.
Quindi neppure l'anima può ricevere una duplice scienza, una più perfetta e l'altra meno.
Ritorna così la conclusione precedente.
S. Paolo [ Col 2,3 ] ha scritto che « in Cristo sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza ».
Era conveniente, come si è detto [ a. 1 ], che la natura umana assunta dal Verbo di Dio non avesse imperfezioni.
Ma tutto ciò che è in potenza è imperfetto se non passa all'atto.
Ora, l'intelletto umano possibile è in potenza a tutti gli intelligibili, e passa all'atto per mezzo delle specie intelligibili, che sono come delle forme che lo completano, secondo le spiegazioni di Aristotele [ De anima 3,8 ].
Bisogna quindi ammettere in Cristo una scienza infusa, avendo il Verbo di Dio comunicato all'anima umana di Cristo unita a sé ipostaticamente tutte le specie intelligibili a cui l'intelletto possibile è in potenza, così come anche agli inizi della creazione lo stesso Verbo di Dio impresse le specie intelligibili negli angeli, secondo la spiegazione di S. Agostino [ De Gen. ad litt. 2,8.16 ].
Come quindi negli angeli, per usare le espressioni dello stesso Santo [ De Gen. ad litt. 4,22.39 ], si ammette una duplice scienza, quella « mattutina », con la quale essi conoscono le cose nel Verbo, e quella « vespertina », con la quale conoscono le cose nella loro natura per mezzo di specie infuse, così oltre alla scienza divina increata esiste nell'anima di Cristo la scienza beata, con la quale egli conosce il Verbo e le cose nel Verbo, e la scienza infusa, con la quale egli conosce le cose nella loro natura per mezzo di specie intelligibili proporzionate alla mente umana.
1. La visione imperfetta della fede è per se stessa opposta alla visione diretta, essendo la fede propriamente di cose non viste, come si è detto nella Seconda Parte [ II-II, q. 1, a. 4 ].
Invece la scienza che si ha per mezzo di specie infuse non si oppone alla scienza beata.
Perciò il paragone non regge.
2. La disposizione può avere con la perfezione due rapporti: primo, di via alla perfezione; secondo, di effetto che da essa deriva.
Il calore infatti dispone la materia alla forma del fuoco, ma una volta acceso il fuoco il calore non cessa, anzi, rimane come effetto di tale forma.
Similmente l'opinione prodotta da un sillogismo dialettico è la via che conduce alla scienza che si acquisisce per dimostrazione; tuttavia con tale scienza può rimanere l'opinione appoggiata al sillogismo dialettico, come una conseguenza della scienza dimostrativa derivante dalla conoscenza delle cause: conoscendo infatti le cause, per ciò stesso si possono conoscere meglio anche le ragioni probabili di cui si vale il sillogismo dialettico.
Parimenti in Cristo, assieme alla scienza beata, rimane la scienza infusa: non come via alla beatitudine, ma come confermata dalla beatitudine.
3. La conoscenza beatifica non si ha per mezzo di una specie che sia l'immagine dell'essenza di Dio, o delle cose che si conoscono nell'essenza divina, come risulta da quanto si è detto nella Prima Parte [ q. 12, aa. 2,9 ], ma tale conoscenza coglie la stessa essenza divina in modo immediato, inquantoché la stessa essenza divina si unisce alla mente beata come l'intelligibile all'intelletto.
L'essenza divina è però una forma che oltrepassa i limiti di qualsiasi creatura.
Perciò nulla impedisce che assieme a questa forma sovraeminente l'anima razionale abbia delle specie intelligibili proporzionate alla sua natura.
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