Summa Teologica - III |
Comp. Theol., c. 216
Pare che l'anima di Cristo non veda il Verbo meglio di ogni altra creatura.
1. La perfezione della conoscenza dipende dal mezzo conoscitivo: come la conoscenza che si acquista con il sillogismo dimostrativo è più perfetta di quella che si acquista con il sillogismo dialettico.
Ma tutti i beati vedono il Verbo con immediatezza nella stessa essenza divina, come si è detto nella Prima Parte [ q. 12, a. 2 ].
Quindi l'anima di Cristo non vede il Verbo più perfettamente di ogni altra creatura.
2. La visione non supera in perfezione la potenza visiva.
Ma la potenza dell'anima razionale, e quindi dell'anima di Cristo, è inferiore alla potenza intellettiva dell'angelo, come spiega Dionigi [ De cael. hier. 4,2 ].
Quindi l'anima di Cristo non vede il Verbo meglio degli angeli.
3. Dio vede il suo Verbo infinitamente meglio dell'anima.
Ci sono dunque infiniti gradi intermedi fra il modo in cui Dio vede il suo Verbo e il modo in cui lo vede l'anima di Cristo.
Non si può quindi dire che l'anima di Cristo veda il Verbo o l'essenza divina meglio di ogni altra creatura.
L'Apostolo [ Ef 1,20s ] afferma che « Dio fece sedere Cristo alla sua destra nei cieli al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione e di ogni altro nome che si possa nominare non solo nel secolo presente, ma anche in quello futuro ».
Ora, nella gloria celeste si è tanto più grandi quanto meglio si conosce Dio.
Quindi l'anima di Cristo vede Dio più perfettamente di ogni altra creatura.
La visione dell'essenza divina è resa possibile a tutti i beati dalla partecipazione del lume di cui è fonte il Verbo di Dio, poiché sta scritto [ Sir 1,5 Vg ]: « La sorgente della sapienza è il Verbo di Dio nel cielo ».
Ma l'anima di Cristo, che è unita ipostaticamente al Verbo, è a lui più vicina di ogni altra creatura.
Perciò essa riceve la luce del Verbo che comunica la visione di Dio più di qualsiasi creatura, e quindi vede la prima Verità che è l'essenza di Dio meglio delle altre creature.
Per cui si legge nel Vangelo [ Gv 1,14 ]: « Noi abbiamo visto la sua gloria come di Unigenito dal Padre, pieno » non solo « di grazia », ma anche « di verità ».
1. La perfezione della conoscenza dipende dal mezzo per quanto riguarda l'oggetto conosciuto, ma dipende dalla potenza o dall'abito per quanto riguarda il soggetto conoscente.
E così avviene che anche tra gli uomini, pur con l'uso di uno stesso mezzo conoscitivo, uno coglie meglio di un altro una determinata conclusione.
Per tale motivo dunque l'anima di Cristo, essendo inondata di una luce più abbondante, conosce l'essenza divina meglio degli altri beati, sebbene tutti la vedano in se stessa.
2. La visione dell'essenza divina sorpassa la capacità naturale di qualsiasi creatura, come si è detto nella Prima Parte [ q. 12, a. 4 ].
Perciò il suo grado dipende più dalla grazia, nella quale Cristo eccelle, che dalla natura, per la quale l'angelo è superiore all'uomo.
3. Come non ci può essere una grazia superiore a quella di Cristo a motivo dell'unione ipostatica, come si è detto sopra [ q. 7, a. 12 ], così non ci può essere una visione di Dio più perfetta della sua; sebbene assolutamente parlando, cioè in rapporto all'infinita potenza di Dio, possa darsi una visione superiore.
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