Summa Teologica - III |
Infra, q. 15, a. 8; In 3 Sent., d. 14, q. 1, a. 3, sol. 5; Comp. Theol., c. 216; In Ioan., c. 4, lect. 1; In Hebr., c. 5, lect. 2
Pare che Cristo non abbia progredito in questa scienza.
1. Come con la scienza beata e con quella infusa Cristo conobbe tutte le cose, così anche con la scienza acquisita, secondo le spiegazioni date [ a. 1 ].
Ma nelle altre scienze non fece progressi.
Quindi neppure nella scienza acquisita.
2. Solo ciò che è imperfetto può progredire, poiché a ciò che è perfetto non si può aggiungere nulla.
Ma in Cristo non si può ammettere una scienza imperfetta.
Quindi Cristo non progredì nella scienza acquisita.
3. Il Damasceno [ De fide orth. 3,22 ] dichiara: « Coloro che sostengono in Cristo un progresso di sapienza e di grazia per addizione non venerano l'unione ipostatica ».
Ma non venerare tale unione è un atto di empietà.
Quindi è cosa empia dire che la sua scienza ha ricevuto aggiunte.
Nel Vangelo [ Lc 2,52 ] si legge che « Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini ».
E S. Ambrogio [ De incarn. 7 ] spiega che « cresceva secondo la sapienza umana ».
Ma la sapienza umana è quella che si acquista alla maniera dell'uomo, cioè con il lume dell'intelletto agente.
Cristo dunque progrediva in questa scienza.
La scienza può progredire in due modi.
Primo, in maniera essenziale, in quanto cioè cresce l'abito stesso della scienza.
Secondo, in rapporto all'effetto: come quando ad es. uno con l'identico abito di scienza prima dimostra di conoscere cose minori, e poi cose maggiori e più sottili.
Ora, in questo secondo modo è chiaro che Cristo progrediva nella scienza e nella grazia di pari passo con l'età, poiché secondo il progresso dell'età compiva opere sempre più grandi, che dimostravano una maggiore sapienza e grazia.
Quanto invece all'abito della scienza, certamente non aumentava in lui l'abito della scienza infusa, avendola egli ricevuta tutta pienamente fin dal principio.
E molto meno poteva crescere in lui la scienza beata.
Che poi la sua scienza divina non potesse progredire l'abbiamo già dimostrato nella Prima Parte [ q. 14, a. 15, ad 2 ].
Se quindi nell'anima di Cristo, oltre all'abito della scienza infusa, non ci fosse un qualche abito di scienza acquisita, come alcuni ritengono e come anch'io una volta ritenevo [ In 3 Sent., d. 14, q. 1, a. 3, sol. 5, ad 3; d. 18, q. 1, a. 3, ad 5 ], allora nessuna scienza sarebbe aumentata in Cristo in maniera essenziale, ma solo in rapporto al suo esercizio, ossia in rapporto all'applicazione delle specie intelligibili infuse ai singoli fantasmi.
E in base a ciò si spiegherebbe il progresso sperimentale nella scienza di Cristo: nel senso cioè che egli applicava le sue specie intelligibili infuse alle nuove conoscenze che riceveva dai sensi.
Ma poiché pare sconveniente che a Cristo mancasse un'attività naturale dell'intelligenza, e d'altra parte astrarre le specie intelligibili dai fantasmi è un'attività naturale dell'intelletto agente dell'uomo, è bene ammettere in Cristo anche tale operazione.
Dal che segue che nell'anima di Cristo c'era un abito di scienza aumentabile mediante l'astrazione delle specie, in quanto cioè l'intelletto agente, dopo le prime specie intelligibili astratte dai fantasmi, poteva astrarne altre ancora.
1. Tanto la scienza infusa dell'anima di Cristo quanto la sua scienza beata erano l'effetto di un agente di potenza infinita, che può ottenere tutto simultaneamente: perciò Cristo non progredì in nessuna delle due scienze, ma le ebbe perfette fin dal principio.
Invece la scienza acquisita nasce solo dall'intelletto agente, che non svolge la sua operazione tutta insieme, ma per fasi successive.
E così con questa scienza Cristo non conobbe tutto fin dal principio, ma gradualmente e dopo un certo tempo, cioè nell'età perfetta.
Il che appare chiaro dal fatto che l'Evangelista unisce i due progressi « della scienza e dell'età ».
2. Anche la scienza acquisita era sempre perfetta in Cristo secondo la sua età, sebbene non fosse perfetta in senso assoluto e in maniera essenziale.
Perciò essa poteva aumentare.
3. La dichiarazione del Damasceno vale contro quelli che pongono nella scienza di Cristo un progresso assoluto, cioè di ogni sua scienza, e particolarmente di quella infusa, che è prodotta nella sua anima dall'unione con il Verbo.
Non vale invece per la crescita della scienza dovuta a una causa naturale.
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