Summa Teologica - III |
Infra, q. 30, a. 2, ad 1; In 3 Sent., d. 13, q. 2, a. 2, sol. 1, ad 3; d. 14, q. 1, a. 3, sol. 6
Pare che Cristo abbia appreso dagli angeli.
1. Si legge nel Vangelo [ Lc 22,43 ] che « gli apparve un angelo dal cielo a confortarlo ».
Ma il conforto si dà istruendo con parole di esortazione, come si legge in Giobbe [ Gb 4,3s ]: « Ecco, tu hai istruito molti, e a mani fiacche hai ridato vigore; le tue parole hanno sorretto chi vacillava ».
Cristo dunque fu istruito dagli angeli.
2. Dionigi [ De cael. hier. 4,4 ] scrive: « Vedo che Gesù stesso, sostanza che trascende le sostanze sopracelesti, disceso tra noi senza alcun cambiamento, si sottomette obbediente alle istruzioni che Dio Padre gli trasmette per mezzo degli angeli ».
Quindi anche Cristo volle sottostare alla disposizione della legge divina per cui gli uomini vengono istruiti da Dio per mezzo degli angeli.
3. Come il corpo umano per ordine di natura è soggetto ai corpi celesti, così anche l'intelligenza umana alle intelligenze angeliche.
Ma il corpo di Cristo fu soggetto agli influssi dei corpi celesti, soffrendo il caldo nell'estate e il freddo nell'inverno, come anche le altre passività umane.
Quindi anche la sua intelligenza soggiaceva alle illuminazioni degli spiriti sopracelesti.
Dionigi [ ib. 7,3 ] afferma che « gli angeli supremi hanno spiegazioni da chiedere a Gesù stesso, e apprendono da lui la sua divina operazione a nostro favore: ed egli li istruisce da sé senza intermediari ».
Ora, chi insegna non impara.
Quindi Cristo non apprese dagli angeli.
L'anima umana, essendo posta in mezzo tra le sostanze spirituali e le realtà corporali, ha due modi di perfezionarsi: uno per mezzo della scienza appresa dalle realtà sensibili, l'altro per mezzo della scienza impressa dall'illuminazione delle sostanze spirituali.
Ora, l'anima di Cristo raggiunse la perfezione in entrambi i modi: attraverso le realtà sensibili con la scienza sperimentale, a cui non occorre l'illuminazione angelica, ma basta la luce dell'intelletto agente, e attraverso le comunicazioni dall'alto con la scienza infusa, che ebbe direttamente da Dio senza intermediari.
Come infatti quell'anima fu unita al Verbo di Dio con l'unione ipostatica sorpassando le possibilità comuni delle creature, così al di sopra delle comuni possibilità umane fu ricolmata di scienza e di grazia dallo stesso Verbo di Dio in persona, senza la mediazione degli angeli, i quali agli inizi della loro esistenza ricevettero anch'essi dal Verbo la scienza delle cose, come scrive S. Agostino [ De Gen. ad litt. 2,8.16 ].
1. Lo scopo del conforto angelico non era di istruire, ma di dimostrare la realtà della natura umana di Cristo.
Per cui S. Beda [ In Lc 6, su 22,43 ] scrive: « Si dice che gli angeli lo hanno servito e confortato per comprovare l'esistenza delle due nature.
Quale Creatore infatti non aveva bisogno dell'aiuto di alcuna sua creatura; ma una volta fatto uomo, come per noi soffre, così per noi riceve conforto »: affinché cioè in noi si rafforzi la fede nella sua incarnazione.
2. Dionigi dice che Cristo « sottostava alle illuminazioni angeliche » non personalmente, ma in ragione degli episodi riguardanti la sua incarnazione e della condotta che gli angeli dovevano seguire nella sua infanzia.
Infatti egli così continua nel testo citato: « Mediante gli angeli fu annunziato dal Padre a Giuseppe di fuggire in Egitto, e successivamente di ritornare in Giudea ».
3. Il Figlio di Dio, come vedremo [ q. 14, a. 1, ad 1; a. 4 ], assunse un corpo passibile, ma insieme un'anima dotata di scienza e di grazia.
Per cui era giusto che il suo corpo fosse soggetto all'influsso dei corpi celesti mentre la sua anima non era soggetta all'influsso degli spiriti celesti.
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