Summa Teologica - III |
Supra, q. 13, a. 3, ad 2; infra, q. 15, a. 5, ad 1; In 3 Sent., d. 16, q. 1, a. 2
Pare che Cristo non soggiacesse a questi limiti per necessità.
1. Scrive il profeta [ Is 53,7 ], parlando della sua passione: « È stato immolato perché egli stesso lo ha voluto ».
Ma la volontà e la necessità si oppongono.
Quindi Cristo non soggiacque ai limiti corporali per necessità.
2. Il Damasceno [ De fide orth. 3,20 ] dice che « in Cristo non ci sono costrizioni, ma tutto è volontario ».
Ora, ciò che è volontario non è necessario.
Quindi quei limiti non erano necessari in Cristo.
3. La necessità viene da una forza maggiore.
Ma nessuna creatura è più forte dell'anima di Cristo, alla quale apparteneva di conservare il proprio corpo.
Quindi quei limiti o quelle debolezze non si trovavano in Cristo necessariamente.
L'Apostolo [ Rm 8,3 ] dice che « Dio mandò il suo Figlio in una carne simile a quella del peccato ».
Ma per la carne del peccato è legge la necessità di morire e di subire altre simili sofferenze.
Quindi nella carne di Cristo c'era la necessità di avere questi limiti.
C'è una duplice necessità.
Una di coazione, proveniente da una causa estrinseca.
E questa necessità si oppone tanto alla natura quanto alla volontà, che sono ambedue princìpi intrinseci.
- L'altra invece è la necessità di natura, proveniente dai princìpi naturali: p. es. dalla forma, come per il fuoco la necessità di scaldare, o dalla materia, come per un corpo composto di elementi contrari la necessità di corrompersi.
In base perciò a questa necessità che consegue alla materia il corpo di Cristo era soggetto alla morte e ad altri limiti del genere.
Poiché come si è detto [ a. prec., ad 2 ] « il beneplacito della volontà divina lasciava al corpo di Cristo di patire e di operare conformemente alla propria natura », e una tale necessità proviene appunto dai princìpi costitutivi del corpo umano.
Se poi parliamo della necessità di coazione in quanto si oppone alla natura del corpo, allora ugualmente il corpo di Cristo era soggetto per la sua condizione naturale alla necessità di sentire le perforazioni dei chiodi e i colpi dei flagelli.
- In quanto invece la necessità di coazione si oppone alla volontà, è chiaro che Cristo subiva necessariamente quei limiti non rispetto alla sua volontà divina, né rispetto alla sua volontà umana deliberata, ma solo rispetto all'istinto naturale della volontà, a cui ripugna per sua natura la morte e ogni male corporeo.
1. Si dice che Cristo « è stato immolato perché lo ha voluto » sia quanto alla volontà divina, sia quanto alla volontà umana deliberata, pur essendo la morte contraria all'istinto naturale della volontà umana, come dice il Damasceno [ De fide orth. 3, cc. 23,24 ].
2. È così risolta anche la seconda obiezioni.
3. Nulla era più forte dell'anima di Cristo in senso assoluto, ma ciò non esclude che per certi determinati effetti qualcosa prevalesse contro di essa, come i chiodi nel perforare.
E dico questo se consideriamo l'anima di Cristo secondo la natura e la potenza che le sono proprie.
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