Summa Teologica - III |
In 3 Sent., d. 13, q. 1, a. 2, sol. 1, ad 2; d. 15, q. 2, a. 1, sol. 3; d. 33, expos.; De Verit., q. 26, a. 8; Comp. Theol., c. 232; In Ioan., c. 12, lect. 5; c. 13, lect. 4
Pare che l'anima di Cristo non fosse passibile.
1. Non si patisce se non da parte di una forza superiore, essendo « l'agente superiore al paziente », come osservano S. Agostino [ De Gen. ad litt. 12,16.32 ] e il Filosofo [ De anima 3,5 ].
Ma nessuna creatura era più nobile dell'anima di Cristo.
Quindi l'anima di Cristo non poteva patire da parte di alcuna creatura.
E così non era passibile, poiché inutilmente avrebbe avuto la capacità di patire se poi non avesse subito l'azione di alcuna creatura.
2. Cicerone [ Tusc. disp. 3,10 ] chiama « una specie di malattia » le passioni dell'anima.
Ma nell'anima di Cristo non c'era alcuna infermità, poiché questa suppone il peccato, come risulta dalle parole del Salmista [ Sal 41,5 ]: « Risanami, contro di te ho peccato ».
In Cristo dunque non c'erano le passioni dell'anima.
3. Le passioni dell'anima sono tutt'uno con il fomite del peccato, tanto che l'Apostolo [ Rm 7,5 ] le chiama « passioni peccaminose ».
Ma in Cristo non c'era il fomite del peccato, come si è detto sopra [ a. 2 ], e quindi neppure le passioni dell'anima.
Quindi l'anima di Cristo non era passibile.
Il Salmista [ Sal 88,4 ] così parla in nome di Cristo: « Io sono colmo di sventure », il che non significa certamente di peccati ma, come dice la Glossa [ interlin. di Agost. ], di mali umani, « cioè di dolori ».
Quindi l'anima di Cristo era passibile.
L'anima unita al corpo può patire in due modi: per passione corporale e per passione animale o psichica.
Per passione corporale patisce quando il corpo subisce una lesione.
Essendo infatti l'anima la forma del corpo, ambedue hanno un solo essere, per cui se qualche danno colpisce il corpo ne risente indirettamente anche l'anima, per l'essere che ha in comune con il corpo.
Poiché dunque il corpo di Cristo era passibile e mortale, come si è visto sopra [ q. 14, aa. 1,2 ], era necessario che anche la sua anima fosse passibile in questo primo modo.
Si dice invece che l'anima patisce di passione animale o psichica quando patisce per operazioni che o sono proprie dell'anima, o sono più dell'anima che del corpo.
Dobbiamo tuttavia precisare che, sebbene si possano chiamare passioni psichiche anche l'intendere e il sentire, tuttavia in senso rigoroso, come si è spiegato nella Seconda Parte [ I-II, q. 22, a. 3; q. 41, a. 1 ], si dicono passioni dell'anima gli affetti dell'appetito sensitivo: e questi c'erano in Cristo, come anche tutte le altre proprietà della natura umana.
Per cui dice S. Agostino [ De civ. Dei. 14,9.3 ]: « Il Signore, degnandosi di vivere in forma di servo, fece uso delle passioni alla maniera umana, quando lo ritenne opportuno.
Né tali passioni erano apparenti in lui, che aveva un vero corpo umano e una vera anima umana ».
Bisogna però notare che queste passioni si trovavano in Cristo in un modo diverso dal nostro sotto tre aspetti.
Primo, per l'oggetto.
Poiché in noi il più delle volte queste passioni si volgono a cose illecite: il che non avveniva in Cristo.
- Secondo, per la causa.
Poiché tali passioni spesso in noi prevengono il giudizio della ragione, mentre in Cristo tutti i movimenti dell'appetito sensitivo nascevano dal comando della ragione.
Per cui S. Agostino [ De civ. Dei. 14,9.3 ] dice che « per la grazia di una sicurissima libertà Cristo assumeva nel suo animo queste passioni quando voleva, come quando ha voluto si è fatto uomo ».
- Terzo, per l'effetto.
Poiché in noi a volte tali passioni non si arrestano all'appetito sensitivo, ma trascinano la ragione.
Il che non avveniva in Cristo, poiché tutti i moti attinenti alla carne umana erano contenuti per sua volontà nell'appetito sensitivo, in modo tale che la sua ragione non ne veniva minimamente intralciata.
Per cui S. Girolamo [ In Mt 4, su 26,37 ] scrive che « il Signore, per dimostrare la realtà dell'uomo assunto, soffrì una vera tristezza; ma per escludere un qualche dominio della passione sul suo animo si dice che "cominciò a rattristarsi", per una propassione », indicando con il termine passione ciò che domina l'animo, cioè la ragione, e con il termine propassione il sentimento che nasce nell'appetito sensitivo, ma senza sconfinare al di fuori ».
1. L'anima di Cristo poteva impedire l'insorgere delle passioni, specialmente con la sua potenza divina.
Si sottometteva tuttavia liberamente sia alle sofferenze del corpo che alle passioni dell'anima.
2. Cicerone parla secondo l'opinione degli Stoici, i quali chiamavano passioni non già tutti i movimenti dell'appetito sensitivo, ma solo quelli disordinati.
Ora, è chiaro che tali passioni non potevano trovarsi in Cristo.
3. « Le passioni peccaminose » sono i movimenti dell'appetito sensitivo tendenti alle cose illecite.
E questi in Cristo non ci potevano essere, come neppure il fomite del peccato.
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