Summa Teologica - III |
In 3 Sent., d. 7, q. 1, a. 1; De rat. fidei, c. 6
Pare che la proposizione: Dio è uomo sia falsa.
1. È falsa ogni proposizione affermativa in materia remota.
Ma questa proposizione: Dio è uomo è in materia remota, poiché le forme significate dal soggetto e dal predicato sono infinitamente distanti.
La proposizione dunque, essendo affermativa, è falsa.
2. Sono più vicine le tre Persone fra di loro che la natura umana alla natura divina.
Ma nel mistero della Trinità una persona non si dice dell'altra: non diciamo infatti che il Padre è il Figlio, o viceversa.
Quindi nemmeno la natura umana può essere predicata di Dio, dicendo che Dio è uomo.
3. S. Atanasio [ Symb. ] dice che « come l'anima e il corpo costituiscono un unico uomo, così Dio e l'uomo costituiscono un solo Cristo ».
Ma è falsa la proposizione: l'anima è il corpo.
Quindi è falsa anche questa: Dio è uomo.
4. Come si è visto nella Prima Parte [ q. 39, a. 4 ], ciò che si dice di Dio in senso non relativo, ma assoluto, spetta a tutta la Trinità e a ciascuna persona.
Ma il nome uomo non è relativo, bensì assoluto.
Se dunque lo si predica di Dio in senso vero, ne segue che tutta la Trinità e ciascuna persona è uomo.
Il che è manifestamente falso.
S. Paolo [ Fil 2,6s ] afferma: « Pur essendo [ Cristo ] in forma di Dio, spogliò se stesso assumendo la condizione di servo; e divenuto simile agli uomini apparve in forma umana ».
E così si dice che colui che è in forma di Dio è uomo.
Ma colui che è in forma di Dio è Dio.
Quindi Dio è uomo.
La proposizione: Dio è uomo è ammessa da tutti i Cristiani, ma non con lo stesso significato.
Alcuni infatti non prendono i termini di questa proposizione in senso proprio.
I Manichei infatti dicono che il Verbo di Dio non è un uomo vero, ma metaforico, avendo il Figlio di Dio assunto un corpo immaginario: Dio cioè sarebbe uomo come lo sarebbe una statua di bronzo di forma umana.
- Parimenti anche quanti negarono in Cristo l'unione tra l'anima e il corpo negarono che Dio sia un vero uomo, essendo egli uomo in senso figurato, a motivo delle parti [ anima e corpo ] assunte.
- Ma ambedue queste opinioni sono state confutate sopra [ q. 2, a. 5; q. 5, aa. 1,2 ].
Altri al contrario ammettono la verità dalla parte dell'uomo, ma la negano dalla parte di Dio.
Dicono infatti che Cristo, uomo-Dio, non è Dio per natura, ma per partecipazione, cioè per grazia, come anche i santi vengono detti dèi [ Sal 82,6; Gv 10,34s ], sebbene Cristo lo sia in un modo più eccellente degli altri, per la maggiore abbondanza della grazia.
Secondo questa opinione dunque, quando diciamo che Dio è uomo, la parola Dio non sta per il Dio vero e reale.
E questa è l'eresia di Fotino, che abbiamo già confutata [ q. 2, aa. 10,11 ].
Altri poi danno un senso proprio tanto al soggetto quanto al predicato della nostra proposizione, riconoscendo che Cristo è vero Dio ed è vero uomo, ma non salvano la verità della proposizione.
Dicono infatti che l'uomo può predicarsi di Dio in quanto può essere unito a lui in forza della dignità, dell'autorità, dell'amore o dell'inabitazione di cui fruisce.
E questo sarebbe il senso della proposizione: Dio è uomo secondo Nestorio; significherebbe cioè soltanto che Dio si è unito all'uomo in modo da abitare in lui, e che gli si unisce nell'amore, e che gli partecipa la sua autorità e dignità divina.
- E in tale errore cadono coloro che ammettono in Cristo due ipostasi o due suppositi.
Poiché non è possibile che di due entità distinte tra loro per supposito o ipostasi l'una venga detta dell'altra in senso proprio, ma [ ciò può avvenire ] solo in senso figurato per qualche loro rapporto: come quando si dice che Pietro è Giovanni perché [ i due ] hanno qualcosa in comune.
- E anche queste opinioni le abbiamo già confutate [ q. 2, aa. 3,6 ].
Accettando quindi, secondo la verità della fede Cattolica, che la vera natura divina si è unita a una vera natura umana, non solo nella persona ma anche nel supposito o ipostasi, diciamo che questa proposizione: Dio è uomo è vera e non metaforica; e non solo per la verità dei suoi termini, perché cioè Cristo è vero Dio e vero uomo, ma anche per la verità della predicazione.
Infatti un nome indicante al concreto una natura comune può stare per qualunque supposito appartenente a quella natura: come uomo può dirsi di qualunque individuo umano.
E anche il nome Dio, stando al suo significato, può stare per la persona del Figlio di Dio, come si è visto nella Prima Parte [ q. 39, a. 4 ].
Reciprocamente poi, a qualsiasi supposito di una natura si può dare in senso vero e proprio il nome che indica al concreto quella natura: come a Socrate e a Platone si può dare il nome di uomo in senso vero e proprio.
Poiché dunque la persona del Figlio di Dio, indicata con il nome Dio, è un supposito della natura umana, il nome uomo può essere attribuito in senso vero e proprio al nome Dio, in quanto significante la persona del Figlio di Dio.
1. Si dice che una proposizione è in materia remota quando il suo soggetto e il suo predicato significano due forme diverse che non possono trovarsi in un solo e medesimo supposito.
Ma quando due forme possono appartenere al medesimo supposito, allora non siamo in materia remota, ma in materia naturale o contingente, come quando dico: ciò che è bianco è musico.
Ora, la natura divina e la natura umana, per quanto siano lontanissime fra loro, tuttavia nel mistero dell'incarnazione sussistono in un medesimo supposito, e ambedue appartengono a quest'ultimo sostanzialmente e non accidentalmente.
Così dunque questa proposizione: Dio è uomo non è né in materia remota né in materia contingente, ma in materia naturale.
E il predicato uomo viene dato a Dio non accidentalmente, ma sostanzialmente: non certo per la forma indicata dal nome Dio, bensì per il supposito divino, che è l'ipostasi di una natura umana.
2. Le tre persone divine hanno una medesima natura, ma suppositi distinti: perciò l'una non può essere predicata dell'altra.
Invece nel mistero dell'incarnazione le nature, essendo distinte tra loro, non vengono certamente predicate l'una dell'altra in astratto, dato che la natura divina non è umana, ma vengono predicate l'una dell'altra in concreto, avendo un medesimo supposito.
3. Anima e corpo hanno un significato astratto, come divinità e umanità.
In concreto invece si dice animato e corporeo, come si dice Dio e uomo.
Perciò in ambedue i casi l'astratto non può essere predicato dell'astratto, mentre il concreto può essere predicato del concreto.
4. Il termine uomo viene dato a Dio per l'unione ipostatica, che implica una relazione.
Perciò non segue la regola degli attributi divini assoluti, che competono a Dio dall'eternità.
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