Summa Teologica - III

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Articolo 3 - Se l'azione umana di Cristo potesse essere per lui meritoria

In 3 Sent., d. 18, q. 1, aa. 2 sqq.; De Verit., q. 29, a. 6; Comp. Theol., c. 231

Pare che l'azione umana di Cristo non potesse essere per lui meritoria.

Infatti:

1. Cristo prima della morte era comprensore come lo è anche ora.

Ma il comprensore non può meritare: infatti la sua carità fa parte del premio della beatitudine e costituisce la misura del gaudio, per cui non può essere principio di merito, non potendosi identificare fra di loro il merito e il premio.

Quindi Cristo prima della morte non poteva meritare, come non lo può neppure attualmente.

2. Nessuno merita ciò che gli è già dovuto.

Ma a Cristo, essendo egli il Figlio di Dio per natura, è dovuta l'eredità eterna, che gli altri uomini meritano con le buone opere.

Quindi Cristo, che fin da principio era Figlio di Dio, non poteva meritare nulla per sé.

3. Chi possiede già l'elemento principale di una cosa, non può meritare ciò che da esso deriva.

Ma Cristo aveva la gloria dell'anima, a cui segue secondo l'ordine comune la gloria del corpo, come dice S. Agostino [ Epist. 118,3 ], sebbene in Cristo fosse disposto che la gloria dell'anima non ridondasse nel corpo.

Quindi Cristo non meritò la gloria del corpo.

4. La manifestazione della grandezza di Cristo non è un bene per lui, ma per coloro che lo vengono a conoscere, tanto che la sua manifestazione è promessa in premio a coloro che lo amano, secondo le parole evangeliche [ Gv 14,21 ]: « Chi mi ama, sarà amato dal Padre mio, e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui ».

Quindi Cristo non meritò la manifestazione della sua grandezza.

In contrario:

L'Apostolo [ Fil 2,8s ] afferma: « [ Cristo ] si fece obbediente fino alla morte: per questo Dio lo ha esaltato ».

Quindi egli con l'obbedienza meritò la propria esaltazione: e così meritò qualcosa per sé.

Dimostrazione:

Avere un bene da sé è una cosa più nobile che riceverlo da altri, poiché, come dice Aristotele [ Phys. 8,5 ], « la causa che agisce da sé è migliore di quella che deve ad altri la sua efficacia ».

Ma uno ha da sé ciò di cui in qualche modo è egli stesso causa.

Ora, la prima causa assoluta di tutti i nostri beni è Dio, e nessuna creatura sotto questo punto di vista possiede alcun bene da sé, come osserva l'Apostolo [ 1 Cor 4,7 ]: « Che cos'hai che tu non abbia ricevuto? ».

Tuttavia uno può essere a se stesso causa seconda di qualche bene cooperando con Dio.

E così chi ha qualcosa per merito proprio lo ha in qualche modo da se stesso.

Quindi possedere un bene per proprio merito è più nobile che possederlo senza merito.

Ora, siccome a Cristo va attribuita ogni perfezione e nobiltà, certamente egli possedette per merito tutto ciò che gli altri hanno per merito, a meno che non si tratti di un bene la cui carenza disdica alla dignità e alla perfezione di Cristo più di quanto non ne accresca il merito.

Per questo egli non meritò né la grazia, né la scienza, né la beatitudine dell'anima, né la divinità: poiché, potendosi meritare solo ciò che ancora non si ha, egli ne avrebbe dovuto in precedenza essere privo, e la privazione ne avrebbe compromesso la dignità più di quanto il merito non avesse potuto accrescerla.

Al contrario la gloria del corpo e altri beni consimili sono inferiori alla dignità del merito, che appartiene alla virtù dalla carità.

Per cui bisogna dire che Cristo meritò la gloria del corpo, e quelle cose che riguardano la sua eccellenza esterna, come l'ascensione, il culto e altre cose simili.

Dal che risulta che egli poteva meritare qualcosa per sé.

Analisi delle obiezioni:

1. La fruizione, che è un atto della carità, fa parte della gloria dell'anima, che Cristo non meritò.

Se quindi con la sua carità egli meritò qualcosa, non si confonde per questo il merito con il premio.

Essendo egli tuttavia, come si è già detto [ q. 15, a. 10 ], viatore e comprensore, non meritava con la carità di comprensore, ma con quella di viatore.

Quindi ora, non essendo più viatore, non è in condizione di meritare.

2. A Cristo come Dio e Figlio di Dio spettano per natura la gloria divina e il dominio universale, come al primo e supremo Signore.

Inoltre a lui è dovuta un'altra gloria in quanto uomo beato, e questa doveva riceverla in parte senza merito e in parte con il merito, secondo le spiegazioni date [ nel corpo ].

3. La ridondanza della gloria dall'anima al corpo è stata disposta da Dio in armonia con i meriti umani: come cioè l'uomo merita con azioni che si compiono per l'influsso dell'anima sul corpo, così viene anche premiato con la ridondanza della gloria dell'anima sul corpo.

Per cui cade sotto il merito non solo la gloria dell'anima, ma anche la gloria del corpo, come attesta S. Paolo [ Rm 8,11 ]: « Darà la vita anche ai nostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in noi ».

Quindi la gloria del corpo poteva essere meritata da Cristo.

4. La manifestazione della grandezza di Cristo è un bene per lui quanto all'essere che acquista nella conoscenza degli altri, sebbene principalmente sia un bene per coloro che con la conoscenza di lui si arricchiscono di un nuovo essere.

Ma anche questo torna a gloria di Cristo, trattandosi delle sue membra.

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