Summa Teologica - III |
Pare che Cristo non sia soggetto a se stesso.
1. S. Cirillo in una sua Epistola Sinodica, accolta cioè dal Concilio di Efeso [ 1,26 ], scrive: « Cristo non è né servo né Signore di se stesso.
Sarebbe stolto, anzi empio, dirlo o pensarlo ».
E lo asserisce anche il Damasceno [ De fide orth. 3,21 ]: « Cristo, essendo un unico ente, non può essere servo e Signore di se stesso ».
Ma in tanto Cristo può dirsi servo del Padre in quanto è a lui soggetto.
Quindi Cristo non è soggetto a se stesso.
2. « Servo » è relativo a « signore ».
Ma nessuno ha relazione con se stesso, tanto che S. Ilario [ De Trin. 7 ] afferma: « Niente è simile o uguale a se stesso ».
Quindi Cristo non può dirsi servo di se stesso, e di conseguenza neppure sottomesso a se stesso.
3. Secondo la formula di S. Atanasio [ Symb. ], « come l'anima razionale e il corpo costituiscono un unico uomo, così Dio e l'uomo sono un unico Cristo ».
Ma non si può dire che l'uomo sia soggetto a se stesso, o servo di se stesso, o più grande di se stesso, per il fatto che il suo corpo è soggetto all'anima.
Quindi neppure Cristo può dirsi soggetto a se stesso per il fatto che la sua umanità è soggetta alla sua divinità.
1. S. Agostino [ De Trin. 1,7.14 ] scrive: « È evidente che da questo punto di vista », cioè della superiorità del Padre rispetto a Cristo considerato nella sua natura umana, « il Figlio è inferiore a se stesso ».
2. Come argomenta il medesimo Santo [ ib. ], il Figlio di Dio assunse la forma di servo in modo da non perdere la forma di Dio.
Ma per la sua forma di Dio, che è comune al Padre e al Figlio, il Padre è più grande del Figlio considerato nella sua natura umana.
Quindi anche il Figlio è più grande di se stesso da questo punto di vista.
3. Cristo secondo la natura umana è servo di Dio Padre, come afferma egli stesso [ Gv 20,17 ]: « Ascendo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro ».
Ma chi è servo del Padre è servo del Figlio, altrimenti tutto ciò che è del Padre non sarebbe del Figlio.
Quindi Cristo è servo e suddito di se stesso.
Come si è detto, l'essere signore e servo viene attribuito alla persona o ipostasi in una determinata natura.
Quando dunque si dice che Cristo « è Signore o servo di se stesso », oppure che « il Verbo di Dio è Signore dell'uomo Cristo », queste affermazioni possono essere intese in due modi.
Primo, nel senso che esista una seconda ipostasi o persona, come se la persona del Verbo di Dio a cui compete il dominio sia distinta da quella dell'uomo servo: il che rientra nell'eresia di Nestorio.
Per cui nella condanna di Nestorio al Concilio di Efeso [ 3,1,6 ] si legge: « Se qualcuno dice che il Verbo di Dio Padre è Dio o Signore di Cristo, e non professa invece che uno solo è Dio e uomo insieme, come Verbo fatto carne, secondo le Scritture, sia scomunicato ».
E così vanno intese le parole di S. Cirillo e del Damasceno.
In questo senso dunque bisogna negare che Cristo sia « minore di se stesso », o che sia « soggetto a se stesso ».
Secondo, riferendosi alla diversità delle nature in una sola persona o ipostasi.
E allora possiamo dire che egli secondo la natura per cui è uguale al Padre presiede e domina insieme con il Padre, mentre secondo la natura per cui è uguale a noi è sottoposto e serve.
E in questo senso S. Agostino dice che il Figlio è « inferiore a se stesso ».
Bisogna però osservare che, essendo il termine Cristo un nome di persona, come anche il termine Figlio, di per sé e in senso assoluto può essere attribuito a Cristo ciò che gli spetta in forza della sua persona, che è eterna, e specialmente le relazioni di cui stiamo parlando, che appartengono più propriamente alla persona o ipostasi, mentre quelle cose che gli spettano secondo la natura umana gli vanno attribuite piuttosto con le debite restrizioni.
Diremo quindi in senso assoluto che Cristo è Massimo e Signore e Sovrano, mentre invece che sia soggetto o servo o minore lo diremo con la restrizione: « secondo la sua natura umana ».
1. S. Cirillo e il Damasceno negano che Cristo sia Signore di se stesso nel senso in cui ciò comporterebbe una pluralità di suppositi, che è richiesta perché uno possa dirsi in senso assoluto signore di un altro.
2. In senso assoluto il signore e il servo sono due persone distinte; tuttavia un certo concetto di signoria e di servitù può essere applicato a una stessa persona che sia padrona e serva di sé secondo aspetti diversi.
3. A causa delle diverse parti dell'uomo, delle quali una è superiore all'altra, anche il Filosofo [ Ethic. 5,11 ] parla di una « giustizia dell'uomo verso se stesso », in quanto l'irascibile e il concupiscibile obbediscono alla ragione.
E nel medesimo senso uno stesso uomo può dirsi soggetto a sé, o servo di sé, secondo le sue diverse parti.
La risposta poi da dare alle altre argomentazioni risulta da quanto si è detto.
Infatti S. Agostino afferma che il Figlio è inferiore a se stesso o soggetto a se stesso secondo la natura umana, non secondo una diversità di suppositi.
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