Summa Teologica - III |
In Hebr., c. 9, lect. 3
Pare che il sacrificio di Cristo non abbia avuto come effetto l'espiazione dei peccati.
1. Dio solo distrugge i peccati, come leggiamo in Isaia [ Is 43,25 ]: « Sono io che cancello i tuoi misfatti, per riguardo a me ».
Ma Cristo non è sacerdote in quanto Dio, bensì in quanto uomo.
Quindi il sacerdozio di Cristo non è ordinato all'espiazione dei peccati.
2. L'Apostolo [ Eb 10,1ss ] afferma che i sacrifici dell'antico Testamento « non potevano condurre alla perfezione coloro che li praticavano, altrimenti avrebbero cessato di essere offerti, dal momento che i fedeli, purificati una volta per tutte, non avrebbero più avuto ormai alcuna coscienza dei peccati.
E invece per mezzo di quei sacrifici si rinnova di anno in anno il ricordo dei peccati ».
Ma anche ora che vige il sacerdozio di Cristo si ricordano ugualmente i peccati, quando si dice [ Mt 6,12 ]: « Rimetti a noi i nostri debiti ».
E il sacrificio continua a essere offerto anche nella Chiesa; per cui si dice [ Mt 6,11; Lc 11,3 ]: « Dacci oggi il nostro pane quotidiano ».
Quindi il sacerdozio di Cristo non espia i peccati.
3. Gli animali da immolarsi per il peccato nell'antica legge erano: per il peccato del principe un capro, per il peccato di uno del popolo una capra e per il peccato di un sacerdote un vitello, come risulta dal Levitico [ Lv 4,3.23.28 ].
Ma nella Scrittura Cristo non viene paragonato a nessuno di questi animali, bensì a un agnello [ Ger 11,19 ]: « Ero come un agnello mansueto che viene portato al macello ».
Quindi il suo sacerdozio non è ordinato a espiare i peccati.
L'Apostolo [ Eb 9,14 ] dichiara che « il sangue di Cristo, che con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte, per servire il Dio vivente ».
Ma le opere di morte sono i peccati.
Quindi il sacerdozio di Cristo ha la virtù di mondare dai peccati.
Alla perfetta cancellazione dei peccati occorrono due cose, poiché due sono gli elementi del peccato: la macchia della colpa e il debito della pena.
La macchia della colpa viene cancellata dalla grazia, che converte a Dio il cuore del peccatore; il debito della pena è invece eliminato totalmente con la soddisfazione che l'uomo presta a Dio.
Ora, il sacerdozio di Cristo produce ambedue questi effetti.
Infatti per virtù di esso viene data a noi la grazia, che converte a Dio i nostri cuori, secondo le parole di S. Paolo [ Rm 3,24s ]: « Giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù, che Dio ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue ».
Ed egli ha pure soddisfatto pienamente per noi, poiché « si è caricato delle nostre sofferenze e si è addossato i nostri dolori » [ Is 53,4; Mt 8,17 ].
Da ciò risulta quindi che il sacerdozio di Cristo ha tutta l'efficacia per espiare i peccati.
1. Cristo, sebbene non sia stato sacerdote in quanto Dio, ma in quanto uomo, era però insieme sacerdote e Dio.
Per cui nel Concilio di Efeso [ 1,26,10 ] si legge: « Se uno dice che il nostro Pontefice e Apostolo non è lo stesso Verbo che procede da Dio, ma un altro uomo nato da donna e distinto dal Verbo, sia scomunicato ».
In quanto dunque la sua umanità operava in virtù della divinità, quel sacrificio era efficacissimo per cancellare i peccati.
Per cui scrive S. Agostino [ De Trin. 4,14.19 ]: « Poiché in ogni sacrificio si considerano quattro cose: a chi viene offerto, da chi viene offerto, che cosa viene offerto, per chi viene offerto, l'unico e vero mediatore, che ci riconciliava con Dio attraverso un sacrificio di pace, era una stessa cosa con colui al quale lo offriva, facendo di coloro per i quali lo offriva una cosa sola con sé, ed essendo lui stesso l'offerente e la vittima offerta ».
2. Nella nuova legge i peccati vengono ricordati non per l'inefficacia del sacerdozio di Cristo, quasi che esso non li abbia sufficientemente espiati, ma o in riferimento a coloro che non vogliono partecipare a quel sacrificio, come gli infedeli per i quali preghiamo affinché si convertano dai loro peccati, oppure anche in riferimento a coloro che dopo aver partecipato a questo sacrificio se ne allontanano in qualsiasi maniera con il peccato.
Il sacrificio poi che viene offerto ogni giorno nella Chiesa non è diverso dal sacrificio che ha offerto Cristo stesso, ma è il suo memoriale.
Per cui dice S. Agostino [ De civ. Dei 10,20 ]: « Cristo è insieme sacerdote offerente e vittima: e di ciò ha voluto che fosse sacramento quotidiano il sacrificio della Chiesa ».
3. Come osserva Origene [ In Ioh. 6,32 ], sebbene si offrissero nell'antica legge diversi animali, tuttavia il sacrificio quotidiano che veniva offerto la mattina e la sera era di un agnello, come si legge nella Scrittura [ Nm 28,3s ].
Il che significava che l'immolazione dell'agnello, cioè di Cristo, sarebbe stata il sacrificio che avrebbe portato a compimento tutti gli altri.
Da cui le parole di S. Giovanni [ Gv 1,29 ]: « Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo ».
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