Summa Teologica - III |
Infra, q. 51, a. 1, ad 2; q. 56, a. 1, ad 4; In Rom., c. 4, lect. 3
Pare che la morte di Cristo non abbia avuto alcun influsso sulla nostra salvezza.
1. La morte non è altro che una privazione: cioè la privazione della vita.
Ma la privazione, non essendo nulla di reale, non può avere alcuna virtù attiva.
Essa quindi non poté avere alcun influsso sulla nostra salvezza.
2. La passione di Cristo influì sulla nostra salvezza sotto forma di merito.
Ma la morte non poté influire in questo modo: poiché alla morte l'anima, che è il principio del merito, si separa dal corpo.
Perciò la morte di Cristo non influì sulla nostra salvezza.
3. Le realtà corporali non possono causare quelle spirituali.
Ma la morte di Cristo fu corporale.
Quindi non poté causare la nostra salvezza spirituale.
S. Agostino [ De Trin. 4,3.5 ] afferma: « Un'unica morte del nostro Salvatore», cioè quella corporale, « ci ha salvati dalle nostre due morti », cioè dalla morte dell'anima e da quella del corpo.
Della morte di Cristo possiamo parlare in due sensi diversi: primo, come di una cosa in divenire [ in fieri ], secondo, come di una cosa già avvenuta [ in facto esse ].
Si dice che la morte è in divenire quando uno per delle sofferenze naturali o violente tende alla morte.
E in questo senso parlare della morte di Cristo equivale a parlare della sua passione.
E allora la morte di Cristo è causa della nostra salvezza in tutti quei modi di cui si è parlato trattando della passione [ q. 48 ].
Invece la morte viene considerata come già avvenuta quando c'è stata la separazione dell'anima dal corpo.
Ora, noi parliamo adesso della morte di Cristo in questo senso.
Così considerata dunque la morte di Cristo non può causare la nostra salvezza sotto forma di merito, ma solo a modo di causa efficiente: poiché neppure dopo la morte la divinità si separò dal corpo di Cristo, per cui tutto quanto accadde a tale corpo, anche separato dall'anima, fu per noi causa di salvezza in virtù della divinità ad esso unita.
A ogni causa però vanno attribuiti propriamente quegli effetti che hanno una somiglianza con essa.
Essendo quindi la morte una certa privazione della propria vita, bisogna considerare quale effetto della morte di Cristo l'eliminazione di quanto è incompatibile con la nostra salvezza: cioè l'eliminazione della morte dell'anima e del corpo.
Per questo si dice che la morte di Cristo ha distrutto in noi sia la morte dell'anima, che è dovuta al peccato, secondo l'espressione di S. Paolo [ Rm 4,25 ]: « È stato messo a morte per i nostri peccati », sia la morte del corpo, che consiste nella sua separazione dall'anima, per cui l'Apostolo [ 1 Cor 15,54 ] scrive: « La morte è stata ingoiata per la vittoria ».
1. La morte di Cristo ha causato la nostra salvezza in virtù della divinità unita, non semplicemente in quanto morte.
2. Sebbene, considerata come già avvenuta, la morte di Cristo non abbia causato la nostra salvezza sotto forma di merito, l'ha però causata come causa efficiente, secondo le spiegazioni date [ nel corpo ].
3. La morte di Cristo era certamente corporale, però quel corpo era strumento della divinità a cui era unito, per cui poteva agire in virtù di essa anche da morto.
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